giovedì 25 giugno 2009

Sicilia: Comunicato del Presidente della Regione Siciliana Lombardo



"Col presidente Berlusconi avremmo potuto parlare anche solo cinque minuti. Con lui ci si intende, va al sodo, capisce l'essenza dei problemi, non si dilunga in questioni di bottega. C'e' qualcun altro nel Pdl che rema contro. Io e il Pdl dialoghiamo e contemporaneamente dal club dei senatori arriva il comunicato che inviano in Sicilia quel ddl che non sta ne' in cielo ne' in terra e che, in violazione della Costituzione e dell'autonomia permette, solo in Sicilia, di mandare a casa il governatore
senza toccare l'assemblea. Un marchingegno nato per intimidirci, ma si sbagliano". Lo ha affermato in un'intervista al Giornale il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, convinto che "è al Senato che si annida il partito dello scontro".
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il suo coordinatore, Giuseppe Castiglione "devono vedersela tra loro nel Pdl - sostiene Lombardo - Spero solo che il presidente non segua, come è accaduto per la questione Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate), i cattivi consiglieri". Perchè i Fas, prosegue il governatore della Regione Sicilia, "ho detto al presidente che vanno sbloccati, che la nostra economia è in ginocchio, che siamo pronti ad accettare tutti i vincoli e che non andranno a spese correnti. Il premier mi ha assicurato il suo impegno, ma ha visto che non ci sono alla prossima riunione del Cipe, temo per il veto netto di chi in consiglio dei ministri dice no".
Sull'estromissione dell'Udc, che Berlusconi invece vuole sia in squadra Lombardo ha detto: "Io non ho niente contro l'Udc. Ho detto al presidente, e lo ribadisco, che i nove assessori già nominati non si toccano. Poi ci sono ancora tre posti disponibili, mi diano dei nomi accettabili. Se l'Udc smette di fare opposizione stando al governo non c'e' nessuna preclusione e neanche problema di numeri, intanto entrano in squadra e poi si vedrà".
La giunta, garantisce il governatore, sarà completata "entro qualche giorno. La Sicilia non può aspettare ancora". L'interlocutore resta il premier "e i coordinatori nazionali. Col presidente - conclude Lombardo - ci rivedremo domani (oggi per chi legge, ndr). La questione va chiusa subito".

