mercoledì 30 gennaio 2008

Regionali Sicilia - Nania: candidatura Lombardo e' la migliore


Domenico Nania, senatore di An, ritiene che quella di Alfano sia una buona candidatura per la presidenza della Sicilia ma pensa che la "candidatura migliore sia quella di Lombardo, perché una forza come Mpa, che si dichiara autonomista, ha senso se si misura in diretta su quelli che sono i problemi regionali".

"Le dimissoni di Cuffaro rappresentano - ha aggiunto Nania - la prova evidente del rispetto che lo stesso ha nei confronti dei siciliani. Oggi l'impegno della Cdl deve essere quello di trovare un uomo, e penso a Lombardo, capace di dare nuove risposte ai siciliani".

"Il successore ideale di Salvatore Cuffaro alla presidenza della Regione Siciliana? Raffaele Lombardo, peccato che lui non voglia". Per Lino Leanza, governatore facente funzione in pectore e segretario isolano del Movimento per l'autonomia, "non ci sono dubbi": il "candidato giusto per i siciliani" sarebbe proprio il suo leader, attuale europarlamentare e presidente della Provincia di Catania.

"Lombardo - sostiene Leanza - ha tutte le caratteristiche necessarie per essere un eccellente candidato: ha carisma, piena autonomia da Roma e punta soltanto agli interessi della Sicilia e dei siciliani. Purtroppo - rileva Leanza - ha sempre rifiutato la candidatura, e non ha ancora cambiato idea".

martedì 29 gennaio 2008

ITALIA ELEZIONI : LA PAROLA TORNI AL POPOLO, IN LIBERTA'



Circa 10 milioni di italiani hanno firmato nei nostri gazebo per richiedere che il mandato parlamentare torni al popolo. I cittadini italiani vogliono tornare a votare.
Non perdiamo più tempo, l'italia ha bisogno di essere governata dal un Governo forte ed autorevole, per risolvere le questioni urgenti e drammatiche che sono la vera priorità.
Basta bizantinismi e giochi di palazzo, al voto subito.

lunedì 28 gennaio 2008

Crisi: Veltroni in pressing su FI, urne dietro l’angolo


Governo ponte, a termine, di scopo, tecnico, istituzionale, per salvare l’Italia, di responsabilità nazionale, di pacificazione. Nonostante l’impegno dei lessicografi applicati alla politica, per l’eventuale esecutivo successore del governo Prodi e destinato a portare il paese alle urne aumentano le possibili definizioni, non le chance di passare dalle congetture alla realtà. E la penultima giornata di consultazioni al Quirinale non ha diradato le incertezze - anzi, se possibile, le ha incrementate. Tanto che anche quanti insistono sulla necessità di un nuovo esecutivo mirato almeno a modificare la legge elettorale sembrano rassegnati allo scioglimento delle Camere. Mettere l’accento sull’esigenza di un governo a termine - e accusare chi non ne vuole sentire parlare di scarso senso di responsabilità - pare ormai più un anticipo dei temi su cui ruoterà la campagna elettorale che un appello concreto a fermare la macchina del voto. In qualunque modo l’ultima chiamata debba essere interpretata, Walter Veltroni torna alla carica. Ammonisce che non si può sprecare l’opportunità di realizzare le riforme necessarie al paese - in primis quella elettorale - in 8-12 mesi, accusa di irresponsabilità chi dovesse sottrarsi alla sfida (avvisando che i cittadini sapranno con chi prendersela), rimprovera “bizantinismi” a Forza Italia (che accenna a larghe intese dopo il voto) e An (che cambia repentinamente linea sugli errori della sua coalizione e che promuove il referendum elettorale salvo poi affossarlo invocando le elezioni anticipate).

Ancor più diretto l’affondo contro Silvio Berlusconi, sfidato da Veltroni a seguire l’esempio del Partito democratico, correndo da solo alle elezioni. Richiesta “incomprensibile” e volta al depistaggio rispetto al vero nodo della crisi nell’Unione, replicano gli azzurri. An reagisce invece sostenendo che bizantino è chi vorrebbe negare agli italiani il diritto di votare. Nonostante il forcing di Veltroni (che prima ha incontrato per mezz’ora Massimo D’Alema nella sede del Pd e poi a Palazzo Chigi è stato ricevuto per un’ora da Romano Prodi) e quello simultaneo di Luca Cordero di Montezemolo (il quale inoltra una “richiesta disperata” alla classe politica su legge elettorale e riforme), non decolla dunque l’ipotesi di un esecutivo per continuare la legislatura. Il copyright del “governo di responsabilità nazionale” appartiene all’Udc, che oggi ha coniato anche l’espressione dell’esecutivo “di transizione”. Ma i centristi di Pier Ferdinando Casini sembrano i primi a rendersi conto di quanto la strada delle larghe intese pre-voto sia impervia. Soprattutto se gli alti partiti del centrodestra - a cominciare da Forza Italia - continuassero a sbarrarla. Non solo: l’Udc, attraverso una nota di Maurizio Ronconi, prova a sbarrare la strada al progetto di un “governo della salvezza” sostenuto dalla maggioranza di centrosinistra, che per l’occasione rimetterebbe insieme i propri cocci. Anche la richiesta - lanciata oggi dai centristi dopo il colloquio con Napolitano - di inserire “almeno” le preferenze nella legge elettorale prima di andare al voto - un punto sul quale torna a farsi sentire anche Montezemolo - sembra più un appello di bandiera che una proposta convinta da sottoporre a entrambi gli schieramenti.

D’altra parte, Rifondazione, tra le forze della sinistra più risolute nel caldeggiare un governo “di scopo” e “a termine”, avverte che di semplici ritocchi non se ne parla nemmeno: le modifiche - ha rimarcato il Prc dopo l’incontro col presidente della Repubblica nello studio alla Vetrata - devono essere incisive. Sul governo “di scopo” ironizza la Lega, che - prima di lasciare il Quirinale - ricorda come i big dell’Unione finora abbiano recitato il mantra del “se cade Prodi si vota” e ora, per mero interesse di schieramento, abbiano cambiato idea. Anche per un soggetto promotore dell’unità a sinistra come il Pdci guidato da Oliviero Diliberto, decisamente meglio è dare subito la parola ai cittadini. Evitando “pasticci” e “inciuci” - o addirittura “trappoloni” orditi da Berlusconi - dannosi per i lavoratori, come insegna l’esperienza del governo presieduto da Lamberto Dini nel 1995. Il protagonista di quell’esperienza considera opportuno un “breve governo” per modificare la legge elettorale, ma non si fa troppe illusioni. Precisando comunque che entro giugno si deve andare al voto. Insomma, la convocazione dei comizi elettorali è dietro l’angolo. Anche se a una personalità istituzionale - i rumours di palazzo sono sempre incentrati su Franco Marini, ma la Velina rossa, di simpatie dalemiane, scommette su Giuliano Amato - potrebbe essere assegnato un mandato esplorativo. Che, per rispetto verso il capo dello Stato, difficilmente sarebbe rifiutato in partenza. Ma di qui a trovare una quadra sulla legge elettorale il passo è lungo.

Date le circostanze, assegnare un mandato esplorativo è legittimo ma rischia di rivelarsi solo “una perdita di tempo”, ammonisce Umberto Bossi. I referendari, che temono un rinvio della consultazione da loro promossa, giocano le ultime carte puntando su Gianfranco Fini, cui ricordano che votare i quesiti ad aprile non impedirebbe di tenere le elezioni politiche entro giugno. Ma il loro pressing non produce risultati. Fini, anch’egli protagonista della tornata odierna di consultazioni, capovolge poi l’argomento secondo cui un autorevole esecutivo di transizione consentirebbe all’Italia di fronteggiare la crisi economica all’orizzonte: “L’Italia - dice il presidente di An - ha bisogno di un governo e di una maggioranza politica che risolva rapidamente i problemi relativi alla sicurezza, ai salari delle piccole e medie imprese. Oggi non c’è una siffatta maggioranza politica”. Si ridimensiona intanto la querelle sulle possibili nomine in extremis del governo Prodi: il portavoce dell’esecutivo e del premier, Silvio Sircana, assicura che “il governo non intende né mai ha inteso procedere ad alcuna nomina, tranne le poche di carattere amministrativo che risultassero inderogabili”. Puntualizzazione accolta con soddisfazione - ma anche con un filo di diffidenza - dal centrodestra. Domattina sul Colle saliranno le delegazioni di Forza Italia e del Partito democratico: a sera il quadro, per Napolitano, dovrebbe essere chiaro.

domenica 27 gennaio 2008

Sicilia, totonomine: spunta la Prestigiacomo, in pole Lombardo


Le dimissioni di Salvatore Cuffaro, previste da mesi come lo stesso governatore ha ammesso, avvengono in un momento molto difficile per la politica siciliana e, soprattutto, per la sinistra. Il toto candidato alla carica di presidente della giunta regionale è partito da tempo, ma mentre nella Cdl i giochi sembrano fatti, il Partito democratico deve fare i conti con una situazione molto più frammentata, al proprio interno, e con gli alleati. Cuffaro sarà determinante per la scelta del candidato di centrodestra e farà valere tutta la sua forza elettorale e politica perché a succedergli sia Raffaele Lombardo. Il presidente della provincia di Catania ed eurodeputato, pur avendo lasciato l’Udc tempo fa per insanabili contrasti politici con l’ex segretario Marco Follini, ha mantenuto intatto il suo rapporto con il presidente della Sicilia che ha continuato ad appoggiare con il suo nuovo partito l’Mpa, il Movimento per le autonomie. Lombardo può anche contare sui buoni rapporti con Silvio Berlusconi e con settori consistenti di FI. La sua candidatura potrebbe essere ostacolata soltanto da quella di Gianfranco Micciché, l’ex coordinatore di FI e attuale presidente dell’Assemblea siciliana. Ma la probabile concomitanza con il periodo in cui si svolgeranno le elezioni politiche nazionali e l’aspettativa di un successo del centrodestra fanno pensare che Micciché sceglierà di ritornare a Roma, questa volta per fare il ministro. Altri forti candidati all’orizzonte il centrodestra non ne ha, anche se Micccichè ha ipotizzato la discesa in campo di Stefania Prestigiacomo: "In questi giorni mi sono reso conto di volere a Cuffaro più bene di quanto non pensassi”, ha dichiarato al nostro blog, “escludo categoricamente – ha aggiunto -la mia candidatura a presidente. La Sicilia ha bisogno di una persona giovane e che abbia già dimostrato di essere capace di governare, integra e con la voglia di lavorare tanto. Meglio se donna. Io non so se Stefania Prestigiacomo sia disponibile. Comunque se non fosse Stefania dovrebbe essere una identitica a lei”. Quanto alla sinistra la situazione è molto più problematica.

