lunedì 13 giugno 2011

INCHIESTA IBLIS: LA PROCURA DI CATANIA STRALCIA LA POSIZIONE DI LOMBARDO, SI VA VERSO L'ARCHIVIAZIONE

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Scritto da MARCO BENANTI & ADOMEX   
Lunedì 13 Giugno 2011 14:45
Il Procuratore Capo Michelangelo Patanè

Alla Procura di Catania  “non c’é alcuna spaccatura soltanto una differenza di vedute il rapporto di fiducia personale non è venuto meno, i colleghi hanno operato bene e per loro ho la massima stima”.
Questo quanto conferma il procuratore capo facente funzioni Michelangelo Patané sulla decisione di stralciare la posizione di Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo dall’inchiesta Iblis.  “Erano indagini doverose e scevre da preconcetti, come è doverosa la nostra scelta di stralciare la loro posizione – sottolinea ancora Patané – per non venire meno al senso del dovere e alla propria coscienza. Ma non ci sono i requisiti, alla luce delle sentenza delle Corti riunite della Cassazione su Calogero Mannino, per configurare il reato di concorso esterno all’associazione mafiosa. Nell’inchiesta la politica ha avuto un ‘peso zero’, perché noi valutiamo le posizioni degli indagati quale che sia il loro nome e cognome e il ruolo sociale che svolgono. Per me, probabilmente – conclude Patané – sarebbe stato molto più ‘comodo’ vistare la richiesta di rinvio a giudizio, ma il dovere del Procuratore della Repubblica di assicurare il corretto esercizio dell’azione penale e l’obbligo di coscienza di agire nei confronti di chi si ritiene abbia commesso un reato mi hanno impedito soluzioni comode e facili”.

Domani però le dichiarazioni ufficiali del Procuratore Facente Funzioni Michelangelo Patanè.
Niente rinvio a giudizio, quindi, per Raffaele Lombardo. Ma probabilmente archiviazione, interpretando le parole del Procuratore Patanè  e come il Presidente Lombardo ritiene dovrebbe finire l’inchiesta “Iblis” in merito alla propria posizione. Dopo mesi e mesi di voci, ipotesi, polemiche, differenze di posizioni tra magistrati,  appena celate, arriva la decisione del Procuratore della Repubblica Michelangelo Patanè (nella foto che pubblichiamo): avocazione e stralcio per i fratelli Lombardo, sull’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma, i vertici della Procura avocano il fascicolo ai quattro sostituti procuratori (Gennaro, Boscarino, Fanara, Santonocito) e decideranno loro. Per gran parte degli altri indagati -52 persone per cui i quattro sostituti avevano sollecitato la richiesta di rinvio a giudizio, la richiesta in tal senso, è stata già firmata. Stamane, il Procuratore Patanè ai giornalisti che gli rivolgevano domande nei corridoi del Palazzo di Giustizia, aveva preannunciato sue dichiarazioni sull’inchiesta “Iblis” domattina 14 giugno, ma alcune agenzie che si sono rincorse subito dopo hanno già preannunciato la decisione.
Al momento, più fonti ufficiali lo confermano: il Procuratore capo facenti funzioni, Michelangelo Patane', e il coordinatore del gruppo, l'aggiunto Carmelo Zuccaro, hanno avocato il fascicolo per coordinare direttamente l'inchiesta, per la possibile richiesta di archiviazione. Di certo, la decisione dei vertici apre scenari di una forte dialettica dentro l'ufficio requirente, malgrado le assicurazioni. Inoltre, sembra ormai imminente la nomina da parte del Csm del nuovo Procuratore della Repubblica di Catania.
Al centro delle indiscrezioni trapelate a Palazzo di Giustizia ci sarebbe la nota sentenza della Cassazione a sezioni riunite sull’ex Ministro Calogero Mannino, assolto dopo un travagliato iter processuale. In particolare, la cosiddetta “sentenza Mannino” prevede che il contributo eventuale del politico all’associazione mafiosa deve tramutarsi in un vantaggio concreto all’intera organizzazione criminale e non solo a singoli appartenenti alla stessa.
Di qui, posizioni diverse su quanto avrebbe potuto reggere l’inchiesta sulla posizione di Lombardo in sede di dibattimento. Proprio il passaggio al processo è stato il punto centrale dello scontro politico-giudiziario, anche perché il Presidente della Regione, in passato, ha dichiarato che nel caso di rinvio a giudizio avrebbe dato le dimissioni. Ora, il quadro generale della vicenda muta.
Restano le pagine dell’Accusa sui presunti contatti e relazioni di Lombardo con esponenti legati alla criminalità mafiosa, che in alcuni casi – secondo modalità e occasioni diversamente spiegate- ha ammesso lo stesso Lombardo. Al di là del dato giudiziario, sul quale ancora non c’è un pronunciamento definitivo e che riguarda la magistratura, non sarebbe stato il caso di impostare – in altre sedi, anche giornalistiche - sopratutto valutazioni politiche sull’operato del Presidente? A quando la valutazione e l'eventuale sanzione politica e sociale del comportamento dei politici tutti e non solo di Lombardo, invece dell’attesa delle toghe? Anche da questo passa il cambiamento in Sicilia e in Italia.

domenica 12 giugno 2011

La Sicilia perenne laboratorio - Pacco, Paccotto e Contropacco


Scritto da ADOMEX   
Domenica 12 Giugno 2011 13:26

Berluconi - Lombardo - Miccichè


qt sicilia
Lo diciamo già da qualche giorno e ne siamo veramente convinti che in Sicilia vi sarà un ulteriore riposizionamento della politica, delle alleanze e conseguentemente del Governo regionale.
I fatti politici che accadono in Sicilia spessissimo anticipano scenari politici che si riversano in tutta Italia. Frequentemente e  ininterrottamente, i palazzi della politica romana scrutano  i movimenti dell'isola come una specie di “studio strategico” per capire la prospettiva.
E precursori lo sono stati indubbiamente in questi tre anni di legislatura regionale, che hanno visto scomposizioni e ricomposizioni in una prova generale per gli scenari nazionali. Il Grande Centro nasce qua, come nasce qua anche la scissione di Fini e anche, oseremmo dire se pur con connotati del tutto diversi, la presa di distanza di Micciché. In Sicilia nulla avviene per caso.
Così è stato anche in questi ultimi due anni e mezzo, anni nei quali ha regnato, e lo sta ancora facendo, Raffaele Lombardo, il leader del movimento autonomista Mpa. Eletto nel 2008 con il centrodestra di vecchio conio, Mpa-Udc-Pdl, un centrodestra allargato: casiniani, cuffariani, alfaniani, schifaniani, miccicheani e sicul-berlusconiani. Poi l’implosione sugli interessi concreti bloccati, termovalorizzatori e sanità.
Nel 2010, nasce Lombardo-quater, Fli, Udc, Api, Mpa e Pd, si concretizzata così l'alleanza tra “riformisti e moderati” che nel corso degli ultimi mesi è stata invocata da più parti, rimanendo il sogno di Massimo D'Alema, ma che trova la sconfessione il 14 dicembre del 2010. Questa alleanza si infrange contro lo scoglio Berlusconi e la mozione di sfiducia proposta contro il Presidente del Consiglio. Avevano preparato bene l’azione ma nn ci sono riusciti. Da qui riflessioni, meditazioni, riconsiderazioni sottese, ma si va avanti pur con milioni di dubbi.
Poi giungono fatti nuovi ed esogeni rispetto all’ establishment politico consolidato che avrebbe dovuto portare dal governo regionale all’alleanza politica per le elezioni. Prima di tutto le notizie fuoruscite dalla Procura di Catania che vedono indagato il governatore siciliano per concorso esterno in associazione mafiosa e susseguentemente i risultati elettorali di Idv-SeL-Pd, che di fatto spostano il fulcro del centro-sinistra ancor più a sinistra radicalizzando le posizioni. Questo induce il Pd a cambiare strategia sulle vicende siciliane, provando giorno dopo giorno verso i vertici regionali, con dichiarazioni dei suoi maggiori esponenti nazionali, a tirarsi fuori prima possibile. La solita sinistra diremmo.
La prima è stata Anna Finocchiaro : “Da questa tornata elettorale sono venuti segnali importanti e inequivoci che di fatto stanno cambiando il quadro politico nazionale. Io credo sia arrivato il momento che anche nella realtà siciliana si giunga ad una verifica politica, magari preparando un passaggio elettorale”. Segue Nicola La Torre:“Credo che il Pd in tempi rapidissimi debba chiudere questa esperienza, perché non ci sono le condizioni politiche per sostenere Lombardo, se non scelte di bottega”. Anche se qualcuno tenta di resistere affermando che “parla a titolo personale, la sua posizione non impegna la segretaria”.
Ciò che dovrebbe angosciare il PD è il possibile squarcio dei democratici siciliani. Infatti sia Antonello Cracolici, capogruppo alla Regione, sia Beppe Lumia, senatore della Repubblica, valutano che “il Pd siciliano deve scegliere liberamente senza subire nessuna imposizione”, e, qualora dalla direzione regionale del 19 giugno prossimo venisse un no al sostegno al governo, penserebbero di costituire gruppi autonomi all'Ars, per poi confluire nel nuovo soggetto politico di Lombardo che nascerà il 25-26 giugno prossimo.
La rottura tra i democratici e Lombardo, accelera l’afflato fra il governatore siciliano e il leader di "Forza del Sud", Gianfranco Micciché. Il quale strategicamente ha lasciato il Pdl, creando gruppi autonomi alla Camera e al Senato. Allo stato Forza del Sud conta 12 deputati e 7 senatori, ma la fuoriuscita di Micciché dal Pdl potrebbe far riflettere alcuni parlamentari, soprattutto fra le file dei "responsabili.
I primi ad arrivare saranno i tre deputati di Noi Sud – Iannaccone, Belcastro e Porfidia.
Seguirebbero personaggi di peso come i finiani Andrea Ronchi, Adolfo Russo e Pippo Scalia.
Anche dal MpA arrivano cenni entusiasti per la scelta di Micciché di uscire dal PdL, Musotto e Di Mauro affermano che ciò “apre nuove ipotesi” politiche.
Berlusconi cerca di assicurare alla propria area un futuro anche senza lui e sa perfettamente che è cosa impossibile da realizzarsi se non rimette tutti assieme compreso Lombardo e Casini e appoggia Micciché a staccarsi dal PdL per fare da collante e attrattiva, come forza autonoma meridionalista, verso questi.
Ecco che Forza del Sud diventa l’ombelico del progetto e Micciché il prossimo autorevole candidato alla Presidenza della Regione, con Alfano, Casini e Lombardo d’accordo.
Lombardo che aggrega e scompagina a sinistra col suo nuovo soggetto politico andrà a Roma a fare il ministro, Casini probabile leader di tutti i moderati, Miccichè presidente della regione con l’accordo del PID e FLI. Rivedremo questa foto con qualche minima variazione tra qualche tempo. Ma questa è la prospettiva siciliana, ma attenzione sappiamo bene che da qui partono le novità.

