sabato 11 settembre 2010

Sicilia, Politica - Firrarello lo statista



Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Antonio Siscaro (Mpa), presidente della VII° Municipalità di Catania: “Bronte è una cittadina “pedemontana” popolata da 20 mila persone, mentre nell’ottava municipalità di Catania (San Leone/Rapisardi) vivono 28 mila cittadini. Se Bronte risente della crisi del mondo agricolo e della flessione del mercato delle costruzioni, i quartieri popolari di Catania sono la più evidente cartina al tornasole della crisi economica globale: registrano il più alto tasso di disoccupazione, di microcriminalità, di dispersione scolastica, di “caduta” del livello dei servizi pubblici, in ogni settore.
L’intervento di Pino Firrarello, in effetti aiuta a comprendere come l’interesse politico possa prevalere sempre e comunque sull’interesse comune. Al punto di distorcere la realtà ed usare le proprie ragioni di parte come grimaldello contro le – legittime – azioni di governo.
Il sindaco di Bronte getta benzina sul fuoco del disagio sociale. Ricorda, ma forse gli pare di ricordare, che nel lontano 1989 il governo Andreotti – proprio mentre a lui accadeva di essere andreottiano – abbia disseminato di precari “articolisti” le amministrazioni pubbliche siciliane. Ma il tempo è passato. E mentre Pino Firrarello – che non ha mai smesso il metodo andreottiano di fare politica – oggi è comodamente seduto a palazzo Madama, lui indica come responsabile del disagio del precariato il governo regionale.
Nelle città la disoccupazione aumenta in modo vertiginoso, esplode la violenza, aumentano le rapine, le scuole pubbliche lasciano a casa decine di migliaia di precari, ma la colpa non è della Gelmini o di Tremonti, ma del governo regionale…
La verità è che questa legislatura, dopo 15 anni di immobilismo, è stata la prima in cui si è dato corpo a un progetto di riforme. Gli sprechi, lo sfascio, i disservizi sono il “patrimonio negativo” che i siciliani hanno ereditato dalla generazione politica di cui Pino Firrarello è uno degli ultimi esponenti. La scommessa sta nell’aver puntato, senza esitazioni, su ciò che di buono e risanabile c’è all’interno della pubblica amministrazione. E su quello si sta provando a costruire. Andando contro la forte “resistenza” di chi sui benefici, sulle rendite di posizione, sull’immobilismo, ha costruito il suo potere economico e politico.
In Sicilia pochi hanno avuto il coraggio di impedire che la “sacca” del precariato si ampliasse. Nessuno aveva avuto il coraggio di “imporre” una vera riforma del ciclo dei rifiuti. E a questo proposito giova segnalare che la legge sui rifiuti – ad oggi – non presenta alcun problema di interpretazione giuridica. Incontra – invece – la ferma opposizione, ma è cosa diversa, di chi a diverso titolo è responsabile della nascita e dell’esistenza del sistema che ha portato al disastro finanziario i comuni e la stessa regione, anche con operazioni probabilmente criminali: questo riferiscono le cronache giudiziarie con costante periodicità a proposito di termovalorizzatori.
Mai un governo aveva varato una riforma della burocrazia che obbligasse i dirigenti pubblici alla trasparenza di tutti gli atti. E anche in questo caso gli unici oppositori di questa norma sono tutti i soggetti per decenni hanno operato e prosperato all’ombra dell’impunità e della protezione del “politico” di turno.
E’ innovativo un governo che costringe i comuni a farsi carico delle proprie scelte, annunciando che saranno commissariati quelli inadempienti. Ed è “rivoluzionario” un governo che affonda il bisturi della riforma in tutte le sacche di malcostume e malaffare della sanità pubblica.
Per non parlare dell’agricoltura, a cui sono state dedicate tutte le risorse disponibili, concordandone la destinazione direttamente con chi in campagna vive e lavora. Probabilmente non è abbastanza. E certamente la crisi del sistema non aiuta a verificare gli effetti positivi di queste riforme. Anche perché il governo nazionale non è certamente stato amico della Sicilia: attendiamo ancora lo sblocco dei fondi Fas e assistiamo quotidianamente al tentativo di “scaricare” sul Mezzogiorno i problemi nazionali, dalla Tirrenia a quello della gestione dell’Anas e della rete autostradale.
Bisognerebbe poi far sapere anche al sindaco Firrarello, che il disimpegno automatico dei fondi comunitari è stato abrogato definitivamente, il 16 giugno scorso, dalla Commissione e dal Consiglio europeo: causa dei ritardi nella spesa dei fondi 2007/2013, da parte di tutti gli stati e di tutte le regioni d’Europa. Ritardi dovuti alla complessa e laboriosa chiusura della contabilità del programma 2000/2006.
La Sicilia non ha ancora perso un solo centesimo e ha utilizzato i fondi Jeremie e Jessica proprio per venire incontro, con un fondo di rotazione di 200 milioni di euro, alle esigenze finanziarie degli enti locali e della piccola e media impresa.
Che Pino Firrarello non apprezzi questo tipo di governo è nelle cose. Che si atteggi a statista, è probabilmente eccessivo. Anche perché, in trasparenza, dietro i suoi sincopati “ragionamenti” politici, si intravede con evidente chiarezza il disperato tentativo di fornire risposte, forse anche giustificazioni, agli interessi “perduti” che animano la sua quotidiana azione politica.”.