Rita Borsellino ritiene che la sinistra le debba offrire una seconda chance. Battuta due anni fa da Cuffaro chiede di potersi candidare ma trova fortissime resistenze all’interno del Pd e fra i partiti minori del centrosinistra. Nel Pd, soprattutto fra i settori degli ex democristiani, che poi rappresentano la maggioranza, la sorella del magistrato ucciso dalla mafia non trova molti alleati: la considerano troppo giustizialista e di non avere un appeal politico tale da attirare i voti degli ex democristiani, indispensabili per vincere. Contro la Borsellino si schiera apertamente Leoluca Orlando del partito di Antonio Di Pietro. Anche lui chiede una rivincita - fu sconfitto anche lui sette anni da Cuffaro - ritenendo che le condizioni siano mature per battere il centrodestra ammaccato, secondo lui, dalla vicenda Cuffaro. Il Pd, una vota scartata per la sua indisponibilità la candidatura di Anna Finocchiaro, il capogruppo al Senato, a questo punto e dovendo scegliere in fretta perché la campagna elettorale sarà molto breve, avanza la candidatura di Francantonio Genovese, attualmente segretario del Pd isolano. Con agganci nel mondo imprenditoriale molto vasti, l’ex sindaco di Messina - grazie ai voti anche dell’Mpa di Lombardo - si ritiene possa rappresentare la discontinuità e pescare molti voti fra gli elettori di centro. Tranne che Sergio D’Antoni, l’ex segretario della Cisl, non decida di fare il grande passo e puntare sul governo della Sicilia. Fino ad oggi nonostante le sollecitazioni ha sempre risposto negativamente, ma se dovesse ritenere che elezioni politiche nazionali non saranno favorevoli al centrosinistra, questa volta potrebbe forse scommettere su un suo impegno nell’Isola.

D'Alema apre a Berlusconi: Governiamo assieme


(L'Unità) Fiducia a Veltroni. Massimo D’Alema è all’Auditorium Massimo di Roma a celebrare i dieci anni della fondazione ItalianiEuropei. Insieme a lui ci sono Giuliano Amato, Livia Turco, Enrico Letta, Pierluigi Bersani, Luciano Violante, Antonio Bassolino e almeno 5 mila spettatori. Manca Walter Veltroni, ma, è ovvio, è soprattutto di lui che si parla. E ai molti che nei giorni della crisi di governo hanno attaccato il segretario del Pd accusandolo di aver accelerato la crisi, D’Alema risponde secco: «È evidente che chi ha eletto Veltroni deve conferirgli, oggi più che mai, quella delega di autorità e fiducia di cui c'è bisogno in questo momento».

L’intervento di D’Alema è tutto rivolto all’unità, allo stemperare le tensioni, a superare quella «crisi che si manifesta anche con il venire meno delle ragioni dello stare insieme, con il prevalere degli interessi particolaristici rispetto agli interessi di tutti». Un’iniezione di coraggio, insomma, proprio ora che si apre «la sfida non facile e sicuramente lunga per ricostruire un progetto di Governo della sinistra democratica».

D’Alema ci crede e crede anche che Veltroni «non ascolterà i consigli di chi, principale consigliere del suo avversario, lo invita a condurre la guerra nei confronti di quelli che lo hanno eletto». Parla di Giuliano Ferrara e dei quotidiani consigli che il direttore de Il Foglio manda al leader del Pd, esortandolo a fare un partito senza tessere, senza correnti, un partito super “leggero”. «Noi – dice D’Alema – vogliamo che il partito formi e selezioni la propria classe dirigente, altrimenti la politica perde di autonomia culturale e le idee gli vengono da altri poteri». Ma non è l’attaccamento a un’idea “vecchia” di partito, vuole precisare, D’Alema, «non siamo una corrente o un centro di potere, vogliamo continuare ad essere un laboratorio per la ricerca di soluzioni nuove».

Bene, ma come uscire dalla crisi? Il Pd vuole «un Governo per salvare il Paese» e D’Alema si dice disponibile «senza pregiudiziali». Anche all’intesa con Berlusconi quindi, anche se, immagina D’Alema, «abbiamo dubbi che il nostro appello al senso di responsabilità possa essere accolto», perché «la bramosia di tornare al potere» è «più forte degli interessi del Paese». La «resa dei conti elettorale» lo preoccupa, soprattutto perché «chi la progetta, lo fa per calcolo di parte». Ma se elezioni saranno, «il Pd è pronto». «Rispetterà la propria vocazione maggioritaria - spiega ancora D'Alema - ovvero presenterà un programma di governo per il paese e farà accordi con chi condividerà l'impostazione programmatica». E se andrà male, chiosa l'ex vicepremier, «torneremo a fare quello cui siamo addestrati da una vita. L'opposizione».

D'Alema apre a nuovi scenari, quindi, anche se la lettura del braccio destro di Veltroni, Goffredo Bettini, non raccoglie nuove ipotesi: «Il discorso di oggi di Massimo D'Alema aiuta anche in modo decisivo il rafforzamento dell'unità del gruppo dirigente del Pd in questa fase e rafforza la larga sintonia politica che si sta realizzando attorno alla linea che Veltroni ha proposto per affrontare la crisi del governo Prodi e per evitare la sciagurata soluzione di elezioni anticipate».

sabato 26 gennaio 2008

CUFFARO SI DIMETTE


E' iniziata la seduta straordinaria dell'Assemblea Regionale Siciliana per "Comunicazioni Urgenti del Presidente della Regione". Si pensa alle dimissioni di Totò Cuffaro dopo che il Governo Nazionale aveva sul tavolo il decreto di rimozione. Per evitare tale gesto e le svariate contestazioni che provengono da ogni parte l'atto di responsabilità è atteso per stamattina. Il panorama politico si fa sempre più intenso. In primavera, in Sicilia, si potrebbe votare per tutto, Provinciali, Regionali e Nazionali.

Salvatore Cuffaro ha annunciato le sue dimissioni «irrevocabili» davanti all'Assemblea regionale siciliana, dopo la condanna a cinque anni di reclusione per favoreggiamento. «Non potevo essere un fattore di divisione, francamente preferisco la via dell'umiltà. Lo faccio per coerenza, per non tradire quegli ideali ai quali sono stato educato, lo faccio per la mia famiglia e lo faccio come ultimo atto di rispetto verso i siciliani, che in questi anni ho servito con dedizione, semplicità e con quella onestà che sono certo mi verrà completamente riconosciuta». Così il presidente siciliano ha motivato la sua decisione. «Mi batterò in tutte le sedi, per l'affermazione della verità sostanziale, a difesa della mia vita pubblica e privata» ha aggiunto Cuffaro.