FORMAZIONE: LITE CONFINDUSTRIA - GOVERNO, piangono i lavoratori


Scritto da ADOMEX   
Domenica 12 Giugno 2011 10:40
qt sicilia
“Un settore che non serve a nulla” - affermai Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia - che in un’intervista a ‘Repubblica’ Palermo denuncia la formazione professionale siciliana e la riforma di che intende fare questo governo regionale. A parere di Lo Bello, “se i fondi Fas alla fine devono servire a liberare risorse per la formazione, alimentando così la solita politica clientelare e la solita cricca, allora è meglio tenerli a Roma”.
“Il governo ci dice che è stato tutto uno scherzo. La spesa – continua Lo Bello – non servirà a nulla, di certo non alle imprese. Il quadro è desolante, la verità è che si trovano risorse ingenti solo per continuare a garantire un settore che non serve, e che è invece un grande ammortizzatore sociale con i lavoratori in ostoggio della politica”.
L’assessore regionale Centorrino afferma invece di avere avuto contatti con le imprese, per individuare quelle professionalità di cui avrebbero bisogno le attività produttive siciliane.
Ma Lo Bello rincara: “Centorrino farebbe bene a dire qualcosa su questo ritorno al passato, con la regione che finanzierà tutto il Prof come negli anni scorsi. Noi non siamo antigovernativi: siamo indipendenti e quindi critichiamo quando le cose non vanno ed elogiamo le iniziative serie. Forse nel governo regionale c’è qualche nostalgico di un passato che vedeva una Confindustria docile e legata alla politica”.
Di certo la luna di miele tra il governo Lombardo e Confindustria sembra essere terminata. Prima le liti furibonde con l’assessore Venturi che di Confindustria è elemento di primo piano e che è stato inserito nelle giunta regionale proprio in virtù di un “patto” tra questa e Lombardo. Adesso la presa di posizione netta di Lo Bello che stigmatizza le “promesse” di salvaguardia di un settore alquanto discusso che è stato “un postificio” per la politica siciliana e che ha fatto arricchire quelli che in questo settore hanno puntato da anni, imprenditori, sindacati, enti.
Dall’altro lato vi sono tanti, circa ottomila, impiegati da anni in questo settore che soffrono l’instabilità dello stesso. Mesi senza stipendio, un futuro certamente incerto, il rischio di licenziamento immediato.
A nulla valgono i proclami senza che si affronti la situazione alla radice. Ecco come nei giorni scorsi hanno reagito le forze sociali che “si sono riuniti alla Presidenza della Regione il Governatore Lombardo, l’Assessore alla Formazione Professionale Centorrino, il Dirigente Generale alla Formazione Professionale Albert, i rappresentanti delle OO.SS. di Ugl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal, Cisl Scuola ed Cgil flc, i rappresentanti degli enti Forma e Cenfop.
Dopo due giorni di riunioni intense, l’Amministrazione Regionale apre uno spiraglio alla vertenza sindacale riconoscendo che i provvedimenti emessi sono spesso contradditori ed insufficienti. L’Amministrazione Regionale ha eccepito che il Prof 2011, finanziato al 70% del D.A. n. 5146 del 28 dicembre 2010, risulta insufficiente e carente. Pertanto preso atto di ciò, si è impegnata a fare le giuste integrazioni del servizio programmato e consequenzialmente economiche per dare la possibilità agli operatori di poter assicurare il servizio come per gli anni precedenti. Quindi è emersa la volontà amministrativa di integrare il Prof 2011 per il 100% del deciso per un importo pari a circa 260 milioni di euro. Si dovrà dare atto che le procedure di mobilità dovranno essere annullate e quindi tutti i verbali connessi, a far data dalla emissione di una deliberazione di giunta regionale, che dovrà essere prodotta da oggi.
Inoltre si è affrontato il problema del “parametro” che sarebbe dovuto essere “unico”, mentre nel D.A. n. 1668 del 6 maggio 2011 e nel DDG n. 2116 del 17 maggio 2011 si è trasformato nel “parametro massimo” rispetto ai costi finanziati del 2010. L’Amministrazione Regionale ha dichiarato che il parametro tornerà ad essere unico e che gli enti, che hanno un parametro inferiore a 135 euro costo/ora, dovranno completare i costi del personale accedendo all’albo unico ed al fondo di garanzia.
Per gli stipendi arretrati, l’Amministrazione Regionale ha dichiarato di voler concedere agli enti di formazione una sorta di compensazione tra debiti, per restituzioni di somme dovute nelle rendicontazioni, e crediti, per acconti e saldi non erogati, nei confronti della P.A. Il Dirigente Albert ha ribadito l’impossibilità di procedere ad erogazioni ed integrazioni di natura economica in espresso divieto della Corte dei Conti.
Dal I gennaio 2012 il Prof verrà interamente spostato dal bilancio regionale al FSE per un triennio rinnovabile per altrettanto tempo.
Per il Cefop, e gli enti in procedura di revoca dell’accreditamento, si stanno emettendo provvedimenti per lo spostamento di tutto il personale sul fondo di garanzia, in quanto è stato avviato lo stato di insolvenza nei confronti di questi enti.
Queste le soluzioni prospettate dal Governo alle forze sociali, che hanno incassato una Vittoria di Pirro tra i tanti dubbi che si rinnovano.
In primo luogo il prof 2011 dovrà essere integrato con ulteriori provvedimenti aggiuntivi per la c.d. fase III, cioè per il restante 30% escluso dalla programmazione e dal finanziamento. L’Amministrazione Regionale dovrà emettere un nuovo D.A. ed un nuovo DDG. Speriamo siano quelli definitivi.
Inoltre quale garanzia può offrire il diritto di prelazione del personale iscritto nell’albo unico e negli elenchi di mobilità a fronte dell’autorizzazione a nuove assunzioni, in violazione della leggi regionali nn. 24/76, 25/93, 04/03, delle deliberazioni di giunta regionale nn. 350/2010, 117 e 132/2011, ecc.
Gli stipendi degli operatori pregressi e giustamente rivendicati dalle OO.SS., in primis dall’Ugl Scuola, cadranno nel dimenticatoio e verranno persi, dato che non tutti gli enti hanno una situazione positiva di rapporto dare/avere nei confronti dell’A.R. Ci sembra un’eresia ignorare i precisi obblighi sanciti dalla legge regionale improntata al “principio della somministrazione” fino alla soddisfazione dell’intero contributo dovuto, garantito dalla legge regionale nn. 24/76 e 23/02, soprattutto per il pagamento degli stipendi al personale”.
Una situazione non di semplice soluzione, da un lato le forze produttive che giustamente stigmatizzano le soluzioni del Governo Regionale che sembrano ripercorrere un passato che non può essere più riproposto, dall’altro le forze sociali che, anch’esse giustamente, devono difendere l’occupazione di quanti hanno speso la propria professionalità in un lavoro che sicuramente però non ha formato le capacità che possano dare un contributo di innovazione professionale alla Sicilia del domani. Questa è lo stato dell’arte, con i lavoratori che da sette a quindici mesi non riscuotono lo stipendio, e sono circa ottomila come abbiamo detto prima, con i malesseri per tutte le famiglie interessate che non riescono più ad andare avanti.
I potenti  litigano, ma come al solito piange il più debole.