mercoledì 24 giugno 2009

SICILIA: Lombardo snobba Castiglione e vola da Berlusconi


E’ un casino, l’avrete capito e non si sa a che cosa credere, ma il nostro lavoro dobbiamo farlo. Qual è? Raccontare gli eventi, la loro evoluzione, momento dopo momento, perché le nostre testate non sono cartacee e non abbiamo un giornale che esce una volta al dì.
Premessa esaurita.
Torna in alto mare la composizione della giunta. Perché?
Il presidente Lombardo ha incontrato ieri sera Silvio Berlusconi. Erano presenti Denis Verdini e Gianfranco Miccichè. Berlusconi ha posto subito un problema di “spazi” in giunta. Non bastano tre assessori, ma quattro. Il presidente della Regione ne aveva lasciati tre a disposizione del Pdl. I quattro assessori, secondo Berlusconi, vanno ripartiti fra Pdl e Udc, due per parte.
Il premier non ha segnalato alcuno. Niente nomi, affidando al presidente della Regione il compito di scegliere come vuole.
E questa richiesta ha creato un bel problema sia a Lombardo che a Miccichè, i quali avrebbero voluto sbarazzarsi dell’Udc. Non s’aspettavano che il capo del governo tutelasse gli interessi dell’Udc.
Il partito di Casini negli ultimi tempi ha giocato su due tavoli, Pdl o Pd, dimostrando di essere determinante in alcune circostanze. E Berlusconi non è stato affatto tenero con Casini in campagna elettorale. Questo ha fatto sospettare che l’uscita dell’Udc dalla giunta siciliana non dispiacesse affatto al Cavaliere.
Le cose non stanno così?
Ci possono essere più letture sulla questione, la più interessante fa risalire la posizione del premier allo speciale rapporto di Berlusconi con l’Udc siciliano, che non è affatto sulle posizioni di quello nazionale. Tutti sanno che Totò Cuffaro è l’uomo dell’Udc più vicino al Pdl, quindi la “tutela” di Berlusconi all’Udc siciliano non ha niente a che vedere con l’Udc nazionale, anzi potrebbe essere una furbata del Cavaliere, il quale vuole ingraziarsi ancora di più l’area Cuffaro, guardando in prospettiva. La forza di Cuffaro nell’Udc, ovviamente, è nota a Berlusconi. In questa chiave, dunque, va vista la richiesta fatta a Lombardo.
Il cero passa dunque alla coppia Miccichè-Lombardo, che incassa un punto – Berlusconi non ha parlato di azzeramento della giunta – ma deve sottostare ad un diktat difficile da digerire.
Fra i “ribelli” del Pdl e nel Mpa ci sono due correnti di pensiero: alcuni spingono perché si vada avanti così come è stato deciso, niente arretramenti, vanno riempite le ultime caselle nel modo più utile, si completi il governo e si vada in mare aperto cercando una maggioranza sulle singole questioni. C’è chi, invece, frena e vorrebbe che si prendesse tempo, mediando fra le richieste di Berlusconi e i bisogni sopravvenuti.
In questi ultimi giorni, com’è facile immaginare, sono state create delle aspettative. Lombardo ha incontrato molta gente, ha creato rapporti, prospettato iniziative, proposto “poltrone”. Non potrà soddisfare tutti, ma non può trattare a pesci in faccia nessuno. La qualcosa significa che deve fare la quadratura del cerchio.
Un solo esempio: corrispondendo alla richiesta del Cavaliere, deve necessariamente espellere uno degli assessori appena nominati. C’è il sospetto che venga sacrificata il magistrato Chinnici, destinata all’assessorato alla Famiglia. La Chinnici attende il nulla osta del Csm, che ancora non arriva.
Per un magistrato che va, uno che viene. Tornerebbe Ilarda per l’Udc, ma questo, formalmente, è un problema di Lombardo.
Berlusconi si è guardato dal fare nomi ed ha lasciato ampia libertà d’azione al presidente della Regione, ma questo non significa niente. Lombardo può porre qualche veto ma non può scegliere da solo gli assessori dell’Udc, deve sentire i dirigenti del partito, sempre che acceda all’idea di accontentare Berlusconi.
Dall’incontro romano è venuta anche una rassicurazione diretta a chi resta fuori o non è contento della soluzione trovata, che in settembre si cambia tutto. Sarà un governo balneare, insomma.

D. L. R.

lunedì 22 giugno 2009

SICILIA: Trattative segrete per il governo regionale, i coordinatori nazionali Pdl su tutte le furie


Quante chance ha Raffaele Lombardo di concludere la legislatura dell’Assemblea regionale siciliana?

La risposta potrà arrivare solo la prossima settimana, quando il presidente della Regione comunicherà i nomi dei tre nuovi assessori, riempiendo le caselle mancanti del puzzle-giunta. Lo farà senza alcuna trattativa con il Pdl, a meno che non spunti nelle ultime ore qualche grossa novità, ma deve trattarsi di un episodio decisivo e quindi di un patto di ferro fra Lombardo e il Premier sulla Sicilia. La qualcosa appare allo stato delle cose improbabile, a causa dei veti incrociati subìti da Berlusconi nell’Isola. I due partiti del Pdl lo hanno messo sull’avviso: il partito di Miccichè minaccia di fare nascere, insieme con Lombardo o meno, un nuovo schieramento politico o il partito del Sud (in questo caso con il governatore), l’altro partito – che fa capo a Schifani e Alfano - minaccia di lasciare il Pdl (stando alle dichiarazioni amareggiate del Presidente dell’Ars, Francesco Cascio).

Berlusconi deve tenere la bilancia in bilico e finora non ha osato nemmeno incontrare, ufficialmente almeno, Lombardo ad evitare che penda da una parte o dall’altra con conseguenze catastrofiche.

L’attesa, tuttavia, non sembra avere prodotto buoni consigli. Il gruppo parlamentare Pdl si è riunito per fargli la festa, ma ha dovuto registrare, con piena soddisfazione di Lombardo, un boomerang politico perché il numero dei deputati assenti è stato elevato ed ha fatto credere, magari sbagliando, che i parlamentari che fanno la fronda ai coordinatori regionali (soprattutto a Castiglione) siano molti di più dei cinque ufficialmente schierati con il sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio.