venerdì 25 gennaio 2008

PATERNO' : QUESTIONE MORALE

Fine corsa per Prodi, il Cav.: Subito alle urne


Il governo Prodi non ha ottenuto la fiducia al Senato: 161 i no (tra cui quelli di Dini, Fisichella e Mastella), contro 156 sì. Dopo il voto, il premier si è dimesso. Oggi il capo dello Stato avvia le consultazioni. La seduta del Senato ha avuto momenti drammatici, con risse e sputi. Il senatore Cusumano (Udeur), dopo aver annunciato il “sì” in contrasto con il partito, è stato aggredito e ha avuto un malore. “Lo schianto c’è stato – scrive Massimo Franco sul CORRIERE DELLA SERA -. Rovinoso, rumoroso, e tale da mandare in pezzi ciò che restava dell’Unione. Il suicidio annunciato del centrosinistra si è consumato ieri notte in un Senato teatro per l’ennesima volta di risse, insulti, psicodrammi. Romano Prodi, seppellito da 161 ‘no’ rispetto a 156 ‘sì’, osserva le macerie del proprio governo con aria accigliata. Eppure, forse se ne compiace inconsapevolmente. Anche perché è stato lui a scegliere di sfidare l’aula. Ed aveva messo nel conto la bocciatura. Prodi lo ha fatto, raccontano gli alleati maligni, perché non era certo di riottenere l’incarico per palazzo Chigi. Sapeva e sa che Giorgio Napolitano farà di tutto per prolungare la legislatura e cambiare la legge elettorale. Ma il calcolo dell’ormai ex presidente del Consiglio è che neppure il Quirinale riuscirà a compiere il miracolo. E dunque si andrà alle elezioni anticipate. E lui, Prodi, si godrà a distanza la disfatta della ex Unione; e la rivincita di Silvio Berlusconi, l’arciavversario. E pensare che nel suo antiberlusconismo esistenziale, unito ad un ego ben sviluppato, il Professore tende a presentarsi come l’ultima trincea della democrazia in Italia: un baluardo oltre il quale scatterà una deriva a destra senza redenzione. Il paradosso è che, dicendo di volere esorcizzare un finale così disperante, Prodi ha finito per costruirlo giorno per giorno senza rendersene conto. L’ostinazione ad andare al Senato comunque rappresenta l’ultimo colpo di acceleratore. Riconsegnare in nemmeno due anni l’Italia a Berlusconi, perseguendo l’obiettivo opposto: è questo il paradosso col quale Prodi e il centrosinistra in pezzi potrebbe presto fare i conti. Ma in fondo, l’ossessione antiberlusconiana è stata anche l’eterno limite dei nemici del Cavaliere. Si può pure dare la colpa del disastro alla defezione fra l’emotivo e il furbesco di Clemente Mastella; oppure agli scarti del Pd di Walter Veltroni, desideroso di costruirsi un’identità diversa, se non in conflitto con quella del premier; o all’incompatibilità fra sinistra radicale e schegge centriste dell’Unione. Si torna comunque al vizio d’origine di una coalizione messa su per battere Berlusconi, non per governare. Il guaio, per la ex maggioranza al governo dalla primavera del 2006, è che riemerge dall’esperienza ridotta in brandelli. Non esiste più, e la resa dei conti non si è nemmeno iniziata: si intravede solo la scia di acrimonia che Prodi lascia dietro di sé. Le maschere disfatte di alcuni senatori dell’Udeur che si insultano a palazzo Madama, storicamente l’’aula nobile’ del Parlamento, sono un brutto viatico per il futuro. E la forzatura decisa ‘per coerenza’ da Prodi ha creato il gelo fra lui e Napolitano. Se pure il Quirinale riuscirà a rimettere insieme un governo istituzionale, fotograferà equilibri politici morti; e un sistema sull’orlo della delegittimazione. L’ipotesi è quella di un esecutivo a tempo, obbligato ad affidarsi alle formule più contorte della Prima Repubblica; ma è un’ipotesi tutta da verificare. Se Napolitano riuscirà ad ottenere l’astensione benevola dell’opposizione, o un qualche accorgimento ancora da inventare per fare la riforma elettorale e votare nel 2009, bisognerà essergliene grati. Il fronte ostile all’interruzione della legislatura è largo; ma anche frastagliato e intimidito, dopo il modo in cui Prodi ha voluto chiudere la propria esperienza. Oggettivamente, i margini per riprendere il controllo della situazione si sono assottigliati drasticamente. Già si parla di elezioni all’inizio di aprile, come se tutte le tappe che da oggi il Quirinale studierà fossero bruciate in anticipo. Non è escluso che in quel caso a portare l’Italia al voto sia Prodi, premier uscente. Probabilmente, Berlusconi se lo augura: i più spaventati da questa prospettiva sarebbero alcuni alleati del Professore”.

martedì 22 gennaio 2008

DI PIETRO: "Denuncerò Mastella e Fabris"


"Mastella, Fabris e altri esponenti dell'Udeur stanno facendo a gara nello spargere fango su di me e sull'Italia dei Valori - scrive sul suo blog Antonio Di Pietro - Il principio è sempre lo stesso, se loro sono colpevoli, allora anche gli altri lo devono essere. L'Udeur ha deciso di uscire dalla maggioranza decretando la caduta del Governo. Lo ha fatto perchè sapeva che una mozione di fiducia alla famiglia Mastella non sarebbe mai passata. Lo ha fatto perchè costretta dagli avvenimenti".


"Io -assicura Di Pietro- mi impegno a non lasciare cadere nessuna calunnia da parte di questi signori e nei prossimi giorni preparerò la prima causa nei loro confronti. Nelle aule di tribunale i signori Mastella e Fabris dovranno provare le loro accuse sulla condotta del ministero delle Infrastrutture, dell'Anas e del comportamento tenuto dall'Italia dei Valori durante la campagna elettorale. Voglio ricordare all'Udeur -conclude Di Pietro- che l'Italia dei Valori ha candidato soltanto persone senza precedenti penali. Per noi una condanna non è un merito come avviene per altri partiti".

lunedì 21 gennaio 2008

PATERNO’ : BASTA FESTE E FESTINI METTENDO LE MANI IN TASCA AI CITTADINI PARTE 2°

INTERVIENE IL CAPOGRUPPO DEL MpA ALFIO VIRGOLINI

Il nostro articolo del 27 dicembre che faceva generico riferimento ad una virtuosa gestione delle risorse finanziarie comunali, è stato casualmente ripreso. Con una nota il capogruppo del MpA Alfio Virgolini, con puntuale disamina ha reso a Failla (sindaco di Paternò) una missiva che precisa le manchevolezze rispetto alla gestione poco virtuosa dell’amministrazione.

Ammontano a circa tremilioni di euro, questo è il conto che riporta Virgolini da una indagine fatta presso gli uffici comunali, le somme che l’amministrazione potrebbe risparmiare e/o ricavare se solo avesse “maggiore concretezza” e a quali risparmi e quali possibili entrate tra costi di mantenimento che gravano sul bilancio comunale e benefici che trarrebbe attraverso una buona gestione della cosa pubblica, molte volte anche se costretti, attraverso l’incentivo al personale dipendente con progetti finalizzati”.

Dodici sono i punti sottolineati da Virgolini e tra questi: concessioni di diritto di proprietà e vendita di terreni compresi in zona PEEP; razionalizzazione sull’utilizzo degli impianti sportivi; censimento di passi carrabili; razionalizzazione del personale e delle unità operative (attualmente 20 ma basterebbero solo 5 aree) riordino delle pubbliche affissioni, tosap e recupero delle somme alla S.Giorgio per 600.000 euro; ottimizzazione gestione delle strisce blu; vendita delle case popolari comunali; recupero dell’ICI sui terreni edificabili; affidamento della piscina comunale ad associazioni riconosciute dal CONI; censimento e vendita di tombe e loculi del cimitero storico; recupero delle somme di tante cooperative edilizie per cessione aree edificabili.

Ci sembra una buona base di inizio per cercare di rendere virtuosa questa amministrazione che in effetti oggi non lo è. Non bisogna scegliere la strada più breve, più facile, che è quella di nuove imposizioni nei confronti dei cittadini. Fate i bravi amministratori e se non ci riuscite liberate la città.

A questo proposito interviene anche il capogruppo di F.I. Daniele Venora che con suo commento ci dice: “Non è detta l'ultima parola (rispetto alla istituzione dell’addizionale IRPEF); per fortuna esiste ancora la giusta dialettica consiliare che certamente riporterà nel più corretto ambito della riflessione sulle strategie complessive dell'Amministrazione Failla la questione dell'istituzione della nuova imposta.
Solo un'attenta analisi sull'effettiva potenzialità delle risorse patrimoniali, unitamente ad un necessario rigore nella razionalizzazione della spesa, potrà rendere evidente se in effetti a Paternò è proprio indispensabile introitare l'addizionale IRPEF, ovvero ricorrere a strumenti riorganizzativi di natura economico finanziaria che equivalgano il beneficio per l'Ente senza mettere "... le mani nelle tasche dei cittadini...".

Staremo a vedere, vigili come sempre, ma come abbiamo letto alcune giuste e sinergiche risorse ci sono in Consiglio. Viva la Repubblica di Paternò

INTERVENTO DI GIUSEPPE CASTIGLIONE SU AMMINISTRAZIONE VIRTUOSA


Giuseppe Castiglione, in occasione della presentazione del libro “Gli Impuniti” di Caporale è intervenuto sulle difficoltà che insorgono nelle amministrazioni locali: purtroppo, questi casi di amministrazione non virtuosa rappresentano una realtà meridionale sprecona ed incapace di decidere. Però, ha precisato, esistono anche alcuni esempi di buona amministrazione che non vanno taciute, e prendendo ad esempio dalla sua esperienza di amministratore, come assessore regionale all’industria, ha detto che spesso è la mancanza di coraggio, ed il deficit di sostegno da parte dell’ambito in cui si opera, che può bloccare processi virtuosi che si muovono verso il cambiamento culturale nella gestione della cosa pubblica. La chiusura, la liquidazione, la vendita, per esempio, delle aziende a partecipazione regionale che bruciavano risorse pubbliche ingenti, se non si avesse avuto il coraggio di dismetterle, andando contro interessi clientelari ben riscontrabili, chiudendo una voragine di spesa passiva nel bilancio della Regione, si sarebbe ancora oggi alle prese con la produzione di leggine di sostegno economico nei confronti di migliaia di lavoratori da pagare senza nessuna produzione.

Quindi, secondo Castiglione, occorre ribaltare una cultura politica che attanaglia il meridione e la Sicilia, e recuperare a tutti i livelli l’etica nella gestione.

In riferimento, poi, alla politica d’intervento finanziario europeo, Castiglione ha sottolineato che occorre una seria programmazione per utilizzare le risorse, che sono tante quelle destinate alla Sicilia, per creare le infrastrutture necessarie ad uno sviluppo al passo coi tempi della nostra terra, accennando, per esempio, alle scelte fatte in questa direzione dalla Spagna e dal Portogallo, che utilizzate al massimo hanno consentito a questi Paesi di creare importanti infrastrutture. In Sicilia, sembra quasi che, le questioni inerenti questa materia non vengano affrontate e gestite come meritino, nella prospettiva di recuperare il gap di servizi e infrastrutture che l' Isola ha nei confronti del resto d’Italia.

domenica 20 gennaio 2008

IN ATTESA DEL D-DAY


Il leader del Pd sembra non avere dubbi e lancia un segnale a Berlusconi e alla sinistra radicale: Con qualsiasi sistema elettorale, il Pd correrà da solo”.