sabato 11 giugno 2011

Formazione: De Luca svela le tattiche temerarie del Governatore


Scritto da Redazione   
Sabato 11 Giugno 2011 03:17
l'On. Cateno De Luca

QT SICILIA
“Raffaele Lombardo sta bluffando, ha promesso 60 milioni di euro per finanziare la formazione, mi chiedo dove prenderà quei soldi.
Perché una cosa è certa: nel bilancio quelle somme non ci sono”. A pescare ancora una volta nel torbido della cosa pubblica regionale, in particolare della formazione professionale, è Cateno De Luca, deciso a svelare un clamoroso retroscena. Una macchinazione del governatore per spaccare il fronte del Pd e rafforzare le proprie milizie in vista di un ritorno nel centrodestra.
“Lombardo – dice il deputato regionale di Sicilia Vera - con la promessa di finanziare la Formazione sta solo prendendo tempo in attesa di altri sviluppi, il governatore ha un progetto chiaro e i primi segnali si sono visti in questi giorni: rientrare nel centrodestra e farlo da protagonista. Io penso che Lombardo stia cercando sponde su un’area politica diversa da quella che oggi sta governando con lui”.
“Lombardo – prosegue – sta provando una manovra coraggiosa: scaricare il Pd degli ‘Innovatori’ (e a questo punta l’azione di Centorrino) e puntare a un nuovo governo con i miccicheiani e quegli esponenti del Pd che potrebbero seguire la strada tracciata dal movimento dei ‘Democratici autonomisti’. Lombardo – conclude - avrà avuto il tempo di favorire la scissione del Pd. Avrà portato dentro il suo progetto una parte di quel partito. E avrà così preparato il campo al centrodestra per un nuovo 61-0. E in quel centrodestra il Governatore reciterà un ruolo da protagonista”.
Il segretario regionale di Idv, sen Fabio Giambrone, rincarando la dose trova “vergognoso strumentalizzare la disperazione di madri e padri di famiglia per una squallida rincorsa a chi si accaparra per primo l'immenso bacino di voti rappresentato dal comparto della Formazione professionale. E' altrettanto vergognoso - aggiunge - che improvvisamente Lombardo, delegittimando e smentendo il suo assessore al ramo Mario Centorrino, ormai abbandonato dal suo stesso partito, il Pd, dichiari di avere reperito le somme che servono per ritornare alla quota di finanziamento dell'anno scorso. Il Governatore evita però di precisare dove sono tali somme o da dove vengono, visto che certamente non esiste disponibilità nel Bilancio ordinario della Regione. L'Italia dei Valori - conclude Giambrone - chiede che senza indugio si paghino le spettanze ai lavoratori e, nello stesso tempo, chiede un riordino complessivo della Formazione professionale in Sicilia, su cui abbiamo fatto nelle settimane scorse un'articolata proposta, per porre fine a una lunga stagione del suo uso clientelare, sganciato dalle effettive esigenze del mercato del lavoro e dell'impresa”.

giovedì 9 giugno 2011

Messina: CHI NON STA AL GIOCO NON LAVORA

qt sicilia
Scritto da MARCO BENANTI   
Giovedì 09 Giugno 2011 00:31

L'ex Prefetto di Messina Marino

La storia di Carmelo Marino, imprenditore fatto fuori perché non si piega a pagare tangenti
Uno spaccato agghiacciante di malapolitica, affarismo, uso strumentale della giustizia: Messina si conferma un caso nazionale. Fra i protagonisti l’attuale VicePresidente della Regione Giosuè Marino. Ecco una storia della Sicilia che non cambia, malgrado le chiacchiere del Palazzo.