Il gruppo Pdl ha assunto, comunque, le sue decisioni, che sono condivise autorevolmente dal triumvirato romano (Verdini, La Russa, Bondi). Esse ribadiscono la vecchia posizione: Lombardo deve azzerare la giunta e ricominciare da capo, trattando con il partito di maggioranza relativa il nuovo patto di alleanza. Ma questa ipotesi è stata sempre scartata pregiudizialmente da Lombardo e dallo stesso Micciché: entrambi sono convinti che una marcia indietro farebbe perdere la faccia ad entrambi e non solo: rimetterebbe tutti in discussione, anche l’ingresso dell’Udc in giunta, oltre che il foglio di via agli assessori appena nominati, tutti personaggi autorevoli cui è stata data l’assicurazione – reputiamo – che non ci sarebbero stati ripensamenti di sorta.

Stando così le cose, l’ipotesi più probabile è che Lombardo riesca a trovare altri deputati Pdl e dell’ex area An dalla sua parte grazie anche al reclutamento dei nuovi assessori.

Ma nelle ultime ore si è affacciata un’altra ipotesi che tiene banco, che a trattare sottobanco il ritorno in giunta sia proprio l’area legittimista. Questa ipotesi sarebbe avvalorata da due circostanze: i nomi dei nuovi assessori, Scammacca e Beninati, che appartengono alla corrente di Schifani-Alfano-Castiglione, ed il terzo probabile nome (Formica) sia vicino al coordinatore ex An, Nania. Non solo: le assenze non sono una scelta frondista nei confronti dei coordinatori regionali, ma concordata.

Questa voce ha fatto il giro dei Palazzi a Roma ed è arrivata nelle stanze dei coordinatori nazionali, ai quali non è piaciuta affatto. Come dire: a noi fanno fare la parte dei duri e ci impegnano a tenere il fronte ad ogni costo, ed in Sicilia loro trattano sottobanco.

Se le cose stessero così avrebbero ragione da vendere.

Il Pdl resta dunque un enigma. Nelle prossimoora si conteranno morti e feriti, e soprattutto chi uscirà bene dalla grande guerra.

Il clima di diffidenza è totale.

Se i nuovi assessori sono frutto di uno shopping porta a porta, la cifra non potrà mai essere sufficiente per raggiungere la maggioranza in Parlamento e rimarrebbe aperto il problema del rapporto con l’opposizione, organico o meno.

Fra i democratici la diversità di opinioni su questo tema è venuta fuori già in passato con estrema chiarezza: la segreteria regionale ed un gruppo di dirigenti folti, soprattutto di provenienza “popolare”, non fanno mistero della loro contrarietà a qualunque patto con Lombardo, sottobanco o trasparente.

Se invece Lombardo avesse trattato ufficiosamente con il Pdl e potesse perciò contare sul gruppo parlamentare Pdl, pur con le inevitabili defezioni provocate dalle code polemiche e i presunti tradimenti dell’ultima ora, allora il rapporto con l’opposizione, pur ottimo, verrebbe affrontato con ben altro spirito.

La domanda che ci siamo posti all’inizio - quante chance ha Raffaele Lombardo di concludere la legislatura dell’Assemblea regionale siciliana? – dipende da questi cruciali eventi.

Comunque vada, tuttavia, una seppur minima eventualità di scioglimento potrebbe essere presa in considerazione solo nel 2010, quando i deputati avranno maturato il minimo per il vitalizio.