Walter Veltroni, inoltre, chiede al Cavaliere di ammettere “con lo stesso coraggio” che “con Udc, An e Lega ci sono delle differenze”. A stretto giro arriva la replica del leader di Forza Italia: “Se anche noi correremo da soli? Vedremo. La situazione nella sinistra è molto diversa da quella del blocco liberale: deve fare i conti con la sinistra estrema, radicale e antagonista mentre nel centrodestra esiste una comunione di valori che è certamente diversa”. Commenti anche dalla sinistra. Rifondazione prima ritiene il Pd come “il più potente fattore di instabilità”, poi, attraverso il segretario Franco Giordano, afferma che quella di Veltroni è “una sfida che va raccolta positivamente perché apre un confronto fra due modelli diversi di governo e di trasformazione della società e rende più urgente e imperativa la necessità di dare vita a un soggetto unitario e plurale della sinistra”. Non ne vuol sapere Rosy Bindi, che ha creato l’associazione “Democratici per l’Ulivo”: “Preferisco siano gli elettori a scegliere la legge elettorale piuttosto che affidarmi al segretario. I senatori della nostra componente non voteranno la bozza Bianco”. Secondo il leader di An, Gianfranco Fini, Berlusconi non abboccherà alla proposta di Veltroni: “Rinnegare i valori unitari della Cdl sarebbe per Forza Italia un suicidio politico oltre che elettorale”. Quasi rassegnato Francesco Rutelli: “Il referendum sta portando al redde rationem, probabilmente forzerà verso l'epilogo della legislatura”.

Adesso, carcerateci tutti

Nel calvario di queste ore abbiamo letto e rianalizzato decine di volte, documenti, atti bollati, dichiarazioni, commenti di illustri ed autorevoli commentatori; ebbene, nella maggioranza dei casi, ciò che colpisce è la descrizione dell’Udeur campano, e non solo, da parte della Procura di Santa Maria Capua Vetere, come una centrale del malaffare, della corruzione, una sorta di officina, in buona sostanza, atta e tesa solo a delinquere, dove il segretario nazionale, Clemente Mastella è una sorta di padrino, il capo di una cupola che controlla collaboratori, impartisce ordini, condiziona la vita sociale e politica di una comunità. Questa analisi – che rigettiamo con forza e sdegno – ci impone una riflessione, seppur amara, e dettata, fors’anche dall’emotività del momento, dall’amarezza, che però, non fa velo sulla nostra lucidità di giudizio: se il segretario nazionale dei Popolari-Udeur è il capo di questa pseudo cupola dell’intrallazzo, allora anche tutti noi, collaboratori, iscritti, e perché no, simpatizzati, siamo suoi affiliati, complici di un disegno criminoso, sostenitori di una azione malvagia che si nutre delle sventure e delle disavventure di migliaia di vergini della politica. Ebbene, se questo è il convincimento, il teorema che la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha messo in atto con il tintinnar della manette di antica memoria, allora noi diciamo a gran voce, arrestateci tutti! Sì, arrestateci tutti ...

Paolo Festucia

sabato 19 gennaio 2008

Il Procuratore della Repubblica che ha arrestato la moglie di Mastella

Semplicemente ridicolo, macchietistico, in malafede lo spettacolo reso da Mariano Maffei. Vi rendete conto che gente come questa decide se mandare o no i cittadini in galera. E chi amministra la giustizia? Mi vergogno di essere italiano. Altri commenti sono perfettamente inutili.

Ora, si pensi a un magistrato che inquisisca un membro eletto del Parlamento, per di più ministro, e ancora di più della giustizia, per una banale differenza di opinione circa l’azione politica del rappresentante del popolo sovrano: è una questione molto seria. Se non fosse che il PM è parente di una delle parti in causa, il famoso uomo morto di cui parla proprio Sandra Lonardo (moglie di Mastella).

«Uè, non starete mica reccistrand?». Il procuratore schizza in piedi come un tarantolato. Si accorge che le telecamere sono accese. Sbarra gli occhi, s’abbottona la giacca, s’aggiusta gli occhiali: «Ma scusate! Maronna mia, mi fate un fegato così!».
Pensi alla figura storica del magistrato e ti viene in mente l’austero signore con la toga e il parruccone in testa, il codice in una mano e la bilancia nell’altra, quello che affronta il suo delicato ufficio con riserbo, che decide sulla vita delle persone, che dosa le parole, quasi le sussurra. Poi accendi la tv e vedi Mariano Maffei: «Uè, mò ve lo do io il comunicato! Maronna... Mò querelo tutti!». E allora pensi: ho sbagliato canale? Sono sintonizzato sul telegiornale, o su un classico della commedia all’italiana?
No perché i requisiti ci sono tutti: brevilineo, fronte aggrondata, gli scatti d’ira improvvisi, e poi quella mistura lessicale di termini giuridici con badilate di dialetto. Dobbiamo concludere che il procuratore di Santa Maria Capua Vetere non è solo un magistrato: è un caratterista fatto e finito. Di più: è l’icona di un tipo italiano. Certo: spesso l’apparenza inganna, ma in questo caso l’apparenza travolge. Direi quasi emoziona. Come ti può emozionare uno sketch di Nino Taranto o il Sarchiapone di Walter Chiari. Con una piccola differenza: quella è finzione, mentre questa è realtà. E la realtà è fatta di arresti, manette, reputazioni e vite rovinate.
Mai se lo sarebbe aspettato, a 70 anni suonati, di cui 44 in magistratura, di diventare l’uomo del momento. E pensare che gli mancavano dieci giorni alla pensione, tant’è che lo stress si fa sentire: «Ho tre bypass di cui uno otturato, e un’embolia all’occhio sinistro». Pare che un occhio, giudiziariamente parlando, l’abbia chiuso pure col nipote, il presidente della Provincia di Caserta De Franciscis. L’avete letto sul Giornale: due pesi e due misure. Ma lui ribatte a modo suo: «Parente, non parente, i’ nun rispondo, pecché ci sta ’a polemica».

Fateci caso: neanche il più grande sceneggiatore di Carosello avrebbe potuto scrivere una frase così. E il punto è proprio questo: Maffei è il magistrato che non t’aspetti, è troppo bello per essere vero. Non a caso il video della sua conferenza stampa inaugurale è già cult. Su You Tube ha toccato quota sedicimila visitatori. C’è pure la parodia musicale, il «Mariano-Rap», con le invettive a tempo di musica: «Uè, mò facciamo l’interrogatorio!».
Che sia già diventato un idolo postmoderno, è dunque indiscutibile. Che poi sia pure un procuratore senza macchia, non possiamo dimostrarlo. Mastella, che certo non gli vuole bene, si limita a definirlo «macchietta»: uno che su Repubblica ha parlato con la delicatezza d’un elefante in una cristalleria. Clemente? «Lo querelo». La riforma giudiziaria? «L’hanno approvata con la fiducia, è un sistema dittatoriale, o Dio Santo, il mio fegato si fa così!». Capito? «Sistema dittatoriale». Alla faccia del reciproco rispetto tra poteri dello Stato. Ma con lui te ne devi fare una ragione: ogni sillaba ti disarma, e non sai se ridere o piangere. Al pensiero d’averlo come compaesano, ti tieni la pancia dalle risate. Poi pensi che potresti averlo come accusatore in tribunale. E lì non ridi più.


venerdì 18 gennaio 2008

Condannato ma cade l'accusa di mafia, Cuffaro resta al suo posto

Il governatore della Sicilia non è associato alla mafia, ma ha favorito, secondo i giudici di primo grado, l'imprenditore Michele Aiello (condannato per associazione mafiosa a 14 anni solo oggi) aiutandolo nelle sue attività e nei suoi rapporti con le istituzioni regionali. Per questo è stato condannato a cinque anni, ma è caduta completamente l’accusa di aver favorito il boss Giuseppe Guttadauro e di aver intrattenuto con lui rapporti per poter avere in cambio i voti dei Cosa Nostra. Totò Cuffaro ha salutato con molto sollievo la decisione dei giudice della terza sezione penale del tribunale di Palermo che ha escluso ogni sua adesione, o complicità, alla mafia ed ha confermato che ritornerà già domani a fare il presidente della regione, in attesa del giudizio d’appello per cancellare la condanna a cinque anni e alla interdizione dai pubblici uffici per gli anni equivalenti alla pena (che scatterebbe tuttavia soltanto dopo l'ultimo grado del giudizio). Si chiude così dopo tre anni una vicenda che aveva fatto registrare scontri durissimi all’interno della stessa procura della Repubblica di Palermo. Fu l’allora capo della procura Pietro Grasso ad imporre ai suoi piemme di chiedere il rinvio a giudizio per favoreggiamento e non per concorso esterno in associazione mafiosa. Contro il procuratore si schierarono con una polemica violentissima buona parte dei suoi piemme e la sinistra. Grasso aveva visto bene ed i giudici gli hanno dato ragione. Cuffaro dovrà adesso in appello difendersi dall’aver favorito Aiello, ma è tutta un’altra storia.

ULTIMORA: POLITICA

L'Udeur minaccia la crisi se lunedi' la maggioranza non votera' una mozione che appoggia quanto detto alla Camera sulla giustizia da Mastella. 'Se la maggioranza non vota una mozione di totale condivisione con quanto detto dal ministro Mastella in Aula - spiega il capogruppo Fabris - e cioe' una formula del tipo ascoltata la relazione del governo la si approva, non c'e' piu' la maggioranza non solo numerica ma politica. I nostri voti non si contano piu''.

FARLOCCOLANDIA: OVVERO LA MAFIA DELLE BANCHE

Farlocco è un termine dialettale tipico nel Nord Italia utilizzato per individuare un'operazione fasulla o peggio ancora falsa, frutto generalmente di un imbroglio o una truffa. Farloccolandia è il nomignolo che mi sento di dare al nostro paese sulla base del comportamento del suo sistema bancario e parabancario. Sembra infatti che a distanza di qualche anno si stia riproponendo lo Schema Parmalat nella sua piena onnipotenza. In che consisteva lo Schema Parmalat, per chi non lo sapesse ancora? Molto semplice: quando una banca si rendeva conto che il prestito effettuato alla nota azienda di Collecchio era ormai inesigibile o inescutibile, allora si inventava una emissione obbligazionaria cartolarizzando il credito vantato alla Parmalat e si offrivano le fenomenali tranche obbligazionarie al pensionato babbaleo di turno. In questo modo si trasferiva il rischio di insolvenza (tipico dell'attività bancaria) sulle tasche dei suoi ignari correntisti o investitori.