“Ti fanno fuori dal gioco se non hai nulla da offrire al mercato” cantava una volta Edoardo Bennato; parafrasando per Carmelo Marino, imprenditore in Messina, si potrebbe dire: “ti fanno fuori se non stai al gioco della malapolitica”. Ma, nonostante tutto, malgrado un prezzo umano alto, la giustizia, seppure in ritardo, arriva. Così, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, di recente, Marino ha visto, per il momento sulla carta, riconosciuto il suo diritto.
Ma chi è Carmelo Marino? E’ un uomo normale, un cittadino come tanti altri, che però da quindici anni non può lavorare: la cooperativa “Ariete”, di cui oggi è presidente la moglie Angela Irrera, è…al palo. Si è fermata l’attività. Perché non è “bravo”? No, perché vive da anni una storia surreale, degna di una commedia di Pirandello. Una vicenda dove il giusto e l’ingiusto si scambiano quasi di ruolo, inseguendosi, anche all’interno delle Istituzioni, secondo una logica assurda, ma che ha colpito -e pesantemente- Marino e la sua famiglia. Una storia dove compare anche un protagonista delle cronache politiche di questi tempi, il VicePresidente della Regione Siciliana Giosuè Marino, all’epoca dei fatti Prefetto di Messina.
Ma come nasce questa vicenda? Quali le radici? Le si ritrovano nella denuncia presentata dal Presidente della Cooperativa “Ariete” Francesco Picciolo al Procuratore della Repubblica di Messina Guido Lo Forte, al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Messina Franco Cassata e alla Prefettura.
“Il 21 dicembre del 1995 –esordisce l’esposto- la delegazione amministrativa del Policlinico di Messina, approvando gli atti compiuti dalla commissione di gara il 9-12-1995, aggiudicava l’appalto concorso per l’affidamento del servizio di pulizia del Policlinico, dell’Istituto di Oncologia e degli altri Istituti della facoltà di Medicina alla società cooperativa “Ariete a r.l.”. Che accade?
“Con la stessa decisione veniva esclusa dalla gara la società Camassa s.p.a, precedentemente ammessa con riserva (sotto la condizione di fornire entro il 28 febbraio 1995 la documentazione indicata nei verbali), per non aver soddisfatto i requisiti della lettera di invito ai punti 5 e 7 (cioè per mancanza del requisito di aver avuto alle proprie dipendenze nel triennio 1991-1993 un numero medio di dipendenti superiore a 150 unità).
Qualche giorno dopo l’aggiudicazione il sig. Marino Carmelo, marito della signora Irrera Angela Presidente della cooperativa Ariete a r.l., veniva chiamato dal prof. Saverio Di Bella, delegato del Rettore prof. D’Alcontres per gli appalti ed i rapporti con i fornitori. Il prof. Di Bella senza mezzi termini chiedeva al Marino di non accettare l’affidamento, perché lo stesso deve essere attribuito alla ditta Camassa s.p.a che già lo aveva svolto negli anni precedenti.  Alle resistenze di Marino, il prof. Di Bella reagiva dicendogli che non vi è altra possibilità salvo che, anche la Cooperativa  Ariete fosse disposta a pagare una tangente del 20% mensili, che doveva essere divisa tra varie persone. Il Marino insistette sostenendo il suo buon diritto ad ottenere quanto già deciso nel corso della gara senza dover dare nulla a nessuno.” Cosa fece Di Bella? “…giurò –è scritto nella denuncia- che alla cooperativa Ariete non sarebbe stato mai effettivamente affidato il servizio di pulizie, e, comunque, raccomandò al Marino di riferire alla moglie che dava alla cooperativa una settimana di tempo per decidere”. Niente male.
“In realtà –continua l’esposto- la Camassa s.p.a presentava ricorso alla stessa delegazione amministrativa del Policlinico, che con decisione del 11 febbraio 1996 confermava l’esclusione della Camassa, ma annullava la precedente ammissione alla gara della Cooperativa Ariete, e conseguentemente l’aggiudicazione ed indiceva una nuova gara.” Che accadeva? “L’indicato provvedimento negativo –continua la denuncia- veniva impugnato dalla Cooperativa Ariete, e dalla Camassa s.p.a. e successivamente il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana accoglieva il ricorso della Coop. Ariete con decisione esecutiva n. 193 del 26.1.2000, nella quale statuiva che l’appalto andava attribuito sin dall’inizio alla società cooperativa Ariete, annullando il provvedimento dell’11-2-1996, anche nella parte in cui veniva bandita una nuova gara. La Cooperativa Ariete notificava il 30.06.2000 la decisione del C.G.A. all’Amministrazione (ora Azienda Policlinico), invitandola alla stipula del relativo contratto di appalto. L’Azienda Policlinico con nota n.4454….del 26.07.2000 comunicava alla Cooperativa Ariete di non potere stipulare il contratto in adempimento della sentenza n. 192/00 del C.G.A, per effetto del contenuto negativo della nota informativa del Prefetto di Messina….del 19.07.2000”.
In questa strana vicenda ritorna il nome del prof. Di Bella, illustre parlamentare dei Ds. “In realtà –continua l’esposto- il prof. Saverio Di Bella (Senatore della Repubblica eletto in Calabria, nonché componente della Commissione Antimafia), aveva denunciato alla Procura della Repubblica la Cooperativa Ariete, il sig. Marino ed alcuni funzionari dell’Inps e dell’Inail, sostenendo che i documenti, presentati dalla Cooperativa per la partecipazione alla gara d’appalto, relativi al numero dei dipendenti, assicurati dagli Enti previdenziali nel triennio precedente, erano falsi. Inoltre, aveva denunciato lo stesso Marino sostenendo che aveva tentato di corromperlo per farsi assegnare l’appalto, vantando di aver amicizie in ambienti politici e della magistratura. Infine, aveva affermato che il Marino era vicino ad ambienti mafiosi. La pendenza dei procedimenti derivanti da queste denunzie, ha determinato la decisione del Prefetto di non concedere il certificato antimafia.”
Cosa è venuto fuori da questa situazione? “La denunce del prof. Di Bella, infatti, hanno determinato l’inizio dei seguenti procedimenti penali contro Marino e contro la cooperativa Ariete:
la Procura della Repubblica di Messina, sulla denuncia del Di Bella, relativa alla falsità di alcuni atti presentati dalla Cooperativa per l’ammissione alla gara, promuoveva il procedimento penale…nei confronti di Pajno Ferdinando+8. Questa denuncia del Di Bella, ha prodotto un effetto boomerang nei confronti del denunciante. Infatti, il sostituto procuratore della Repubblica dott. Giuseppe Santalucia ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio nei confronti anche dell’ex senatore Saverio Di Bella per il reato di cui all’articolo 353 cpv. c.p.(turbata libertà degli incanti) in concorso con il responsabile della Camassa spa sig. Chiapperini Raffaele. Il magistrato ha ritenuto che il Di Bella abbia turbato il regolare svolgimento della gara per l’attribuzione del servizio di pulizie del Policlinico, abusando dell’ufficio di delegato del Rettore e di componente della commissione di gara, con vari comportamenti fraudolenti analiticamente indicati nell’imputazione con cinque punti di contestazione, tutti finalizzati a provocare l’aggiudicazione in favore della Camassa s.p.a.Inoltre il dott. Santalucia ha contestato al Di Bella di aver abusato dell’ufficio di Senatore della Repubblica, sollecitando alla direzione generale dell’Inps un’indagine sull’effettiva sussistenza in capo alla Cooperativa Ariete del numero delle unità lavorative, requisito essenziale per partecipare alla gara, e di aver adottato queste iniziative per procurare un vantaggio alla ditta Camassa, essendo legato da vincoli di amicizia col titolare Raffaele Chiapparini..” E cosa è successo? Un colpo di scena…: “In questo procedimento, nel corso dell’istruttoria dibattimentale in pubblica udienza il 9-6-2006, il teste dott. Cuzzocrea Dino, fratello del Rettore dell’Università prof. Cuzzocrea Diego, ed imprenditore di rilievo nel settore farmaceutico alla domanda del PM dott Barbaro dichiarava: il prof. Di Bella mi disse che c’erano dei soldi a disposizione che se non lo voleva fare mio fratello il rettore potevo farlo io personalmente che intanto avrei avuto dei soldi per me, mi disse una battuta, 50 milioni di lire mensili poi vedendo forse una mia ritorsione quasi che io volessi di più mi disse ci sono più soldi. PM: ‘scusi dottore ci sono più soldi se l’Università risolve in favore?’ Risponde Cuzzocrea: ‘a favore della Camassa e non del Marino’. La disposizione del dott. Cuzzocrea continuava indicando, con precisione di dati ed episodi, i vari incontri in cui il Di Bella si era recato all’Ufficio del Cuzzocrea per chiedergli di intervenire presso il fratello prof. Cuzzocrea, neo eletto Rettore dell’Università, insistendo ed offrendo tangenti nel caso in cui fosse stato aggiudicato l’appalto alla soc. Camassa. In un episodio era presente anche il Marino che insisteva dicendo che era la Coop. Ariete l’aggiudicataria e che lui voleva assegnati i lavori senza pagar niente a nessuno. La causa si è poi conclusa con sentenza 20-12-2006, che in applicazione della legge ‘ex Cirielli’ ha dichiarato la prescrizione dei reati”.
Ma non è finita: Di Bella quindi si salva con la prescrizione; e Marino? “Un altro procedimento –continua la denuncia- è stato promosso dalla Procura della Repubblica di Messina nei confronti di Marino Carmelo, su denuncia del Di Bella, con l’accusa di istigazione alla corruzione, che però si è concluso in Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18 del 4-2-2002 nella quale a seguito di una accorta e puntuale ricostruzione della realtà la Suprema Corte decideva definitivamente l’  “annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste”. Si è quindi verificato, anche in questo caso, il pieno coinvolgimento delle parti, perché il P.M. dott.ssa Rosa Raffa ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio del prof. Saverio Di Bella in ordine alla seguente imputazione: ‘per avere con denunzia presentata alla Procura della Repubblica di Messina, incolpando il sig. Marino Carmelo che sapeva innocente, del reato di tentata corruzione, affermando falsamente che lo stesso, vantava amicizie nel mondo politico e nella magistratura’. Il processo si è concluso in 1° grado con sentenza di condanna del Di Bella e nei gradi successivi di giudizio è stato dichiarato estinto per prescrizione”. Ancora una volta la prescrizione salva Di Bella.