martedì 16 giugno 2009

PERCHE' MICCICHE' E CIMINO HANNO VINTO ANCHE OLTRE I MAGHEGGI DEI PISTACCHI




Seicentomila voti in meno è il dato più basso degli ultimi 15 anni questo è il risultato della vittoria di Schifani/Alfano/Castiglione, sullo sconfitto Gianfranco Micciché. Il tono trionfante dei 3 vincitori appare fuori luogo, il prezzo pagato è altissino, la perdita di credibilità pare non reversibile.
La guerra delle preferenze ha fatto una nobile vittima, Silvio Berlusconi che il Sicilia ha perso un mezzo milione di preferenze, perché Schifani/Alfano/Castiglione per battere Micchiché non hanno potuto far votare il loro leader come ha spiegato bene Sebastiano Messina su Repubblica qualche giorno fa.
Il trenino delle tre preferenze doveva sacrificare un candidato e Schifani/Alfano/Castiglione hanno deciso di sacrificare proprio Silvio Berlusconi, grazie a questo sacrificio ora cantano vittoria perché i loro candidati LA VIA GIOVANNI ha ottenuto 145.544 e IACOLINO SALVATORE ne ha ottenute 141.070 contro le 123.651 di CIMINO MICHELE il candidato di Gianfranco Micciché.
Ma è un trucco perché i due candidati grazie alle sovrapposizione delle candidature si sono scambiati i voti nei reciproci territori, un patto elettorale che produce un effetto ottico che va epurato per ottenere il reale peso delle fazioni in campo.
LA DUPLICAZIONE GONFIA LE PREFERENZE di Iacolino e La Via di almeno un 30% senza possibilità di essere smentiti.

Ecco che allora il Michele Cimino Assessore sospeso dal suo partito e sostenuto da Gianfranco Micciché diventa il candidato che ha ottenuto più preferenze, e quindi è lui il vincitore. Se poi aggiungiamo che il governatore Lombardo a capo del governo sostenuto da Micciché e di cui Cimino fa parte ha ottenuto una vittoria netta proprio a discapito del PDL, il quadro si chiude in modo definitivo su Schifani/Alfano/Castiglione. Ma dobbiamo andare oltre la visione da “top ten” il fatto è che i siciliani sembrano premiare chi ha mostrato di avere a cuore il futuro dei siciliani e non fazioni di potere.

lunedì 15 giugno 2009

SICILIA POLITICA: Squilla il telefono. 'Gola profonda' da Roma svela perché Berlusconi non vuole e non può far guerra a Lombardo


di Ignazio Panzica


Ci sarà questo benedetto confronto-accordo tra Berlusconi e Lombardo? Su questo oggetto, e variazioni sul tema dei possibili esiti, si incentra ormai il dibattito politico in Sicilia. Ma come stanno, realmente, le cose?

“Pronto, giovanotto, tu che segui da vicino, da quelle parti, questo Lombardo, dimmi una cosa: è solo un pazzo, oppure tiene semplicemente degli attributi d’acciaio?”. La voce al telefono, che giunge da Roma, è una di quelle note, di un “grande vecchio” della prima Repubblica, che a tutti i giornalisti che scrivono di politica farebbe piacere sentire, talvolta. Questo signore, che ha propiziato pezzi di storia nazionale, l’ho conosciuto negli anni ’80 quando l’Italia era diventata la quarta potenza economica del mondo, in un momento ormai lontano della mia vita precedente. L’ho ritrovato solo di recente, di sua iniziativa, quando su questo quotidiano on-line ho scritto un pezzo sulla situazione economica internazionale, dopo la crisi finanziaria del “liberismo”. Bontà sua, mi chiamò lodandomi per la qualità delle mie fonti d'informazione nella finanza internazionale. Da allora, gli è capitato di chiamarmi qualche altra volta, per chiacchierare su personaggi e storie del passato, ma anche per raccontarmi stimolanti ricostruzioni di odierni scenari politico-economici. Finchè – come i lettori ricordano – mi aveva sbattuto, irato, il telefono in faccia, dandomi “dell’ignorantissimo”, perché a una sua improvvisa domanda su chi fosse stato Virgillito, non avevo risposto altrettanto prontamente, dimostrando di non ricordare più il lavoro ed il ruolo di questo intraprendente finanziere milano-catanese, dal cui ceppo si è poi sviluppato l’impero di Salvatore Li Gresti; uomo ricco quanto e più di Berlusconi.

“Eccellenza ben trovato”. Provo a fare il simpatico educatamente. “Uffa! Giovanotto, smettila di chiamarmi eccellenza, ed invece rispondi alla mia domanda”.