Nonostante i drammatici appelli delle associazioni di consumatori all'interno di qualche talk show e le promesse farlocche della politica per un sistema bancario più serio ed onesto, lo Schema Parmalat è stato rispolverato e messo alacremente in catena di montaggio. Proprio come hanno fatto con i debiti della Parmalat adesso stanno facendo altrettanto con i mutui: infatti, le banche intuendo con largo anticipo i primi segnali di indigenza economica e di insolvenza finanziaria piuttosto diffusi nelle famiglie italiane, hanno provveduto a trasferire i mutui recentemente erogati negli ultimi anni dentro la pancia di qualche cosiddetto fondo di investimento immobiliare. Questi fenomenali fondi sono stati successivamente offerti a risparmiatori, fondi pensione o addirittura altri fondi di fondi, con la garanzia che si trattassero di investimenti a capitale protetto in virtù delle ipoteche che gravavano sugli immobili sottostanti ogni richiesta di mutuo.

Questa operazione è nota con il nome di cartolarizzazione, anche se per i risvolti indiretti che ha ed avrà sui vostri portafogli, sarebbe opportuno chiamarla sodomizzazione. Ancora una volta quindi, il sistema bancario scarica il suo rischio e le sue nefandezze sulle tasche di povere persone oneste inconsapevoli di quello che stanno per sottoscrivere. Quello che fa tuttavia terribilmente ribollire il sangue è sapere che la maggior parte degli istituti di credito continua a proporre ancora interventi integrali (quindi mutui al 100 %) per l'acquisto di immobili, nonostante quanto accaduto la scorsa estate e nonostante il mercato immobiliare sia visto profondamente in crisi per i prossimi anni. Ma allora per quale ragione si persevera a finanziare l'acquisto della prima casa a persone già in difficoltà ed indigenza economica, sapendo che stiamo andando incontro ad una voragine finanziaria che si trasformerà presto in una deflazione stile 1929 ?

Il profitto indiscriminato è la risposta a questa domanda. Adesso si riesce a percepire addirittura la volontà (quasi politica) a finanziare per il 100 % solo i più morti di fame (extracomunitari senza denaro in tasca, precari a singhiozzo, ragazze madri in aspettativa) perchè solo a loro si possono proporre le condizioni di indebitamento fuori dalla media di mercato (e quindi più remunerative per la banca che le concede). Eh sì, perchè vi è una sostanziosa differenza tra un mutuo erogato all'EURIBOR + 2 punti di spread ed uno erogato con appena mezzo punto di ricarico ! Di questi mutui e del loro periodico rimborso le banche non si preoccupano più di tanto, in quanto non appena hanno incassato finanziariamente le prime sei rate, questi fenomenali banchieri prendono il mutuo, lo cartolarizzano e lo piazzano sul mercato del risparmio gestito !

Addirittura esistono casi sempre più frequenti in cui l'importo del mutuo è calcolato sommando il costo dell'immobile con gli oneri di rogito e le prime sei rate del mutuo stesso ! Della serie: oltre al prestito, ti anticipo anche le prime sei rate, in questo modo sono sicuro che potrò cartolarizzare il mutuo senza grane o lungaggini in quanto il mutuo risulterà essere intestato ad un buon pagatore ! Sempre parlando di farlocchi, è doveroso sottolineare di quanto siano sempre più spesso gonfiate le perizie degli immobili oggetto di compravendita, le quali devono rappresentare un valore di mercato significativamente congruo per giustificare in taluni casi interventi addirittura superiori al 100 %. La fantasia a questo punto diventa il vero unico limite, infatti mi sono stati rappresentati comportamenti molto discutibili da parte di qualche circuito di franchising immobiliare che riesce misteriosamente a far lievitare persino l'imponibile della dichiarazione dei redditi del richiedente il mutuo, pur di far deliberare il finanziamento nel pieno rispetto del rapporto di congruità tra il peso della rata ed il reddito mensile effettivamente percepito.

Per questo motivo il crash che colpirà le principali economie sarà devastante, forse con un potere di detonazione addirittura superiore al passato 1929, in quanto grazie all'operato farlocco del sistema bancario adesso abbiamo fondi di investimento e fondi pensione che hanno nella loro pancia tutti questi mutui farlocchi destinati ad essere non pagati nel lungo termine con una garanzia immobiliare legata al valore di presumibile realizzo pesantemente contraffatta. In buona sostanza sono a rischio proprio investimenti che dovrebbero garantire il capitale protetto, ma per ovvie ragioni di architettura finanziaria non possono più esserlo. Ecco perchè la scorsa estate abbiamo visto fondi monetari perdere il 4 % in una settimana, rendimenti assolutamente incompatibili dal punti di vista tecnico, in quanto un fondo di liquidità non può per definizione essere soggetto ad una contrazione di valore di tale entità. Se però alcuni fondi immobiliari nati dalla cartolarizzazione forzata di mutui ad intervento integrale vengono spacciati per fondi monetari, grazie alla compiacenza delle agenzie di rating, allora tutto diventa possibile. Anche una sommossa popolare od un colpo di stato.

L'ULTIMO APPELLO : AHI SERVA ITALIA..............


(L'OP) Prima l’esplosione della drammatica vicenda dei rifiuti a Napoli. Poi l’incredibile rigurgito di intolleranza del soviet della Facoltà di Fisica che ha tappato la bocca a Benedetto XVI. Infine lo scandalo dell’arresto della moglie del Ministro della Giustizia nel giorno in cui il Guardasigilli è impegnato a presentare in Parlamento la sua relazione sullo stato della giustizia in Italia. Non esiste una correlazione specifica tra i tre avvenimenti. Ognuno cammina su binari diversi. Ma a tenerli strettamente intrecciati c’è qualcosa di molto più forte che un qualsiasi nesso temporale o semplicemente logico. Si tratta dell’immagine complessiva del paese che esce massacrata e distrutta da vicende che hanno direttamente in comune la circostanza di fare insieme il giro del mondo con un clamore incredibile e con il massimo di discredito per l’Italia. E’ facile prevedere che da adesso in poi si scateneranno le discussioni sulle cause specifiche e complessive dei tre sfregi che ora deturpano il volto del paese. E che ascolteremo tante e valide ragioni sulle responsabilità dei governi nazionali e locali per il dramma napoletano, sulle incrostazioni di socialismo reale e marxismo-leninismo che condannano al degrado culturale le università italiane e sulla inguaribile tendenza dei settori più giustizialisti della magistratura a fare sempre e comunque piazza pulita dei ministri della Giustizia.

Non mancheranno poi quelli che per tenere insieme le tre vicende parleranno giustamente della debolezza complessiva della politica, che a Napoli non decide, che alla Sapienza lascia campo libero alle minoranze oltranziste di professori e studenti e che a via Arenula subisce passivamente dall’inizio degli anni ’90 gli assalti sconsiderati della magistratura militante. Ma la discussione sulle cause, anche se giusta, è inopportuna e fuorviante. Distoglie l’opinione pubblica dalla conseguenza immediata e devastante del combinato disposto tra i rifiuti di Napoli, l’intolleranza della Sapienza e la liquidazione per atti giudiziari del Ministro della Giustizia. Cioè la consapevolezza che nel giro di una sola settimana l’Italia è riuscita a dimostrare al mondo intero di essere il ventre molle (ed ormai imputridito) dell’Europa. Può essere che il caso Mastella cancelli mediaticamente la vicenda del Papa e quella di Napoli. Ma il disastro è nei fatti e rimane. E non può essere affrontato facendo finta di nulla come vorrebbe Romano Prodi. Di qui uno scontato appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Se c’è batta un colpo e ponga la classe politica di fronte all’obbligo di girare pagina. O con un governo di emergenza nazionale o con le elezioni anticipate. Ritornare il potere al popolo è adesso un dovere.

Governo sempre più debole, cresce l’attesa di un’exit strategy


(VE) L’interim della Giustizia assunto dal premier Romano Prodi non chiude il dossier aperto dalle dimissioni di Clemente Mastella da Guardasigilli. La questione del conflitto tra politica e magistratura - simboleggiata all’interno della coalizione di maggioranza dal duello senza esclusione di colpi tra Mastella e Antonio Di Pietro - resta aperta. E si intreccia con il dossier legge elettorale, reso ancor più incandescente dal via libera della Consulta ai tre quesiti referendari. Sul versante della riforma elettorale le fibrillazioni attraversano entrambi gli schieramenti: il no di Silvio Berlusconi alla bozza Bianco, accompagnato da un giudizio positivo sul referendum e da un appello a Walter Veltroni per un ritorno al “Vassallum”, ha scosso le altre forze dell’opposizione. Quanto al centrosinistra, le fibrillazioni sono ormai endemiche. Non solo sulla legge elettorale. Nella maggioranza, la soluzione soft del caso Mastella escogitata da Prodi ha lasciato l’amaro in bocca a molti - non solo a Di Pietro. Il governo resta assai debole. E Mastella, nel garantire un appoggio esterno all’esecutivo, avverte che d’ora in poi farà valere con più libertà di movimento e maggiore convinzione il proprio peso, decisivo al Senato. Molti - non solo nel centrodestra - appaiono alla ricerca di una via d’uscita da una situazione politico-istituzionale fragilissima. Nessuno, però, ha ancora individuato un percorso sufficientemente condiviso. E la suspense che accompagna gli sforzi volti a definire un’exit strategy cresce di giorno in giorno.