Tutto finito? Per niente! “Sulla denuncia del Di Bella contro Marino di essere vicino ad ambienti mafiosi, la Polizia non è riuscita a trovare proprio nulla. In archivio vi era però una denuncia della Squadra Mobile del 20-3-1989 nei confronti del Marino per un episodio collegato alla gestione da parte della Cooperativa Ariete dell’appalto delle pulizie alla Fiera di Messina, che era stato rubricato con la previsione del reato di cui all’articolo 416 bis c.p.,. Però, su questa imputazione il Gip del Tribunale di Messina con decreto del 24-11-1989 aveva deciso di prosciogliere il Marino con la formula di non doversi promuovere l’azione penale. La polizia ha ripreso questa denunzia ed, a distanza di oltre undici anni, senza nulla aggiungere o modificare l’ha riportata in alcuni importanti processi contro la mafia messinese. Così è iniziata la ‘via crucis’ del Marino, che ha dovuto difendersi, sempre dalla stessa accusa dalla quale era stato prosciolto nel 1989, in diversi processi. In tutti è stato definitivamente assolto o prosciolto con formula piena”. La denuncia riporta le assoluzioni: in particolare il procedimento per mafia, con imputazione formalizzata un anno e mezzo dopo la sentenza del Cga che gli affidava l’appalto “..con la precisazione che il Sig. Marino, sarebbe stato gestore di fatto della società cooperativa Ariete e sarebbero sussistiti tentativi di infiltrazioni mafiose in tale società (si badi bene: accuse di infiltrazione mafiosa formulate per fatti già dichiarati inesistenti nel 1989, nei confronti di una società inerte sin dal 1995!). In questo procedimento il P. M. (dott.ssa Rosa Raffa) all’udienza del 24-6-2008 accortasi che si trattava dello stesso appalto delle pulizie della Fiera Campionaria definito nel 1989, chiedeva l’applicazione del 129 cp.p. in base al principio del ne bis in idem, trattandosi dello stesso fatto per il quale Marino non poteva essere nuovamente giudicato. Proprio questo procedimento ha impedito alla Cooperativa Ariete  l’assegnazione del servizio di pulizie in attuazione di quanto prevedeva la sentenza del C.g.a. n.192 del 13 aprile 2000). Il Tribunale ha deciso con sentenza….del 31-10-2008 che ha sostanzialmente accolto la richiesta del P.M.”.
Di fatto, Marino ne ha viste di tutti i colori e la sua attività imprenditoriale si è fermata. Nel frattempo l’azienda Policlinico ha attribuito ad altri il servizio di pulizie. Ma in questa brutta storia, anche le condotte delle Istituzioni non sono esenti da ombre. Cosa è accaduto infatti il 9 giugno 2000, due mesi dopo la sentenza del Cga che dava l’appalto alla coop. “Ariete”? “…lo stesso Questore di Messina –continua la denuncia- ha trasmesso al Prefetto l’informativa antimafia in cui così dichiarava: ‘Il succitato Marino Carmelo in questi anni risulta denunziato in data 20.3.1989 dalla locale Squadra Mobile alla locale A. G. per associazione per delinquere di stampo mafioso, accusa da cui è stato prosciolto in data 24.11.1989 dal GIP presso il Tribunale di Messina con la formula di non doversi promuovere l’azione penale. Sul suo conto si richiamano altresì le note già trasmesse a codesta Prefettura in data 25.1.1996 e 29.1.1996 e la nota riguardante il nuovo assetto societario della cooperativa datata 09.06.2000. Allo stato degli atti non risultano elementi che possano suffragare eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare la scelta e gli indirizzi della società in oggetto indicata”. Eppure, il 19 luglio 2000, il Prefetto di Messina Giosuè Marino, attuale VicePresidente della Regione ed assessore regionale all’energia, ha vergato un’informazione antimafia sulla coop. “Ariete” diretta al direttore generale del Policlinico di Messina, in cui in riferimento alla stessa coop si parla di “…oggettivi tentativi di infiltrazioni mafiose..” E allora come stanno le cose? Un falso? Pare proprio di sì.
Nella denuncia inviata ai vertici degli uffici inquirenti della magistratura messinese si dice, fra l’altro: “…si comprende allora che le denunce, le perquisizioni, i sequestri e tutti gli altri atti vessatori verso il Marino e verso la Cooperativa non sono soltanto fatti occorsi per mero errore giudiziario, dai quali è necessario difendersi pur essendo innocente, bensì il frutto delle manovre effettuate per impedire alla Cooperativa Ariete di esercitare il servizio aggiudicato con un regolare appalto. E’ logico pensare che questo appalto era sfuggito dal rigoroso controllo esercitato sugli appalti pubblici del Policlinico Universitario che Marino, dato che aveva rifiutato ogni compromesso e preteso di esercitare il suo diritto senza pagare tangenti, andava severamente punito. La regia ha ritrovata forse nell’esame della lunga e puntuale testimonianza del dott. Cuzzocrea, ed anche nelle dichiarazioni rese dal Marino nel processo per tentata corruzione conclusosi in Cassazione con la sua assoluzione e successivamente con il procedimento per calunnia contro Di Bella…’Il senatore Di Bella mi disse: tu mi lasci l’appalto delle pulizie del policlinico io ti do le pulizie di tutta l’università’, al mio rifiuto il Senatore Di Bella si recava alla Procura generale per farmi indagare. Tale strategia consentiva di tenere fuori la Cooperativa Ariete dall’appalto. Successivamente dopo un paio di mesi circa, lo stessosenatore Di Bella del PD mi convocava all’Università tramite la dott.ssa Calogero per formalizzarmi “la nuova proposta: tu il gioco lo conosci, facciamo come fanno gli altri (vedi deposizione Cuzzocrea dell’11.10.2006, tribunale di Messina 2° sezione penale)-dammi il 20% dell’appalto delle pulizie che ti faccio entrare.
Forse si può ritenere che tutte le vicissitudini di Marino derivino dal comportamento strumentale ed illegittimo posto in essere da coloro che avevano interesse a bloccare la Cooperativa Ariete e non immetterla in servizio presso il Policlinico Universitario dopo che la sentenza n. 192 del c.g.a. del 13 aprile 2000 ha disposto l’assegnazione dell’appalto. A conferma di questa tesi è opportuno osservare che il Sig. Carmelo Marino prima dell’aggiudicazione del servizio pulizie e dell’inizio del procedimento penale…, non aveva alcuna pendenza giudiziaria o di prevenzione, tanto che il certificato penale rilasciato il 15-2-2005 riporta la dizione “nulla”.”
Eppure “la Procura della Repubblica di Messina –continua la denuncia- attraverso le indagini promosse dal dott. Santalucia (oggi in servizio a Roma presso il Consiglio Superiore della Magistratura) aveva colto l’illegittimità dei comportamenti del prof. Di Bella, tanto che, quest’ultimo in una intervista all’emittente ‘Il Tirreno’ si è lamentato del comportamento del magistrato, sostenendo di aver denunciato presunte irregolarità in un appalto del Policlinico universitario di Messina. Ma, ha aggiunto: ‘il Pm Santalucia non ha svolto indagini ed inoltre da denunciante sono diventato inquisito. Certi ambienti non si toccano la Procura preferisce indagare le persone per bene’. Per questa dichiarazione Di Bella è stato inquisito per diffamazione e condannato con sentenza del Giudice monocratico del 21-11-2001 alla pena di un milione e mezzo di multa ed una provvisionale a favore della parte civile dott. Santalucia di centomilioni di lire”.
Di fatto, però, malgrado la coop “Ariete” non avesse problemi per la partecipazione e l’aggiudicazione di appalti pubblici, è rimasta fuori dai lavori che gli erano stati assegnati. Malgrado il Questore avesse informato il Prefetto che non vi fossero condizioni ostative all’appalto, le cose non sono cambiate. “…il Direttore  Generale del Policlinico –è scritto in denuncia- ed il Rettore, non hanno mutato la ferrea decisione di non attribuire il servizio alla Cooperativa Ariete, rifiutando l’adempimento, della sentenza del CGA, portando a giustificazione l’esistenza di qualche procedimento ancora in corso. Dopo l’ultima sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Messina il 31-10-2008, non vi è più alcun motivo per impedire o ritardare l’esecuzione della sentenza del Giudice Amministrativo.”
La Coop “Ariete” ha continuato ad attivarsi per vedere riconosciuto un diritto sacrosanto, a chiedere agli organi universitari, informando anche i vertici della magistratura requirente messinese, l’adempimento della sentenza del Cga e l’aggiudicazione dell’appalto, ma invano. Niente lavoro, con conseguenze pesanti, morali e materiali, per la famiglia Marino. “Colpevoli” di non avere abbassato la testa? O di altro?
Gli ultimi sviluppi sono molto interessanti: la Procura di Messina, con il Pm Stefano Ammendola, ha chiesto l’archiviazione dell’esposto di “Ariete” risalente al 29 dicembre 2008, che lamentava la condotta dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Messina in quanto non stipulava il contratto di appalto. La cooperativa ha presentato opposizione.
Quel che è venuto fuori, adesso, dalla richiesta di archiviazione sono soprattutto le dichiarazioni alla Procura del direttore generale del Policlinico di Messina Giuseppe Pecoraro. Sono parole che spiegano perché gli atti dell’inchiesta sono stati trasmessi alla Procura di Reggio Calabria, che poi li ha trasmessi nuovamente a Messina. Ebbene, cosa scrive il Pm nella richiesta di archiviazione? “..In ordine alle dichiarazioni di quest’ultimo, dr Pecoraro, su presunte ‘sponde’ giudiziarie che l’Ariete potrebbe avere nel palazzo di giustizia di Messina, si è provveduto a trasmettere in data 25.3.2010 per competenza gli atti alla Procura di Reggio Calabria…”Ha messo a verbale, il 27 gennaio 2010, il dr Pecoraro, sentito a sommarie informazioni, davanti al Pm Ammendola: “…Inizialmente, nel marzo-aprile del 2008, il Marino si presentò insieme ad un sedicente dipendente del palazzo di Giustizia, parente dell’on. Cuffaro come da lo stesso dichiarato, -che saprei riconoscere-, ed entrambi auspicavano un esito favorevole del contenzioso con l’Ariete…” Ha continuato Pecoraro, facendo riferimento ad un dirigente del settore economico finanziario del Policlinico, Giuseppe Laganga. “Quello che il Laganga –ha dichiarato a verbale Pecoraro- non mi ha riferito, ma che ho dedotto dalla sua affermazione è che vi possano essere delle ‘sponde’ istituzionali  sostegno delle rivendicazioni dell’Ariete. Pertanto mi sono determinato a scegliere un avv. del foro di Palermo. La mia sensazione in ordine alle ‘sponde’ è di un legame compiacente con esponenti del Palazzo di Giustizia di Messina”. Affermazioni che,  una volta conosciute, hanno prodotto una denuncia-querela contro Pecoraro da parte della signora Irrera e di Marino che sostengono la non veridicità di quanto affermato dal dr Pecoraro. Lo stesso Laganga ha dichiarato al Pm: “non ho fatto alcun riferimento a legami politici o agganci giudiziari della Coop. Ariete, quando ho parlato con il Pecoraro…” Pecoraro, inoltre, nelle sue dichiarazioni al Pm Ammendola ha aggiunto: “non diamo esecuzione al contratto con l’Ariete, in quanto quel contratto si è estinto e l’Azienda ha effettuato una nuova gara con l’affidamento del servizio a M.T.S, consorzio che ha in atto la gestione delle pulizie del Policlinico…”
Ma non è finita: nella richiesta di archiviazione della Procura di Messina è scritto: “…l’ulteriore doglianza della difesa dell’Ariete secondo cui le risposte della Prefettura sono prive di motivazione alcuna è priva di fondamento, basti pensare alla nota che riporta il parere dell’avvocatura distrettuale…”Si tratta di pareri dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, in tema di nuova informativa antimafia. Secondo il Pm Ammendola non ci sono reati nella controversia fra “Ariete” ed il Policlinico, nonché fra la cooperativa e la Prefettura. Eppure, la cooperativa ha perso l’appalto, non lavora da anni. La Procura ha acquisito gli atti del contenzioso amministrativo, “…nel quale, allo stato, si registrava un rigetto del ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c…” La causa è ancora in corso. La Procura, inoltre, ha rilevato, nella sua richiesta di archiviazione, anche la prescrizione in quanto i fatti al centro della controversia risalgono agli anni ’90.