“Vabbe’ – rispondo rassegnato, un po’ come accadeva agli esami universitari – secondo me Lombardo è fatto un po’ di tutte due le cose, forse con un po’ più di attributi. Ma perché me lo chiede?”.

“Perché, nell’Italia del detto e non detto, dei cagasotto di fronte ai potenti, del sotterfugio fesso, questo Lombardo, ha fatto una mossa ardita, quando prima ancora di fissare l’appuntamento con il Cavaliere, è andato in giro a raccontare cosa dirà a Berlusconi nel loro superannunciato incontro a quattr’occhi. Quello lo ha saputo, ed è andato in paranoia. Non sa che pesci pigliare”.

“In che senso? ”, provo, con nonchalance, a smarcarmi.

“Io la storia di cosa gli vuole dire Lombardo la so così: Caro Presidente, non voglio affatto litigare con Te, non voglio divenire un tuo problema, anzi di mio ti vorrei dare una mano. A proposito l’hai visto come ti ho trattato l’UDC. Ma non puoi pensare che sono il tipo da farmi trattare da te come uno zerbino. Sono uomo di pasta diversa dai tuoi soliti proconsoli che ti venerano, giustamente. Io ti posso solo essere amico leale, tanto quanto tu mi consentirai di esserlo. Per correttezza, devo dirti, che noi due possiamo procedere, subito, ad un confronto politico e anche ad un accordo, solo, se entro 48 ore mi stampi il decreto di trasferimento al Governo della Regione dei FAS. Poi, puoi ritenermi a tua disposizione. Chiariamo. Non ho nulla contro i tuoi uomini in Sicilia. Per esempio, nutro una stima infinita nei confronti del Ministro Alfano, è persona garbata e di sostanza. Un assessore regionale, a lui glielo posso mettere nel mio governo, giusto per dimostrarti che non ce l’ho né con lui, né con il PDL. Ma ci sono due cose che, prima di tutto devi sapere, che devo dirti: io la “Lega Sud” la faccio, e a modo mio; mentre ti prego di non farmi avere più a che fare con quel tuo bullo di Catania. Costui, prima che politicamente, mi ha offeso come uomo e come catanese, ha cercato di giochicchiare con la mia faccia. Il livello del confronto politico, con questo soggetto vanaglorioso è una faccenda chiusa per sempre. Questo sciagurato, parenti ed amici compresi, da me, presidente della Regione, non avrà mai più nulla. Neanche uno spazzolino da denti. Mi puoi chiedere tutti gli sforzi politici del mondo, ma non puoi chiedermi di venire meno al rispetto del mio senso dell’onore”.

L’eccellentissimo, chiude il suo racconto sghignazzando. ”Lo capisci che il Cavaliere, stavolta, realmente, su questa vicenda politica siciliana non sa da dove cominciare? Che tipo singolare e divertente stò Lombardo!”.

“Ha studiato da psichiatra” provo a rendermi interessante, ”così è riuscito a spiazzare Berlusconi! Ma secondo Lei come finisce?”

“Come vuoi che finisca. Berlusca deve ancora trovare l’escamotage furbesco per assecondare pronto cassa Lombardo, però senza dare l’impressione pubblica di voler scaricare quel 25% di suoi adepti in Sicilia, quei catanesi riottosi. Del resto, non può imbarcarsi, in questo momento, in una guerra contro Lombardo. Non ci ha né la testa, né le condizioni di contesto, né la voglia personale; il problema per lui non è Lombardo, ma il suo quadro dirigente siciliano che non vale molto”.

Colgo al volo l’occasione e ci provo: ”Ma a proposito, che passa a Berlusconi? Mi pare, un uomo che gioca in difesa. Non è da lui”.

