domenica 30 agosto 2009

Nel Pdl ci si interroga sul futuro di Paternò


Per il Comune chiesto lo scioglimento per mafia

di Carlo Lo Re

La vicenda Paternò che da una settimana tiene banco in Sicilia è in piccolo il concentrato di alcune gravi aporie del governo Berlusconi. Proviamo ad analizzarne le contraddizioni più grosse.

Il cosidetto “paese di La Russa”, Paternò, appunto, grosso centro in provincia di Catania, viene messo alla berlina lo scorso week end con un articolo su Panorama. Ovvero, il presunto cuore del consenso politico di un ministro Pdl (che, in quota An, è anche co-coordinatore nazionale del partito) viene attaccato sul settimanale di proprietà del premier Silvio Berlusconi, che certo è in ottimi rapporti con La Russa. Fatta salva la sovrana indipendenza dei colleghi di Panorama, un pelino di confusione pare di notarla.

E veniamo alla strana posizione del Viminale. Perché infatti tocca ora al collega di maggioranza di La Russa, il leghista Roberto Maroni, a capo del Ministero dell’Interno, compiere la scelta se sciogliere o meno il Consiglio Comunale di Paternò per infiltrazioni mafiose, come chiesto dall’ormai ex prefetto di Catania Giovanni Finazzi tempo addietro.

Ora, è ovvio che la posizione di Maroni è delicatissima. Si tratta di decidere se lanciare o meno un devastante “siluro” contro il “quartier generale” di un collega ministro, con il quale però in passato non sono certo mancate le frizioni, essendo oggettivamente assai poco conciliabili le posizioni di un federalista spinto e di un nazionalista convinto.

Maroni, quindi, è in una posizione scomodissima. Se scioglie il Consiglio Comunale di Paternò può attrarre su di sé il sospetto di averlo fatto per la ruggine che vi è con La Russa. Se non lo scioglie può attrarre il sospetto di non aver voluto fare uno sgarbo ad un collega. Ovvero, altra eventualità, di non aver voluto far pensare d’averlo sciolto per attaccare La Russa.

Insomma, un caos davvero considerevole. Nel quale, è chiaro, si rischia di perdere, anzi si è già perso, il vero obiettivo di chi governa. Che è, o dovrebbe essere, compiere scelte giuste nell’interesse della collettività. (riproduzione riservata)

Milano Finanza Sicilia, sabato 29 agosto 2009

mercoledì 26 agosto 2009

Sicilia, Paternò - Una torta al profumo di intrallazzo Governo-Mafia


dal sito www.byteliberi.com riprendiamo e pubblichiamo

"Prendi un Comune della provincia di Catania, aggiungi un po’ di Consiglio Comunale sospettato di avere intrecci con la mafia locale. Mescola bene con un goccio di Assessore ai Servizi Sociali arrestato perché considerato “stabilmente inserito nell’associazione mafiosa”. Cuoci per qualche minuto e in fine aggiungi la ciliegina: un concittadino attualmente Ministro del Governo.

Che ricetta è? Semplice: una torta al profumo di intrallazzo Governo-Mafia.

Spiego meglio. Il Prefetto di Catania, Finazzo, ha inviato al Ministro degli Interni, Roberto Maroni, una relazione sulla situazione tra possibili intrecci fra mafia e politica locale, del piccolo paese di Paternò, paese che ha dato i natali a Ignazio La Russa, attuale Ministro per la Difesa.

In questa relazione si può leggere:

“..non possono non rilevarsi inquietanti ombre circa la sussistenza di un’intesa tra gli amministratori del comune di Paternò e gli esponenti della mafia locale. Invito a prendere in seria considerazione lo scioglimento del consiglio comunale conseguenti a fenomeni di infiltrazioni e di condizionamento di tipo mafioso”.

Ad avvalorare la tesi di infiltrazioni mafiose ci sarebbe l’arresto dell’Assessore ai Servizi Sociali Carmelo Frisenna, considerato, come scritto prima, inserito con stabilità nell’associazione malavitosa.

Però questa ricetta è micidiale, perché Paternò è il paese natale di Ignazio La Russa e l’amministrazione che governa la città è interamente del PDL che fa capo proprio al ministro della Difesa.