La cooperativa, comunque, si è opposta all’archiviazione, con il suo legale, l’avv. Pietro Ivan Maravigna. Il legale ha rilevato, tra l’altro, che le due Procure interessate alla vicenda, Messina e Reggio Calabria, non hanno seguito quanto prevede il codice in tema di conflitto di competenza. Aggiunge Maravigna: “quanto al merito della richiesta avanzata dal P.M., si sottolinea che lo stesso è giunto alle proprie conclusioni senza aver tenuto in alcun conto i prosiegui degli esposti presentati da questo difensore e dei quali non vi è alcun cenno nella richiesta di archiviazione.”

Il legale della cooperativa ha riferimento ad un nuovo ricorso, in sede amministrativa, presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia da parte della coop “Ariete” per ottenere quanto le spetta: l’appalto delle pulizie legittimamente vinto. L’avv. Pietro Ivan Maravigna, legale della signora Angela Irrera Presidente di “Ariete, ha presentato appunto un ricorso per il giudizio di ottemperanza  contro l’azienda ospedaliera universitaria Policlinico di Messina “G. Martino”

(già Policlinico Universitario di Messina) e l’ Università degli Studi peloritana per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del Cga depositata il 13 aprile 2000, in cui è sancito il diritto della cooperativa “Ariete” all’appalto. Il 16 dicembre 2010 si è celebrata la prima udienza nella quale si è costituito il Policlinico, affermando di non aver proceduto all’aggiudicazione dell’appalto per la mancanza del certificato antimafia.

TUTTO IL CONTRARIO, INSOMMA, DI QUANTO PECORARO AVEVA DICHIARATO IN INTERROGATORIO AL P.M. QUANDO AVEVA DETTO CHE NON AGGIUDICAVA ALL’ARIETE PERCHE’ LA PROCEDURA ERA GIA’ CONCLUSA.
Eppure, la cooperativa l’ha chiesto il certificato, eccome. Esiste, sul tema, la sentenza del Tar Reggio Calabria del 28 febbraio 2007 che recita: “la successiva assoluzione determina l’obbligo per l’autorità prefettizia di riprendere in considerazione la situazione del soggetto interessato per le valutazioni di competenza dell’amministrazione ai fini della eventuale revoca dell’interdittiva”. Proprio il caso del signor Marino. Ma la Prefettura di Messina non ha fatto quanto dovuto per legge.
E com’è finita? Nella sentenza, del 31 maggio scorso, il Cga, pur dichiarando inammissibile il ricorso in quanto proposto nei confronti del Policlinico e non già contro la Prefettura di Messina che aveva l’obbligo di rilasciare il certificato, afferma che: “…dopo la summenzionata decisione del 2006, sono, peraltro, intervenuti nuovi fatti che dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la ricorrente non versava nel 2000 in alcuna condizione ostativa alla stipulazione del contratto…” Insomma, “Ariete” aveva ragione: ora, visto che il suo diritto è stato calpestato, partirà una causa contro lo Stato per 60 milioni di euro. E probabilmente una richiesta di risarcimento contro i Prefetti protagonisti di violazioni di legge, compreso il VicePresidente della Regione Marino. L’uomo della legalità della giunta Lombardo.

lunedì 6 giugno 2011

Paternò, Condannato Giovanni Leone ( Forza Italia ): A VOLTE ANCHE I (pre) POTENTI PIANGONO


Scritto da MARCO BENANTI   
Lunedì 06 Giugno 2011 19:58

GIOVANNI LEONE COL DIFENSORE AVV. PIERO GRANATA

Questa volta, hanno perso. Più precisamente ha perduto il gruppo di Potere che sgoverna Paternò da anni ed è responsabile del disastroso stato in cui versa la Città.
Quella di oggi, la sentenza con cui il Tribunale di Paternò ha condannato l’ex capogruppo ed ex assessore di Forza Italia Giovanni Leone, non è soltanto un provvedimento giudiziario. Nel suo significato più ampio è una piccola grande “rivoluzione” per una comunità abituata ad ingoiare di tutto e di più. In nome del bisogno. In nome di una vita da sudditi.