“Non ha capito che un grande uomo non si può circondare di pirlacchioni e yes-men. Se no, in momenti difficili come questi, subentrano incertezze, ansie e paure. Che talvolta prendono corpo persino diventando pericoli concreti. Ma che sciocchezza è stata, andare a Santa Margherita ligure, e dire ai giovani industriali che c’è un complotto internazionale contro di lui! Anzitutto, perché, non è - ancora - così. E poi, se anche lo fosse, tu – prima di sbraitare - devi trovare un efficace ed adeguato antidoto politico nazionale per contrastare eventuali ingerenze internazionali. Non puoi comportarti come un satrapo dell’antichità, sfidando e minacciando, a destra e a manca, prendendo a calci terzi che non c’entrano. Tanto meno, non puoi urlare all’esistenza di un complotto, che la maggioranza del paese non conosceva, e di cui non ne può capire i termini. Né mandare i servizi segreti dello Stato, in nome della sicurezza del G8, a caccia di farfalle o delle sue paranoie fotografiche; e per di più, contemporaneamente, impantanandosi volontariamente nel fare quella durissima, m apatetica ed inutile, legge sulle intercettazioni. Chissà, cosa Lui si immagina gli possa servire, a questo punto, per parare un possibile complotto internazionale? Ma ora devo lasciarti, ho un appuntamento di rigore con le mie medicine. Ciao giovanotto”.

Da cronista, in una pigra giornata estiva e domenicale, mi è sembrato più giusto raccontarvi direttamente, in sintesi, l’autorevole opinione, di prima mano, raccolta da una “autentica fonte d’informazione” – a mio giudizio “primaria” - piuttosto che provarvi ad esercitarmi anch’io su quanto potrebbero dirsi Lombardo e Berlusconi. E, “last but not least”, non ho voluto, poi, correre il rischio di ritrovarmi, domani mattina, smentito da qualche giornale che può raccontare qualcosa di diverso. Immaginate che figuraccia potrei fare...

martedì 9 giugno 2009

Elezioni Europee Sicilia: E Adesso Come la Mettiamo?

Berlusconi e lo schiaffo siciliano


L'isola sta alla finestra, delusa
dalle risse interne e dal blocco 
dei Fondi strutturali
di MARCELLO SORGI

Quello schiaffo dai siciliani, il Cavaliere proprio non se l'aspettava. E dire che da tempo lo avevano avvertito che nell'isola le cose non andavano più bene. Gianfranco Miccichè, l'autore, nel 2001, del famoso cappotto 61 a zero contro il centrosinistra, e uno dei pochi a godere ancora del privilegio di un pigiama e del diritto di pernottare in via del Plebiscito, gliel'aveva ripetuto faccia a faccia: «Si ricordi, Presidente. I miei conterranei sono svelti a cambiare idea. Anche Leoluca Orlando fu per qualche tempo padrone della Sicilia, salvo ad essere disarcionato tutt'insieme». 

Adesso Orlando si gode quel 17 per cento, che lo ha riportato di nuovo sugli altari a Palermo e ha dato un contributo rispettabile al successo dipietrista in Continente. Invece il Pdl, che da sempre aveva allineato percentuali di dieci punti superiori alla media nazionale del centrodestra, stavolta si lecca le ferite. Alla fine, il risultato è di un punto scarso sopra il magro 35 per cento racimolato da Berlusconi nel resto d'Italia. La falla aperta in quel che veniva chiamato "il granaio azzurro", e che una volta compensava largamente le sorprese leghiste al Nord e il testa a testa nel Centro Italia, ha contribuito fortemente ad abbassare la percentuale. 

Nel silenzio così familiare ai siciliani, circolano cifre e scambi di accuse tra i rissosi capicorrente del Pdl, che alla vigilia del voto hanno quasi costretto il presidente della Regione Lombardo ad aprire la crisi del suo governo locale. Sott'accusa è il neocoordinatore regionale Giuseppe Castiglione, presidente della Provincia di Catania, e la sua corrente che ha fatto il record di preferenze, anche a discapito del capolista Berlusconi. Mentre infatti il Cavaliere, secondo le intese, a Palermo come a Trapani, a Messina come a Siracusa e Ragusa, doveva essere votato dalla somma di tutte le componenti del partito, in modo da contribuire all'ammasso di quei milioni di voti che avrebbero dovuto contrassegnare l'atteso successo personale del leader, a Catania e ad Enna, dominio di Castiglione, ciò non è avvenuto. E il Cavaliere, che a Palermo, per esempio, s'era ritrovato con quasi il doppio di preferenze (oltre 50mila, contro 27mila) del meglio piazzato, a Catania ha dovuto vedersela con un certo Giovanni Lavia, che per gran parte della conta delle schede gli è rimasto davanti, e ha concluso quasi in pari. 