Il risultato di tutto ciò è che inspiegabilmente dal ministro Maroni non giunge alcuna risposta. Forse perché lo scioglimento del consiglio comunale di Paternò potrebbe mettere in seria difficoltà l’attuale titolare del ministero della Difesa? Lo scopriremo solo vivendo".

Fonte usata: osservatorio-sicilia.i

lunedì 24 agosto 2009

SICILIA, PATERNO' NEL "CUL DE SAC"


Non ci meraviglia più nulla, però qualcosa non riusciamo proprio a capirla. Nel ragionamento che segue non facciamo nomi, non addossiamo responsabilità, vogliamo solamente addurre delle riflessioni per capire prima noi stessi cosa presiede ai fatti che in questi giorni hanno avuto una ribalta improvvisa ed inaspettata. E ci stupiamo di fronte alla circostanza che nemmeno all’epoca dei fatti bui, ci riferiamo agli anni ’90, tale livello era mai stato raggiunto in queste proporzioni, né aveva sortito l’esito di una formale proposta di scioglimento per mafia, eppure allora si era mobilitata la sinistra, adesso tace.

Ma andiamo con ordine facendo dei ragionamenti che lasciamo alla valutazione ed al commento di chi ci legge.

La notizia, pubblicata prima da Repubblica ma che riporta solamente alcuni brani dell’articolo che l’indomani sarebbe stato pubblicato da Panorama. L’ha spiattellata proprio il settimanale della famiglia Berlusconi. Come mai un fatto talmente grave per l’immagine del ministro La Russa viene proprio riportato dal magazine tanto autorevole del centrodestra? Chi vuole l’attacco a La Russa per i fatti accaduti nella sua città natale, dove lui stesso ha creato questo equilibrio politico “imponendo” il suo uomo di fiducia come sindaco, ed il contorno? Qualcosa non torna nell’equilibrio politico tutto interno alla coalizione di governo.

Noi riteniamo che adesso dopo l’accelerazione di Panorama proprio il ministro si trovi in un “cul de sac”, sia che il comune venga sciolto per mafia, ma ancor di più se tale evenienza non si verificasse, perché si potrebbe sempre obiettare, che vista la relazione degli ispettori inviati dal governo che sottolineano fatti gravi e propongono lo scioglimento, vi sia stato l’intervento autorevole del ministro per bloccare il successivo decreto. In altri termini: la politica che calpesta il diritto?

Ricordiamo tutti che qualche settimana fa il caso del comune di Fondi, anche se ha avuto molta meno ribalta mediatica, è stato ampiamente discusso nel tavolo del governo, dopo varie sollecitazioni per lo scioglimento da parte del Prefetto di Latina (riportiamo qui prima di questo un articolo tratto dal notiziario Uno Notizie sul caso), ed è stato deciso di non procedere al commissariamento antimafia proprio perché nessuno degli amministratori locali aveva ricevuto alcun provvedimento giudiziario, nemmeno un avviso di garanzia. Questa decisione assume il valore di interpretazione autentica da parte del governo della legge, definita come “lodo Fondi”, che detta la condizione per lo scioglimento dei comuni per mafia: l’iniziativa giudiziaria degli inquirenti che devono concretamente formalizzare in atti tali contestazioni. A Paternò è successo di più. Un arresto di un amministratore, e una dettagliata richiesta inviata al Prefetto da parte della Procura della Repubblica per lo scioglimento.

In ultimo ricordiamo che abbiamo ascoltato le reazioni politiche locali prima dell’insediamento degli Ispettori ministeriali, tutti erano contenti ( sindaco ed onorevole) perché così finalmente si sarebbero fugati i dubbi circa la trasparenza, in tal senso, dell’amministrazione comunale di Paternò . Ma adesso che la certificazione di qualità è stata negata, tutti quelli che al tempo erano felici per l’insediamento della "commissione esaminatrice" della trasparenza amministrativa, oggi che dicono atteso che le cose non sono andate così come loro auspicavano? Si dimettono? Questa sarebbe la via d’uscita, indolore, anche per togliere d’imbarazzo il ministro La Russa che tanto vogliono bene.