Stamane, un esponente –non certamente di punta- di questo gruppo di Potere è stato condannato da un Tribunale della Repubblica italiana fondata sul lavoro. Cinque mesi e dieci giorni, più le spese processuali, più la provvisionale, più l’interdizione dai pubblici uffici; ancora, sarà il giudice civile a liquidare i danni, che erano stati già quantificati dalle due parti civili in 40.000 euro per ciascuna.
Leone è stato ritenuto responsabile dal Giudice Giuliana Fichera: l’Accusa era grave, proprio un reato contro i lavoratori, contro quell’attività che è fondante della nostra nazione nata dalla Resistenza.  “Tentata violenza privata aggravata e continuata p.e p. dagli artt.81 e 2, 61 n.9, 56 e 610 c.p. perché, con più azioni in esecuzione di un unico disegno criminoso ed in tempi diversi, con minaccia consistita nell’intimare a Campisano Carmela e Catania Maria Erminia che se non avessero revocato l’iscrizione al sindacato dei lavoratori U.I.L. non avrebbero ottenuto il rinnovo del contratto di lavoro quali operatrici socio-assistenziali per i disabili assistiti dal Comune di Paternò, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere le predette Campisano Carmela e Catania Maria Erminia (assistite dall'avv. Andrea Gianninò) a revocare l’iscrizione al sindacato de quo, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dell’agente e, segnatamente, per la reazione delle due donne che resistevano alla minaccia, subendo la realizzazione del male minacciato (difatti pur avendo maturato esperienza nell’assistenza ai disabili ed aver lavorato diversi anni per una delle cooperative riunitesi nell’Ati aggiudicataria del relativo servizio, non venivano più riassunte). Con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti alla qualità di consigliere comunale. In Paternò dall'aprile 2005 fino almese di ottobre 2005”:questa l’imputazione per Leone.
Già il Pm Lina Trovato aveva chiesto la condanna: un anno e quattro mesi. Stamane, intorno alle 12,30, davanti a pochi intimi, ma a qualche volto noto dell’entourage di Leone, il Giudice ha letto il dispositivo: fra sessanta giorni arriveranno le motivazioni. Ma non è finita: come aveva già richiesto il Pm, il Giudice ha trasmesso le carte alla Procura della Repubblica di Catania per tre dei testimoni della Difesa: Rosario Gennaro, assessore ai servizi sociali al tempo del presunto delitto, Maria Orfanò e Carmela Costa detta Melina, personale di assistenza e dipendenti della Cooperativa Edelweiss, per falsa testimonianza. Un elemento importante che aggrava un quadro di per sé inquietante, dove emerge in modo netto l’arroganza del Potere, la voglia di intimidire, di colpire la dignità della Persona, che si esplica anche e soprattutto nel lavoro. Ma di questo il gruppo di comando di Paternò non sa che farsene, se non utilizzarlo per strumentalizzarlo, utilizzarlo per fare consenso. Già perché se Leone è stato condannato, una domanda sorge spontanea, in nome del rispetto che si deve sempre all’Intelligenza: Leone è il solo responsabile di quanto accaduto oppure si tratta piuttosto della punta di un iceberg profondo e sconosciuto, ma molto corposo e ramificato? Questa vicenda di squallido tentativo di sopruso è l’immagine di una “cultura” di governo? E’ lo specchio di un costume deviato del Potere, di asservimento delle coscienze e dei bisogni delle persone?
In attesa delle motivazioni della sentenza, che saranno molto illuminanti per la vicenda giudiziaria, resta il dato politico sullo sfondo di questa storia che ci riporta ai quadretti manzoniani dei “bravi” e dei loro “signori” pronti a scendere come avvoltoi sulle persone inermi: cosa sono davvero i servizi sociali a Paternò? A cosa davvero servono? Con quali dinamiche vanno avanti? E secondo quali fini? Ecco, attendiamo di sapere anche questo: non a caso la Procura di Catania indaga su un altro filone della stessa inchiesta, ma per fatti ancor più gravi …. staremo a vedere. Per il momento un dato è sicuro: la prepotenza, l’arroganza, la sopraffazione  si può e si deve vincere, a Paternò come in tutta la Sicilia.

domenica 5 giugno 2011

GLI STORICI NON CERCANO LE CAUSE, MA CERCANO DI COMPRENDERE I MUTAMENTI

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Scritto da ADOMEX   
Domenica 05 Giugno 2011 15:59
“Solo i disperati si aggrappano a un altro che sta per annegare”. Così come finisce un articolo di un quotidiano on line, noi lo usiamo per esordire. E’ indubbio che ormai la politica quotidiana ci riserva metamorfosi, virate, alterazioni, manipolazioni e quant’altro possa avvenire in una attività che non ha caratteristiche scientifiche immobili e certe, bensì abbia l’alea dell’arte.
E le cose si complicano. Si complicano quando al tavolo della politica siedono altri commensali che prima del 1994 non c’erano, ovvero c’erano, non apparivano. Ognuno al proprio posto. E questi ultimi, uniti alle seconde, terze, quarte linee di una prima repubblica spazzata via, riproducono tale miscela pericolosa quanto scadente da rovesciare e rigettare la saggezza e l’equilibrio che deve una classe dirigente nei confronti della comunità che amministra.
E’ questo il panorama: un gioco nuovo e vecchio nello stesso tempo. Una terra dove i giocatori seduti al tavolo della politica, ma anche della pubblica amministrazione, sono di molteplice estrazione. Dove si trova l’informazione asservita ai poteri forti (rappresentati  “a volte” all’interno di questi stessi) che da sempre domina l’isola, che arretra sempre più. Tavolo dove anche la magistratura gioca pesantemente e dove la mafia di certo non sta a guardare.
E l’un contro l’altro armati, ma non per categorie, piuttosto trasversalmente. Mi sembrano le schiere degli apocalittici e degli integrati. La comunicazione e la magistratura che “servono”,(per  interessi di casta, di lobby, di potere, di corrente, di appartenenza) le diverse proposte politiche che stanno sul mercato e non servono, invece, l’interesse del popolo sovrano? La mafia che nel frattempo muta, non si fa riconoscere, si insedia nel tessuto economico e collabora da mutante con gli altri commensali.
Vi chiederete il perché di questa ripetitiva, forse noiosa dissertazione su cose che tutti sanno, ma che dimenticano. Lo facciamo fino alla nausea proprio per non fare smarrire la memoria, e per riallacciarci al dibattito politico-giudiziario attuale che quotidianamente ci viene condito dall’informazione, drogata o no che sia, sapendo quale sia la genesi.
Lombardo rinviato a giudizio. Forse no. E’è sicuro di si. Hanno firmato, non tutti, si tutti … e cala il silenzio. La Sicilia aggrappata a due firme, alla decisioni del GIP, al rito immediato o abbreviato. In un momento di gravissima crisi economica, occupazionale e sociale. E la magistratura che muove ancora qualche pedina nella scacchiera per potere fare scacco matto.
Si deve chiarezza e non solo su Lombardo, che ci guarderemo bene dal difendere contro ogni logica, ma delle tante ed importanti inchieste che languono sotto i tavoli o dentro i cassetti.
Lombardo chiede, su un blog molto vicino a lui, che fine hanno le informative di reato (C.N.R.) che lui stesso ha consegnato alle procure di Palermo e Messina, ma che aveva iniziato Catania, sull’affare termovalorizzatore e terreni connessi di contrada “Valanghe” e sul voto di scambio dell’inchiesta “Padrini” riferita alle elezione regionali del 2008.
I nemici di Lombardo fanno eco sulla stampa facendo risaltare pezzi di intercettazioni di “Iblis”. Ma non tutte, e ve ne sono di interessanti tanto quanto o forse più di quelle sul Presidente della Regione delle quali nessuno parla e che coinvolgerebbero imprenditori e politici di primissimo piano.
Oscurantismo, notizie e azioni a doppia velocità. Una guerra al massacro per tutti, ma che svela  un sistema dove il più sano ha la peste. Un’immagine che proviene dal passato remoto e prossimo e si allunga ad oggi. Un panorama sconcertante del quale il cittadino non ha contezza profonda e si smarrisce. Notizie che si tallonano e che tendono a coinvolgere tutti.
Ieri, guarda caso, abbiamo letto un pezzo che riguarda il ministro della giustizia Alfano, come benvenuto al nuovo ruolo cui è stato chiamato, e del quale vogliamo riportare alcuni brani tratti da “Informare per Resistere”:
<< Alla festa per il matrimonio della figlia di uno dei boss più in vista della provincia agrigentina l’ospite d’onore si fa largo tra gli altri invitati per abbracciare e baciare il padre della sposa. È un giovane avvocato venticinquenne, astro nascente della politica siciliana. Si chiama Angelino Alfano e diventerà in pochi anni ministro della Giustizia. Ma oggi che Berlusconi lo vorrebbe incoronare suo vice nessuno lo ricorda.
«Il padre di Angelino Alfano mi ha chiesto voti per il figlio». A parlare, GiovanniAlongi, boss della famiglia mafiosa di Aragona. Almeno secondo il racconto di Ignazio Gagliardo, un pentito di mafia di Agrigento. Il 12 marzo 2009 i pm di Palermo lo interrogano nell’ambito della nuova inchiesta per mafia sull’ex governatore siciliano Tòtò Cuffaro, oggi in carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Il pentito racconta, e fa i nomi. Anche nomi eccellenti che i pm non si aspettavano di dovere ascoltare. Parla anche del Ministro della Giustizia in carica, che oggi Berlusconi vorrebbe promuovere segretario del suo partito.
In carcere era un giorno qualunque, uguale a tutti gli altri. I boss, nelle loro celle, giravano i canali del televisore, finché vennero tutti sopresi dalle stesse immagini. E soprattutto dalle stesse parole. Davanti ai loro occhi il nuovo Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parlava di mafia e antimafia con i suoi soliti ritornelli retorici che chiunque lo abbia sentito parlare almeno una volta conosce a memoria: “Un tempo bisognava dire di essere antimafiosi, oggi bisogna esserselo con i fatti”, “Giovanni Falcone è l’eroe e l’esempio cui ci dobbiamo ispirare” perché la mafia, com’è noto, “fa schifo”. I boss, abituati dal governo Prodi a un ministro della Giustizia che con i mafiosi prima fa il testimone di nozze e poi tratta, come dimostrano le intercettazioni pubblicate da AgoraVox, tramite i suoi collaboratori al Ministero, non ci stanno. E quando s’incontrano per l’ora d’aria, esprimono tutto il loro risentimento per la presa di distanza del nuovo Ministro. «È un pezzo di merda», dicono. «Ora facciamo schifo ma non lo facevamo prima, quando ci chiedevano voti». Finché a sua difesa non interviene Alongi. «A questo putno – racconta Gagliardo – Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: “Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino. Anche il padre di Alfano era un politico”».
Queste dichiarazioni non sono mai state riscontrate in un processo, e al momento Alfano non risulta nemmeno indagato. Ma questo racconto nelle innumerevoli biografie giornalistiche del nuovo “delfino” berlusconiano che i quotidiani stanno pubblicando in questi giorni è del tutto scomparso. Meglio ripiegare su più accomodanti agiografie come quelle stilate dal Giornale (“Angelino, il primo della classe che ha bruciato tutte le tappe”) o dal quotidiano indipendente La Stampa: “Sposo ideale, figlio ideale, genero ideale, e poi deputato ideale, alleato ideale, avversario ideale fino a ministro e segretario ideale. C’è qualcuno a cui non piaccia Angelino Alfano?” E giù una lenzuolata di motivi per cui Alfano “piace” (perché ha “il piglio”, perché ha fascino, “perché non esibisce il vizio e di conseguenza non è tenuto a esibire la virtù”, perché “si mantiene in forma”, perché piace e basta). Poi, a sorpresa, l’agiografo morde: “Se poi qualcuno insinua, ché la mano sbagliata capita sempre di stringerla, si addolora virilmente”. Di quali mani si stia parlando ai lettori della Stampa non è dato sapere, così come a tutti gli altri lettori di giornali.
Eppure una mano sbagliata, di quelle da cui a tutti i costi bisognerebbe stare lontani, Alfano l’ha stretta. È la mano del capomafia di Palma di Montechiaro, Croce Napoli, morto ormai da dieci anni. O meglio, la guancia. Perché il boss Alfano l’ha anche baciato. E stavolta non c’entra il racconto de relato di un mafioso in carcere: a inchiodare il ministro c’è un filmato.
Era l’estate del 1996, l’anno in cui il neo-delfino del Cavaliere ottenne quasi novemila voti alle regionali, risultando il primo dei non eletti. Si sposava la figlia del boss e Alfano era l’ospite d’onore. In una videocassetta del matrimonio lo si vede baciare il padre della sposa. Dopo il taglio della torta, Alfano si fa avanti con in mano il suo regalo di nozze, tra i saluti ossequiosi dei presenti, verso gli sposi. Prima bacia loro, poi abbraccia e bacia il capomafia padre della sposa. Tutto filmato e documentato. Interpellato sui fatti, Alfano prima negò tutto, dicendo di non ricordare e minacciando i giornalisti («attenti a pubblicare notizie del genere»). Poi, dopo ventiquattro ore, uscita la notizia, recuperò la memoria: «Adesso ricordo, (…) ricordo di esserci stato, ma su invito dello sposo e non della sposa». Racconta che non conosceva la sposa e «men che meno suo padre» della cui identità «non conoscevo nemmeno l’esistenza». Dunque «non ho nulla di cui giustificarmi», e via con il solito copione del ragazzo antimafioso «dai tempi del liceo».
Certo, il racconto di un pentito non dimostra affatto una collusione mafiosa tra Alfano e Cosa nostra, né tantomeno un bacio dato a un boss forse per caso. Ma dell’opportunità di ricoprire le cariche di Ministro della Giustizia e a breve di segretario del primo partito del Paese (se Berlusconi riuscirà ad aggirarne i regolamenti) alla luce di queste storie occorrerebbe quantomeno discutere. Ma per poterne discutere, prima, bisognerebbe raccontare i fatti >>.
Queste sono certamente riflessioni poco innocenti. Noi osiamo leggere oltre ciò che appare. Questa non la commentiamo avendo già tediatovi con la premessa che spiega tutto, cercando di non fare solo scarna cronaca giornalistica. Noi guardiamo dietro la notizia.

