lunedì 6 giugno 2011

Paternò, Condannato Giovanni Leone ( Forza Italia ): A VOLTE ANCHE I (pre) POTENTI PIANGONO


Scritto da MARCO BENANTI   
Lunedì 06 Giugno 2011 19:58

GIOVANNI LEONE COL DIFENSORE AVV. PIERO GRANATA

Questa volta, hanno perso. Più precisamente ha perduto il gruppo di Potere che sgoverna Paternò da anni ed è responsabile del disastroso stato in cui versa la Città.
Quella di oggi, la sentenza con cui il Tribunale di Paternò ha condannato l’ex capogruppo ed ex assessore di Forza Italia Giovanni Leone, non è soltanto un provvedimento giudiziario. Nel suo significato più ampio è una piccola grande “rivoluzione” per una comunità abituata ad ingoiare di tutto e di più. In nome del bisogno. In nome di una vita da sudditi.

Stamane, un esponente –non certamente di punta- di questo gruppo di Potere è stato condannato da un Tribunale della Repubblica italiana fondata sul lavoro. Cinque mesi e dieci giorni, più le spese processuali, più la provvisionale, più l’interdizione dai pubblici uffici; ancora, sarà il giudice civile a liquidare i danni, che erano stati già quantificati dalle due parti civili in 40.000 euro per ciascuna.
Leone è stato ritenuto responsabile dal Giudice Giuliana Fichera: l’Accusa era grave, proprio un reato contro i lavoratori, contro quell’attività che è fondante della nostra nazione nata dalla Resistenza.  “Tentata violenza privata aggravata e continuata p.e p. dagli artt.81 e 2, 61 n.9, 56 e 610 c.p. perché, con più azioni in esecuzione di un unico disegno criminoso ed in tempi diversi, con minaccia consistita nell’intimare a Campisano Carmela e Catania Maria Erminia che se non avessero revocato l’iscrizione al sindacato dei lavoratori U.I.L. non avrebbero ottenuto il rinnovo del contratto di lavoro quali operatrici socio-assistenziali per i disabili assistiti dal Comune di Paternò, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere le predette Campisano Carmela e Catania Maria Erminia (assistite dall'avv. Andrea Gianninò) a revocare l’iscrizione al sindacato de quo, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dell’agente e, segnatamente, per la reazione delle due donne che resistevano alla minaccia, subendo la realizzazione del male minacciato (difatti pur avendo maturato esperienza nell’assistenza ai disabili ed aver lavorato diversi anni per una delle cooperative riunitesi nell’Ati aggiudicataria del relativo servizio, non venivano più riassunte). Con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti alla qualità di consigliere comunale. In Paternò dall'aprile 2005 fino almese di ottobre 2005”:questa l’imputazione per Leone.
Già il Pm Lina Trovato aveva chiesto la condanna: un anno e quattro mesi. Stamane, intorno alle 12,30, davanti a pochi intimi, ma a qualche volto noto dell’entourage di Leone, il Giudice ha letto il dispositivo: fra sessanta giorni arriveranno le motivazioni. Ma non è finita: come aveva già richiesto il Pm, il Giudice ha trasmesso le carte alla Procura della Repubblica di Catania per tre dei testimoni della Difesa: Rosario Gennaro, assessore ai servizi sociali al tempo del presunto delitto, Maria Orfanò e Carmela Costa detta Melina, personale di assistenza e dipendenti della Cooperativa Edelweiss, per falsa testimonianza. Un elemento importante che aggrava un quadro di per sé inquietante, dove emerge in modo netto l’arroganza del Potere, la voglia di intimidire, di colpire la dignità della Persona, che si esplica anche e soprattutto nel lavoro. Ma di questo il gruppo di comando di Paternò non sa che farsene, se non utilizzarlo per strumentalizzarlo, utilizzarlo per fare consenso. Già perché se Leone è stato condannato, una domanda sorge spontanea, in nome del rispetto che si deve sempre all’Intelligenza: Leone è il solo responsabile di quanto accaduto oppure si tratta piuttosto della punta di un iceberg profondo e sconosciuto, ma molto corposo e ramificato? Questa vicenda di squallido tentativo di sopruso è l’immagine di una “cultura” di governo? E’ lo specchio di un costume deviato del Potere, di asservimento delle coscienze e dei bisogni delle persone?
In attesa delle motivazioni della sentenza, che saranno molto illuminanti per la vicenda giudiziaria, resta il dato politico sullo sfondo di questa storia che ci riporta ai quadretti manzoniani dei “bravi” e dei loro “signori” pronti a scendere come avvoltoi sulle persone inermi: cosa sono davvero i servizi sociali a Paternò? A cosa davvero servono? Con quali dinamiche vanno avanti? E secondo quali fini? Ecco, attendiamo di sapere anche questo: non a caso la Procura di Catania indaga su un altro filone della stessa inchiesta, ma per fatti ancor più gravi …. staremo a vedere. Per il momento un dato è sicuro: la prepotenza, l’arroganza, la sopraffazione  si può e si deve vincere, a Paternò come in tutta la Sicilia.

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