SICILIA, MAFIA E ANTIMAFIA, FONDI (LT) E PATERNO' (CT)


FONDI (LATINA) / 24-08-2009

MAFIA /scioglimento del Comune di Fondi atto di giustizia per la morte del grande Capitano della Guardia di Finanza Fedele Conti

FONDI - LATINA (UnoNotizie.it) C'è sul Comune di Fondi, un aspro dibattito che coinvolge ormai direttamente il Parlamento e il capo del Governo Silvio Berlusconi che si ostina a negare lo scioglimento del consiglio comunale nonostante la richiesta avanzata dal Prefetto di Latina e suffragata dalle inchieste della Direzione Nazionale Antimafia.

Un impero di affari e politica dove l'impunità è la regola e la complicità un modus vivendi che ha inaridito il cuore dei cittadini e devitalizzato le loro menti, tanto da rendere il declino morale una sorta di processo irreversibile. Mentre vengono rese pubbliche le trame di interessi che tengono uniti amministratori pubblici ed esponenti della criminalità organizzata, tanto che anche il ministro Maroni si è pronunciato, secondo le ultime notizie, a favore dello scioglimento del consiglio comunale, c'è da parte dell'opinione pubblica un totale disinteresse quasi che la gestione e l' utilizzo delle risorse dello Stato fossero altra cosa rispetto alla vita quotidiana.

C'è il silenzio della Chiesa: i pastori delle anime hanno paura di pronunciare quei nomi che da anni comandano a Fondi e sul consenso clientelare e ricattatorio hanno costruito la loro fortuna politica; c'è la noncuranza delle associazioni giovanili che al contrario dovrebbero auspicare un futuro meno prigioniero ed ostaggio dei ricatti della mafia.

C'è la collusione di gran parte del mondo politico locale, di coloro che non hanno alcuna voglia di mettere al servizio dell'etica e della moralità il mandato che hanno ricevuto dagli elettori, ma vogliono continuare in un sistema dove la legalità non ha ancora il diritto di cittadinanza e la trasparenza non vince la logica dei comitati d'affari che tengono sotto sequestro la libertà e la democrazia.

Per queste ultime è morto il capitano della Guardia di Finanza Fedele Conti.

Erano bastati un paio di mesi nel 2006 per rendersi conto che benchè comandante della Guardia di Finanza di Fondi, aveva in pratica le mani legate, e nel sistema imperante dell'illegalità e dell'impunità, non gli veniva consentito altro se non la sottomissione alla logica dominante per permettere a chiunque di continuare a fare i propri loschi affari.

Il Capitano Fedele Conti aveva capito che in questa variegata consorteria c'erano dentro un po' tutti, e che nessuno aveva il coraggio o l'interesse a rompere questi delicati equilibri perchè venivano messi a repentaglio il potere, gli affari, le carriere e gli investimenti patrocinati dalle robuste presenze sul territorio di forti e riverite famiglie dei clan della 'ndrangheta.

Altro che depressione e delusione d' amore!

Il suicidio del Capitano della Guardia di Finanza è maturato in questo contesto criminale dove la politica del silenzio, delle amicizie e delle collusioni ha consentito ogni tipo di affare, pur di salvaguardare il successo di pochi vip.

Questo Fedele Conti lo sapeva perchè aveva letto fascicoli e rapporti nei quali trasudava tutto il marciume di una società dall'apparenza operosa e perbene.

Nessuno lo ha aiutato, e forse in molti lo hanno scoraggiato, se non addirittura ostacolato o minacciato.

Fedele Conti è morto suicida perchè non voleva essere comprato o corrotto, non voleva essere un pezzo di un sistema politico che aveva sepolto gli ideali di giustizia e legalità per i quali lui aveva indossato la divisa.

Quando sarà sciolto il comune di Fondi sarà resa giustizia ad un uomo che molti hanno voluto dimenticare in fretta, ma noi continueremo a parlarne anche se il suo ricordo infastidisce ancora il sonno di alcuni amministratori locali.

Arturo Gnesi (uno notizie.it)