Uno sgarbo insopportabile, a detta dei compilatori di tabelle, che veloci sono state fatte arrivare a Piazza del Plebiscito, agli occhi del premier. Il quale, prudentemente, o forse irritato dall'inestricabile lite dei suoi proconsoli isolani, questa volta in Sicilia in Campagna elettorale non s'era fatto vedere. Qualche refolo di questo clima irrespirabile s'era avvertito nel corso del viaggio del Presidente della Repubblica Napolitano. Giunto a Palermo per una visita di due giorni, poco prima delle elezioni, il Capo dello Stato s'era ritrovato a cena a Villa Igiea con il governatore Lombardo, e perfino con qualche posto vuoto a tavola, come quello del presidente dell'Assemblea regionale Francesco Cascio, che aveva declinato l'invito pur di non doversi sedere con l'odiato presidente della Regione. 

Allo stesso modo si era lamentato pubblicamente, per non essere stato invitato il presidente del Senato Renato Schifani (che pure, in lite con Lombardo, non sarebbe mai andato). Il ministro Angelino Alfano aveva optato per una presenza istituzionale alla commemorazione di Falcone, il 23 maggio, evitando ogni incontro conviviale. Inoltre, come vuole la tradizione querula delle offese siciliane, lo strascico delle polemiche per i mancati inviti o le mancate presenze era andato avanti per giorni e giorni, a colpi di conferenze stampa. Finchè Lombardo, considerando tutto ciò un oltraggio alla sua persona, aveva deciso per la crisi e la rapida ricostituzione di un governo con fuori l'Udc e gli assessori ribelli vicini al coordinatore Castiglione e ai seguaci di Schifani e di Alfano. 
Spiegare una così intricata ragnatela di interessi, caratteri, sensibilità, mal di pancia, oltre che di radicate antipatie locali, a Berlusconi, sorpreso dalla crisi regionale prima del voto, s'era rivelato impossibile. E ancor di più lo è diventato nel clima plumbeo del dopo-elezioni. Anche perché la débâcle siciliana, come più in generale quella meridionale, è legata alle liti dei capicorrente, ma non solo. Che lo scontro tra Schifani, Alfano e Castiglione, da una parte, e Miccichè e Lombardo dall'altra, non abbia portato voti è singolare. Le macchine correntizie erano state messe a regime. La sproporzione di truppe era evidente: nella prima corrente militavano i sindaci di Palermo, Ragusa, Trapani e Agrigento, i presidenti delle provincie di Catania e Messina, il presidente dell'Asl 6, la più grande d'Italia, un congegno catturavoti di sicuro affidamento, finora, e invece a sorpresa entrato in tilt. Nella seconda, uscita battuta, accanto al governatore e a tre assessori, il solo sindaco di Siracusa e la ministra dell'Ambiente Prestigiacomo. 

Ma il flop in piena gara di preferenze non si capisce. Ci dev'essere dell'altro. E infatti il mancato aumento dei voti al centrodestra ha una spiegazione anche in termini nazionali: la decisione, per la prima volta, di bloccare i fondi FAS che dovevano servire a mettere in moto il meccanismo clientelare che da sempre alimenta la raccolta dei voti al Sud e in Sicilia. Il governo ha deciso di soprassedere, sulla base di una motivazione che il ministro delle Regioni Raffaele Fitto, in persona, s'è incaricato di spiegare a Berlusconi. Se io do i soldi alla Puglia, che pure è la mia terra, ha spiegato più o meno con queste parole Fitto al Cavaliere, a beneficiarne sarà l'amministrazione di sinistra e il governatore Niki Vendola, che tra l'altro si presenta alle europee come capo di un nuovo partito. Dunque, almeno fino alle elezioni, non glieli do. Berlusconi ha approvato, E lo stesso ragionamento è scattato per la Sicilia e contro Lombardo. Così, per la prima volta, il fiume di denaro che da Roma, a Bari, al palazzo arabo dei Normanni di Palermo, rinfrescava la memoria agli elettori, è rimasto secco. E gli elettori, il giorno delle elezioni, sono rimasti a casa.

lunedì 8 giugno 2009

Europee Sicilia - Paternò: Se Cartagine piange, Roma non ride.