mercoledì 16 gennaio 2008

Il Talpirismo: ovvero sulla cecità delle talpe

(ind) “Mi dispiace dover polemizzare con il Presidente Cuffaro” lo ha detto Gianfranco Miccichè in replica ad un’agenzia che commentava il post sul suo blog cosi:“non leggo Miccichè, né quando parla di me, né degli altri”. Il comprensibile stato di tensione che vive in questo momento Cuffaro, per le note vicende, inizia a fargli commettere errori di valutazione politica che possono nuocere ai rapporti con gli alleati, o quanto meno lo portano a cadere facilmente in tranelli orditi da giornalisti in cerca di scoop, ma ciò è più che comprensibile, non è invece corretto approfittare di questo stato delle cose. Dicevamo Cuffaro farebbe molto bene invece a leggere direttamente e ad ascoltare ciò che scrive e dice Miccichè, ed ha l’opportunità di farlo senza mediazioni e senza che gli venga riferito da nessuno, basta un click, che ci vuole. Anche per un conservatore come lui non è difficile. Per esempio Miccichè non ha scritto che tra i 20 assunti ci siano figli di magistrati, forse sarà un compressivissimo lapsus o forse lui conosce ciò che Miccichè non conosce. Ma ad un’attenta rilettura dell’agenzia si capisce che non lo dice neanche Cuffaro ma il redattore della stessa, brutto vizio quello di creare il caso anche quando non c’e. E’ stato così ed è già successo per esempio anche nel caso della presentazione del libro “Impuniti”. Chi ha ascoltato, o era li, sa come sono andate le cose, sa che il termine Cuffarismo non lo ha coniato Miccichè. Che dire? Peccato che Cuffaro parli solo attraverso la stampa e con metodi della società dei consumi, buoni solo a far vendere copie e a creare casini, ma è pur vero che cosi facendo ha sempre la chance della smentita e la verità su ciò che dice, o pensa è come uno dei tanti segreti della prima repubblica; non lo si saprà mai. Meno male che nonostante questa trappola i due pseudo litiganti convergano sulle posizioni del progetto di Mancuso e sull’intera vicenda Unicredit, ma di questo domattina la stampa non parlerà, ci sarà spazio solo per la polemica. Che Dio ci conservi il blog libero in libero web.

Banco di Sicila vs. Unicredit - Pubblichiamo lettera di Gianfranco Micciché

Sono tornato adesso a casa.
Abbastanza amareggiato ed ho bisogno di sfogarmi con voi: in questi giorni il protagonista della mia vita politica è stato il Banco di Sicilia. Vi racconto cosa è successo, poi voi giudicherete:
il Banco è passato tempo addietro alla romana Capitalia (ex Banca di Roma). Il passaggio si rese obbligatorio quando Banca d’Italia, per evitare l’invasione delle banche straniere, decise una strategia a mio avviso legittima, quella di creare dei grossi gruppi di credito italiani che potessero contrastare lo strapotere europeo tedesco, francese ed inglese.

Successivamente, sempre in virtù di questa strategia Capitalia è stata assorbita dalla più potente UNICREDIT. In pratica, con BANCA INTESA, in Italia si sono creati oggi due potentissimi gruppi bancari. Questa è la prima premessa. La seconda è che la Regione Siciliana aveva una quota azionaria nel Banco di Sicilia eche oggi. invece, vanta una molto più piccola quota di Unicredit il cui valore assoluto rimane comunque pressocchè invariato ed pari ad oltre 1 miliardo di €uro. La Regione Siciliana però, a differenza di tutti gli altri soci di Unicredit, è l’unica che partecipa al capitale con denaro pubblico in forza di una legge dell’Assemblea Regionale che stabilisce i motivi dell’investimento e la destinazione delle risorse impiegate. (se non dovessero essere chiare le premesse tanto vale non proseguire a leggere).
Cosa è successo recentemente? che Unicredit ha presentato un piano di gestione che, di fatto, toglierebbe al Banco di Sicilia il potere di decidere come impiegare le risorse raccolte in Sicilia tramite i depositi dei siciliani (persone ed imprese) facendo venire meno l’interesse della Regione al mantenimento delle quote azionarie. Il Banco allora ha deciso di ribellarsi a tale decisione e, disobbedendo alla casa madre, in totale e legittima autonomia, ha nominato, in una recente riunione del Consiglio di Amministrazione, un Direttore Generale siciliano che avrebbe in sostanza disatteso le indicazioni milanesi di Unicredit.

Credetemi, è stata portata a termine un’operazione straordinaria di vera autonomia regionale in barba all’arroganza dei vertici di Unicredit. Ma, come al solito, la politica siciliana è stata capace di rovinare tutto! perchè si è scoperto che 15 giorni prima lo stesso Consiglio di Amministrazione per accontentare una ventina di stupidi politicanti che facevano pressione ha assunto, senza concorso e senza criteri 20 figli di papà, 20 figli di sindacalisti, politici di tutti i partiti e burocrati. A questo punto è stato fin troppo facile da parte di Unicredit mandare tutti a quel paese sostenendo, a ragione, che la sacrosanta battaglia condotta in precedenza era invece solo figlia di una squallida operazione di mercato delle vacche condotta su pressione della politica locale pur di ottenere facili ed illegittime assunzioni in culo ai siciliani. E così quello che era oro è diventato merda, con il solito sputtanamento della povera, incolpevole ed infelice terra nella quale viviamo.

Adesso rischiamo che l’idea milanese diventi realtà ed il Banco di Sicilia non sarà più in condizione di deliberare un solo prestito, un solo aiuto a nessuno dei siciliani. Forse, causa l’ora tarda e l’incazzamento non sono stato chiarissimo e domani tornerò sull’argomento, ma la morale di questa storia è comunque che io non ne posso più.

O si cambia metodo o la Sicilia è finita, o spazziamo via questa cancerogena classe dirigente politica, sindacale e burocratica o la Sicilia non avrà dove andare!!! Sapete tutti quanto io continui ad essere ottimista sul nostro futuro e lo sarò ancora quando avrò smaltito quest’ultima figura di merda. Continuo a vergognarmi per poi riprendermi, ma mi sento veramente solo in questa battaglia di libertà della nostra terra.

Oggi, però, il mio pensiero è che, prima di tutto, dobbiamo liberarci di alcuni di noi. E intanto, anche stanotte, mi passerà ad insonnia e Maloox contro la gastrite. A domani, ma con più rabbia e più forza di oggi!

Gianfranco Miccichè

Napoli: Moglie di Mastella agli arresti domiciliari

La moglie del ministro della Giustizia Clemente Mastella, Sandra Lonardo, è agli arresti domiciliari. La signora Lonardo è presidente del Consiglio regionale della Campania. Il gip di Santa Maria Capua Vetere le contesta una tentata concussione in concorso con altri in contrasti che ci sarebbero stati in passato con il direttore generale dell'ospedale di Caserta. "Non so nulla", ha dichiarato l'interessata.

Il Guardasigilli ha annullato tutti gli impegni di giovedì, a partire dalla presenza alla cerimonia del giuramento degli allievi della scuola di polizia penitenziaria a cui avrebbe dovuto partecipare a via Arenula. Il solo impegno al momento confermato è la relazione in aula alla Camera. Sulla carta, è la relazione annuale al Parlamento sullo stato della Giustizia. Non è escluso, però, che Mastella consegni il testo scritto e decida invece di parlare a braccio.

Gip le contesta presunta concussione ospedaliera
Il giudice per le indagini preliminari, secondo quanto si è appreso, avrebbe ravvisato gli estremi di una tentata concussione in contrasti che ci sarebbero stati in passato con il direttore generale dell'ospedale di Caserta. Un conflitto, quello fra la signora Mastella e il dirigente ospedaliero, che politicamente ha radici profonde: l'uomo era molto vicino ai Popolari-Udeur al momento della designazione mentre si è poi avvicinato al presidente della Provincia Sandro De Franciscis.

"Sono Serena, chiarirò tutto"
"Apprendo dalla televisione una notizia sconcertante, che sarebbero stati disposti gli arresti domiciliari nei miei confronti per tentata concussione. Mi sento assolutamente Serena - dice il presidente del Consiglio regionale della Campania - non ho nulla da temere e fornirò all'autorità giudiziaria qualunque chiarimento che mi venga richiesto".

Secondo Lonardo, la vicenda rappresenta "l'amaro prezzo che, insieme a mio marito stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in politica, dei principi di moderazione e Tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo". La signora Mastella conclude: "Affronto tranquilla anche questa battaglia".

ore 11 : Clemente Mastella si dimette da Ministro delle Giustizia in diretta durante un suo intervento alla Camera dei Deputati.

sabato 12 gennaio 2008

Ex folliniani e Mpa si fondono in un unico movimento


Gli ex folliniani si federano con il Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo. La fusione dei due movimenti sarà annunciata alla Camera dei deputati il 22 gennaio. La quasi totalità degli esponenti dell'Italia di mezzo, movimento fondato da Marco Follini poco più di un anno fa, scelgono di stare con il leader autonomista siciliano.

Tra loro i campani Enzo Scotti e Antonio Milo, gli abruzzesi Giorgio De Matteis e Claudio Di Bartolomeo, i lucani Gianfranco Blasi e Antonio Flovilla. Quasi tutti amministratori regionali e ex parlamentari che avevano abbandonato Follini dopo il suo trasloco nel Partito democratico e si erano riuniti sotto il tetto dell'Italia di centro.

I due soggetti diventeranno un unico movimento che avrà una struttura federalista con l'obiettivo di attribuire maggiori poteri ai livelli regionali che saranno coordinati da un presidente (che potrebbe essere l'ex ministro Scotti). I nomi originari dei partiti saranno mantenuti, per cui il nuovo progetto politico - che intende presentarsi già alle prossime amministrative - si chiamerà L'Italia di centro-Movimento per l'autonomia.

venerdì 11 gennaio 2008

Unicredit: Leanza, o cambia o Sicilia dismette partecipazione


"Unicredit sia rispettosa di quanto deliberato dal Cda del Banco di Sicilia e prenda atto delle scelte effettuate. Dal canto suo la Regione faccia valere le sue prerogative difendendo l'azione e la dignità dei suoi rappresentanti". Lo afferma il vicepresidente della Regione siciliana e segretario regionale del Movimento per l'autonomia Lino Leanza.