giovedì 2 giugno 2011

FORZA DEL SUD ESSENZIALE PER IL PdL SICILIANO


Scritto da ADOMEX   
Giovedì 02 Giugno 2011 11:38
Giuseppe Castiglione si traveste da Faraone e parla di primarie per il Pdl. Forse un po’ in ritardo. E fa l’effetto di uno che annuncia di avere inventato la ruota, parlando al congresso dei gommisti. Giudizio: attardato. ( fonte: Live Sicilia )
“Un risultato in assoluta controtendenza, premia il PdL, premia la coalizione di centrodestra – afferma Castiglione - e da un messaggio per il futuro della nostra regione. A me pare che in Sicilia non c’è nemmeno un venticello (rispetto al vento del nord), in Sicilia c’è una esperienza che va consolidata, rafforzare il centrodestra”.
Siamo stati incuriositi da queste affermazioni ed abbiamo analizzato i risultati nei comuni significativi, oltre i 10.000 abitanti, dove si votava col proporzionale ed onestamente non abbiamo visto questo trionfo del PdL. Anzi, il Popolo della Libertà non vince da nessuna parte, tranne Ragusa, ma assieme a Forza del Sud e UDC, negli altri comuni dove non c’è stata questa alleanza, anomala diremmo, non va nemmeno al ballottaggio. Il PdL, quindi, senza Forza del Sud non vince più? Fuori dai ballottaggi a Canicattì, Ramacca (dove c’era il candidato di Castiglione), Capo d’Orlando, Campobello di Mazzara. Al ballottaggio ma con FdS a Favara, Patti, Bagheria, Vittoria, Lentini.
Ci sembra autentico trionfo, ma virtuale, se non onirico, caro Castiglione.
Per farci spiegare meglio ciò che succede o può succedere all’interno del cosiddetto centrodestra abbiamo sentito il coordinatore regionale “ARANCIONE” di FdS, on.le Pippo Fallica:
“ E’ indubbio che stante questi risultati il PdL dovrà tenere in considerazione Forza del Sud- afferma Pippo Fallica-noi abbiamo iniziato questo nuovo percorso solo alcuni mesi orsono e già i risultati sono davanti a tutti. Troppo piccolo il campione per assumerlo come scientifico, però possiamo sicuramente affermare, facendo il conto della serva, che il centrodestra vince solo col nostro sostegno. Noi ci siamo”.
“E salutiamo con molta simpatia- continua Fallica- la nomina di Angelino Alfano a segretario nazionale del PdL, ritenendo che da buon siciliano debba mettere mano nel suo partito proprio  partendo da qui,  prima che sia troppo tardi. E sappiamo che non sarà il fazioso nella conduzione e nelle scelte che devono essere politiche e di spessore e non esclusivamente amicali. E’ sua adesso la responsabilità complessiva”.
Non ci dice come la pensa rispetto al fallimento colossale del PdL nelle provincie di Trapani e Messina, né risponde alle provocazioni circa il condizionamento che FdS potrebbe avere sulla coalizione pidiellina, ma dai toni sornioni comprendiamo bene ciò che faranno.
Una scelta intelligente quella che Gianfranco Micciché, Pippo Fallica e compagni hanno fatto, quando si sono smarcati dal PdL, rimanendo però amici di Berlusconi. Amici, alleati ma autonomi. Hanno messo in campo un marketing politico non indifferente, anche nella scelta del colore rappresentativo, l’arancio, solare, indicativo di un Sud caldo, passionale, ottimista.  Colore che anche Pisapia ha scimmiottato nella propria campagna elettorale. Scuola Pubblitalia “docet”.  E certamente in una società della comunicazione e dell’immagine tutto ciò conta. E se si alleassero con gli"AUTONIMISTI"?