Paternò: Crolla il PdL (-17%) con tradimento a Berlusconi. 

Il MpA, 23%, raggiunge il massimo risultato cittadino di tutti i tempi ... per Lombardo

Fare analisi sui risultati generali ci appare inutile, da ieri sera fiumi di parole e commenti si sono rincorsi per più di dodici ore, ma vorremmo partire da quello che ci sembra il fallimento di una strategia del Cavaliere per addentrarci poi nei risultati siciliani e Paternesi .

Il PdL nel proprio mirino aveva l’obiettivo dell’autosufficenza, andare oltre il 40% e complessivamente assieme agli alleati ( che però sono andati troppo bene, vedi Lega) superare il 51%. Così invece non è stato. Un misero 34% per il PdL, e lo stupefacente risultato della Lega, non rende al Cavaliere quella disinvolta e sicura azione politica tale da imporre il proprio volere. Ora si tratta.

Detto questo, e prima di passare al commento paternese, dobbiamo doverosamente analizzare il risultato della coalizione de L’Autonomia. Un fallimento nazionale ed un successo tutto siciliano. Mi spiego meglio. Raffaele Lombardo ha portato in dote alla coalizione un risultato che va oltre l’obiettivo che si era prefisso, la soglia del 15% siciliano, non ha funzionato l’alleanza in se, che nulla ha portato in termini di consensi, tanto da fare scattare la possibilità della conquista dei seggi europei. Ma poco conta , il dato politico importante è l’appeal che il Governatore Lombardo esercita nei confronti dei siciliani, e che ne ha sottolineato il successo nell’isola. Il MpA ha consolidato la propria posizione, risultando il terzo partito in Sicilia e superando perfino l’UDC di Cuffaro, mentre i siciliani non hanno dato quella maggioranza assoluta al PdL (Castiglione pronosticava un 51%) che sarebbe servita per travolgere il Presidente della Regione, relegando il partito di Berlusconi (F.I. + A.N.) ad un miserrimo 36%, una vera debacle.

Ma passiamo adesso all’analisi meramente locale di quello che consideriamo l’ombelico del mondo (o faremmo meglio a dire consideravamo, stante i risultati): Paternò.

Scioriniamo i dati: il riferimento più recente e diretto è quello con le politiche del 2008 (prima il MPA non c’era) e non parliamo di cifre di voti, potrebbero obiettarci il dato dell’astensionismo veramente alto, ma di percentuali acquisite qualunque sia stato il numero dei votanti.

Alle politiche del 2008 successone del PDL con il 60% dei voti, un risultato davvero notevole, mentre il MPA si attestava al 12,5%.

Il PDL in un anno ha guadagnato un Ministro (La Russa) che detiene la signoria della città, ed un deputato nazionale (Torrisi), padrone assoluto dell’ex F.I., ma ha perso il 17% dei voti, pur attuando una campagna acquisti a danno del MPA inusitata, acquistando ben tre consiglieri comunali eletti nelle liste di Lombardo, ed avendo la metà del consiglio comunale, oltre a detenere il potere reale ed i Call Center, che impiegano migliaia di addetti. Un’ultima chicca che si nota e che il voto organizzato non prevedeva la preferenza per Berlusconi ( la terna era La Via, Strano, Iacolino) il quale però ha tirato da solo più di 2.200. Un altro tradimento della classe dirigente di Catania nei confronti del Cavaliere. Che non riesce a fare eleggere il pupillo di La Russa, cioè Nino Strano, relegato al quarto posto.

Un’ottima perfomance. Complimenti. Continuate così che vi squagliate.

Il Movimento Autonomista di contro (23%), pur spogliato come detto, avversato e relegato ai margini della coalizione, guadagna oltre 10 punti in percentuale. Raggiungendo un risultato che rappresenta in assoluto la migliore performance di tutti i tempi del partito di Lombardo a Paternò, andando ben oltre la media siciliana.

Il MPA piange il mancato raggiungimento del 4% nazionale ... ma il PdL di certo non ride, E ADESSO IL PARTITO DEL SUD.

Ogni commento ulteriore è inutile, parlano i numeri.