"In caso contrario - aggiunge Leanza - non resterebbe che dismettere la partecipazione. Di una banca che della Sicilia portasse solo il nome, i Siciliani, infatti, non avrebbero che farsene in quanto sarebbero costretti a prendere atto di una compiuta colonizzazione a cui non potrebbe che seguire la revoca della fiducia e soprattutto dei propri risparmi".

E se la Cdl stringe su "Bianco" e "tedesco" per andare al voto...?


(VE) Il nervosismo di Prodi è tanto evidente quanto motivato da un fatto: sente che l’accordo sulla legge elettorale è possibile, e quindi usa ogni strumento (di qui l’evocazione delle questioni Rai e conflitto di interessi) per avvelenare il clima e sabotare tutto il sabotabile.

Che la cosa sia dannosa per il paese, questo è poco ma sicuro: davvero qualcuno crede che il governo delle tasse e della spesa possa improvvisamente diventare il governo delle grande riforme economiche e sociali? Certo che no.

Ma forse, anche nel Partito democratico, cresce la consapevolezza del fatto che un eventuale trascinarsi della situazione sarebbe devastante per la sorte del nuovo partito. Se il Pd accetterà di vivere in modo subalterno rispetto all’operato di Prodi, potrà al massimo ritardare il momento della verità: ma quando il momento verrà, la sconfitta rischia di assumere proporzioni storiche. Come si potrà, infatti, dopo un altro anno o altri due anni di convivenza tra nuovo partito e vecchio esecutivo Prodi, evitare che il Pd, alle elezioni, paghi a caro prezzo l’impopolarità del premier, di Padoa-Schioppa e Visco?

Ecco perché queste settimane potrebbero essere determinanti per una svolta, per un passaggio di fase.
Non è sfuggito a nessuno il fatto che per due volte e per iscritto, durante le feste, il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi abbia aperto a un rapido governo istituzionale: da parte di FI, si tratta di un atto politico lungimirante, che - se accolto - offrirebbe una uscita di sicurezza al centrosinistra, darebbe a tutti un breve tempo per organizzarsi, e manterrebbe fermo l’obiettivo di elezioni a breve termine.

Ora esiste anche un’altra carta da verificare, ed eventualmente da giocare, per la Cdl. È uno scenario diverso, di tutta evidenza, ma non privo di una sua consistenza logica. Si tratta di capire se un’eventuale concessione della Cdl sulla legge elettorale (per intenderci: un ulteriore passo nella direzione bozza Bianco-sistema tedesco) potrebbe effettivamente portare al finale di partita, cioè alla chiusura della legislatura. Le mosse compiute negli ultimi giorni da Casini e da Rifondazione sono un indizio in tal senso, e - come si diceva - anche nel Pd è forse possibile trovare più di una sponda, senza che questo assuma necessariamente significati ostili nei confronti di Veltroni. Anzi, si tratterebbe di una “win win situation”, di uno scenario dal quale tutti avrebbero qualcosa da guadagnare: Berlusconi otterrebbe le elezioni a breve; Udc e Rifondazione avrebbero più chances di andare al voto senza rischi di sopravvivenza; Veltroni potrebbe divincolarsi dall’abbraccio mortale di Prodi e dare un profilo autonomo e innovativo al Pd (e certo, in caso di elezioni a breve, nessuno potrebbe colpevolizzarlo per un eventuale insuccesso); D’Alema vedrebbe accolto un suggerimento che avanza da tempo, e non senza ragione, a ben vedere.

Come si vede, è uno scenario complesso, ma razionale. La Cdl non farebbe male a prenderlo in considerazione, a valutarne la praticabilità, a testare l’affidabilità degli interlocutori, e poi – eventualmente – a provare a realizzarlo. Ne vale o ne varrebbe la pena, senz’altro.

giovedì 10 gennaio 2008

COLONIZZAZIONE FINANZIARIA DELLA SICILIA - LA GUERRA BANCO DI SICILIA / UNICREDIT

Il presidente «ribelle» del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso, vince la sua battaglia. Esautora il direttore generale imposto da Milano, ne nomina uno suo e dichiara vinto il primo Vespro siciliano che il credito ricordi. Ma rischia l’effetto-Pirro. UniCredit dichiara guerra alla «colonia» sfuggita di mano. Convoca per martedì il comitato nomine, prepara un’azione di responsabilità contro gli amministratori infedeli e si prepara a liquidare il consiglio, sostituendolo, già entro gennaio. Che le cose a Palermo non sarebbero girate per il verso giusto, il numero uno del gruppo italo-tedesco Alessandro Profumo lo aveva capito già due sere fa quando, in vista del Cda, aveva cercato invano di contattare l’ad del Banco, Beniamino Anselmi, uomo chiave per raggiungere il numero legale nella riunione. Ma Anselmi fa una scelta di campo chiara, parla solo con Mancuso.

Ma è proprio la Sicilia della politica, quella del centrodestra al potere, a fare quadrato attorno a Mancuso. Si schiera anche il presidente Cuffaro, secondo cui «le decisioni assunte, in piena autonomia, dal Cda del Banco si sono da sempre mosse nell’interesse dei siciliani e delle professionalità esistenti all’interno dell’istituto». E non demorde. La settimana prossima, col presidente della Fondazione Bds, Giovanni Puglisi, incontrerà Profumo per «valutare ogni più opportuna iniziativa per riaffermare su tutti i fronti e in ogni modo gli interessi del Banco di Sicilia, che sono gli interessi dei siciliani».

A tal proposito interviene l’eurodeputato e Presidente dell’Unione delle Province Siciliane, On.le Raffele Lombardo: “Il, duro confronto che in questi giorni si sta svolgendo nel Consiglio di Amministrazione del Banco di Sicilia tra i rappresentanti della Regione e quelli del Gruppo Unicredit non è animato da suscettibilità e ripicche «sicilianiste», come taluno si compiace di far credere, e ci auguriamo non costituisca l'epilogo del saccheggio del sistema creditizio siciliano scientificamente programmato e iniziato una quindicina di anni fa. …………… Per queste ragioni la vicenda merita l'attenzione e la responsabilità delle classi dirigenti dell'Isola, oltre ogni schieramento di parte ed indipendentemente dal coinvolgimento nel capitale sociale di Unicredit. È tempo che le questioni che interessano il mondo bancario dell'isola cessino di essere considerate soltanto un affare di banchieri e di mercanti e coinvolgano piuttosto quanti hanno la responsabilità del governo politico locale e nazionale e i cittadini siciliani tutti. Può iniziare una nuova stagione cui il Gruppo Unicredit può dare un contributo intelligente e servire da esempio vincente e da traino per le altre realtà bancarie dell'isola, in caso contrario si prenda atto che «di Sicilia» il Banco conserverebbe più o meno abusivamente solo il nome. Non potrà non prenderne atto la Regione ripensando il mantenimento della sua partecipazione e non potranno non prenderne atto i siciliani che fino ad oggi continuano ad affidargli risparmi e fiducia”.

CATANIA: FIRRARELLO ROMPE CON LOMBARDO E MINACCIA NUOVE ALLEANZE


PINO FIRRARELLO INVITA RAFFAELE LOMBARDO A DIMETTERSI DA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA.
"I nostri assessori rimarranno in carica, deve dimmettersi lui che è stato eletto con i voti di tutti noi"


Era già nell'aria da molte settimane, ma l'esternazione fatta dal Sen. Firrarello a proposito della fine della CdL a Catania è destinata a provocare un vero terremoto politico.
Pino Firrarello attacca il Movimento per l'Autonomia ed in particolare il suo leader Raffaele Lombardo. Lo attacca a proposito dell'amministrazione provinciale in riferimento alle elezioni per il rinnovo che avverrà nella prossima primavera dichiarando che F.I. scenderà in campo con un proprio candidato e che potrebbe essere proprio lui, proprio il sen. Firrarello a candidarsi alla presidenza. Continua dicendo che gli scenari potrebbero essere stravolti e minaccia perfino una alleanza con il Partito Democratico. Ma a smentirlo scendono in campo i deputati regionali Salvo Fleres e Giovanni Cristaudo e perfino il sindaco di Catania Umberto Scapagnini, i quali sostengono che questa è una posizione personale e non di Forza Italia, i quali dicono di "essere lieti della disponibilità dimostrata dal senatore Firrarello e dai suoi collaboratori circa una possibile candidatura a Presidente della Provincia regionale di Catania".
"Tuttavia- continuano- non possiamo non sottolineare come l'ipotesi non sia stata affatto presa in considerazione nè dagli organi competenti di Forza Italia, nè da altri e dunque essa assume i connotati di una posizione personale del tutto priva dei necessari presupposti".
"Siamo convinti - aggiungono - e ciò ci preoccupa molto, che il metodo scelto da Firrarello nella conduzione dei fatti di partito stia contribuendo a determinare un pericoloso clima di confusione, che sta indebolendo la compagine rappresentativa istituzionale di Forza Italia nel territorio, come purtroppo confermano le ripetute fughe di cui, quotidianamente, parla la stampa locale".
"Invitiamo il senatore Firrarello ad attivare gli organismi politici e di partito, prima di impegnarne il nome, così da evitarci lo spiacevole compito di precisare ogni volta che Forza Italia costituisce un partito politico composito e democratico, per nulla incline a subire atteggiamenti che poco hanno a che fare con il modus operandi che da sempre ne ha caratterizzato i comportamenti".Quindi il partito azzurro si spacca su questa posizione.

Per conto del MpA interviene l'on. Pippo Reina: "...........La verità è che se componenti politiche hanno perduto pezzi significativi; se gli onorevoli Mancuso, Leanza, Garofalo, Catania, Latteri e tantissimi altri, anche più recentemente, hanno finito di dialogare politicamente con il sen. Firrarello ci dovrà pur essere una ragione! Così come una ragione ci deve essere se Lombardo acquisisce ogni giorno di più nuove adesioni e disponibilità e rafforza il proprio consenso popolare.Una realtà, quella che Lombardo e l'Mpa hanno costruito, fortemente ancorata a un serio rapporto con l'Udc siciliana, rapporto che sì è consolidato e si presenta intatto sulla scena politica dell'Isola e meraviglia non poco il fatto che il sen. Firrarello non l'abbia ancora capito come non abbia ancora ben compreso la frattura difficilmente colmabile tra Casini e Berlusconi.Una serie di contraddizioni che ci fanno ritenere che forse è giunto il momento che il sen. Firrarello più che pensare a improbabili ascese alla guida della Provincia etnea, si consegni più realisticamente alla guida della sua comunità brontese e si goda ormai gli anni maturi del riposo.Ma tanta ansia e tendenziosa sicumera vengono, in qualche modo, probabilmente mallevate dall'on. Alfano che, si dice, sia meticolosamente impegnato a tessere la tela che dovrebbe portarlo alla candidatura alla Presidenza della Regione (chissà se Micciché condivida?- n.d.r.) e, dunque, potrebbe anche essere interessato ad attizzare il fuoco contro una temibilissima e tanto più autorevole candidatura (nonostante il diretto interessato si sia premurato di escluderla categoricamente) che potrebbe venir fuori da Catania ".
A sinistra la proposta di Firrarello viene vista come fumo negli occhi dai cespugli: in una nota a firma di Manna di Rifondaizone, Inserra di Sd e Guarnaccia dei Verdi: il senatore forzista viene indicatio tra i principali responsabili della decadenza cittadina e quindi - conclude la nota - “il Pd deve respingere ogni proposta di dialogo”
Intanto il MpA abbandona la giunta (CdL) del Comune di Biancavilla.
Insomma ne vedremo delle belle.

Rifiuti, il grande bluff di Prodi

“Ma Prodi non aveva promesso che sarebbe stato tutto risolto in 24 ore? Il maghetto del pattume – scrive IL GIORNALE - deve avere gli incantesimi fuori uso: la giornata si conclude infatti con un nulla di fatto. O meglio ancora, con un grande bluff. Il supercommissario De Gennaro è arrivato a Napoli, ma al di là di una pizza e una riunione ha potuto fare ben poco. E mentre lui incontrava i giornalisti, la protesta proseguiva: assalti alle forze dell’ordine, camion dei vigili del fuoco bruciati, un carabiniere colpito da una bomba carta e sette pompieri feriti a sassate. La discarica di Pianura riaprirà o no? Dove finiranno i rifiuti? Che farà l’esercito? ‘Le risposte arriveranno’, prende tempo De Gennaro. Sperèm. Ma intanto, di 24 ore in 24 ore, l’emergenza continua. Prodi adesso non ha trovato di meglio che appellarsi al buon cuore delle regioni. ‘Sforzo di solidarietà nazionale’, dice sontuosamente. In altre parole vorrebbe tanto mandare i rifiuti dei napoletani a casa nostra. Ma, in pratica, che cosa ha ottenuto davvero? Una nave che parte da Napoli con un po’ di monnezza a bordo e una dichiarazione di principio da parte dei governatori amici, che pure sanno benissimo quanto sarà difficile dare un seguito alle parole. Un po’ per ragioni tecniche, perché i termovalorizzatori moderni non possono smaltire le indistinte ecoballe napoletane. Un po’ per ragioni politiche, perché ci vuole un bel coraggio a dire a un bergamasco che dovrà prendersi sul groppone gli scarti dell’inefficienza di Bassolino e Pecoraro Scanio. E quindi? Quindi un altro giorno è andato, la sua musica è finita, e l’odore invece resta. Il solito odore di immondizia. Che oggi per di più puzza anche di bluff”.

Legge elettorale, Casini corregge l'Udc: Sì alla bozza Bianco


Giornata di conferme e smentite quella che si è consumata oggi sul tema della riforma della legge elettorale. Dopo il “no” alla bozza Bianco espresso questa mattina da Udc e An, in serata è arrivato, improvviso, il dietrofront del leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, che è tornato sui suoi passi e ha aperto al testo Bianco. Ma andiamo con ordine. Il leit motiv di questa mattina era solo uno: “No” alla bozza Bianco, è un punto di partenza “inaccettabile” per il dialogo sulla riforma della legge elettorale. Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, accompagnati da Altero Matteoli e Lorenzo Cesa, si vedono per un’ora alla Camera e fanno il punto sulle riforme: chiudono al testo Bianco, trovano unità e cercano di capire quali saranno le prossime mosse di Silvio Berlusconi, rientrato sulla scena con un’intervista al Corriere della Sera. Il Cavaliere ha detto di “stare alla finestra”, non entrando per il momento nel dibattito politico.

Dibattito che va avanti e che sancisce, con il vertice di oggi, il dietrofront dei centristi sul testo Bianco, dopo la disponibilità mostrata a Walter Veltroni nel colloquio di ieri. Altero Matteoli, capogruppo di An al Senato, chiede a Berlusconi chiarezza: “Deve dire se questo accordo con Veltroni c’è o non c’è. Se vuole percorrere quella strada noi certamente non ci stiamo. Non si può la mattina voler stare nel centrodestra e il pomeriggio fare gli accordi con Veltroni. Sono due cose che contrastano. Il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, è d’accordo: il chiarimento c’è “cambiando la bozza Bianco”. Matteoli è felice per l’intesa ritrovata: “Dopo l’incontro di oggi sono molto più sereno perché abbiamo verificato che con l’Udc siamo d’accordo su diverse modifiche da introdurre al testo”. Che deve essere tolto di mezzo perché “se resta così com’è non può essere votata come testo base. Al suo interno contiene qualche grave inghippo, ad esempio lo sbarramento non è solo del 5 per cento: in alcuni casi può andare oltre il 10 per cento”.

Cesa aggiunge: “Nonostante le differenze, penso al giudizio sui referendum, siamo pienamente d’accordo con An sulla necessità di modificare la Bozza Bianco e chiediamo a Forza Italia se è d’accordo su questo punto”. Ignazio La Russa, deputato di An, non è però d'accordo con Cesa: “Se dice che bisogna evitare il referendum non ha la mia comprensione”. E punge: “Non sapevo dell'incontro di Fini, Casini, Cesa e Matteoli di questa mattina. Mi stupisce che possa essere stato fatto un duro invito a Berlusconi a chiarire la sua posizione sulla legge elettorale, perché mi risulta invece che il clima sia più sereno e soprattutto non mi pare che in questi giorni post vacanza abbia già assunto iniziative sulla legge elettorale”.

Quando i giochi e le convergenzxe sembravano ormai consolidate, da Roccaraso, in serata, è arrivato l’improvviso dietrofront di Casini, che con il suo “sì” alla Bianco ha aperto a un accordo con FI, Pd e Prc. “La bozza Bianco può essere ripresentata in modo costruttivo – spiega l’ex presidente della Camera -, penso che potrà avere il voto di Forza Italia, del Pd, di Rifondazione comunista e anche dell’Udc. Si tratta di mettere alcuni correttivi che sono a portata di mano, siamo vicini all'intesa. Si può arrivare ad una legge seria con un impianto tedesco e alcune piccole modifiche e si può arrivare con una vasta maggioranza in Parlamento”. E, quanto ad Alleanza nazionale e all’incontro di questa mattina, il leader Udc aggiunge: “C'è grande sintonia tra me e Fini su tanti altri temi, ma sulla legge elettorale non c'è mai stata una convergenza. Loro hanno una posizione tradizionale per il referendum che io rispetto ma non condivido”.

Dal Pd sembra comunque non esserci la minima intenzione di archiviare la bozza Bianco, sia pure come piattaforma sulla quale innestare il confronto. Marina Sereni conferma: “Noi ci confrontiamo con tutte le forze in Parlamento. Abbiamo posto dei principi chiari: riavvicinare gli elettori agli eletti, ridurre la frantumazione, ridare stabilità e governabilità. In questo senso la bozza-Bianco è un buon punto di partenza”. Ma un altolà al testo è arrivato dal Guardasigilli, Clemente Mastella: “La bozza per noi va rivisitata altrimenti voteremo contro”. Durante una conferenza stampa sulla nascita del Comitato bipartisan per la reintroduzione delle preferenze, il leader dell'Udeur parla poi della prossima decisione della Consulta sull'ammissibilità dei referendum: il sì della Corte è “nell'aria”. “Credo che il traino mediatico che c'è sia così forte che porterà a una ammissibilità dei quesiti referendari. Del resto, quando c'è la spinta mediatica, si sa che si va in discesa”.

mercoledì 9 gennaio 2008

SICILIA : COLONIZZAZIONE FINANZIARIA DELLE BANCHE DEL NORD continua

Da siciliani ed autonomisti convinti riprendiamo una polemica che suscita clamore nel mondo della finanza, ma che politicamente va attenzionata a dovere per i risvolti che questa potrebbe avere nell’intendo sistematico di colonizzazione dell’Isola.

Nonostante per UNICREDIT le buone notizie sulle quote di mercato emerse da un recente studio vede la banca milanese avere il netto predominio sul nord-est (addirittura il 59,3% degli sportelli complessivi), sul centro Italia con la Banca di Roma e nelle isole con il Banco di Sicilia, le nubi all'orizzonte però sono diverse:

Il BANCO DI SICILIA: al momento è il fronte più caldo.

La polemica scatta con un impensabile e inconsuetamente pubblico, visto che i banchieri di solito lavano i panni sporchi in famigli, attacco del Presidente del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso, che ha avuto degli inevitabili strascichi politici. Mancuso ed il suo Consiglio d’Amministrazione, afferma che le risorse manageriali del BdS non sono sufficientemente valorizzate all'interno della visione strategica che il Gruppo Unicredit vuole mettre in campo. Che non si può accettare la burocratizzazione organizzativa e colonizzante che starebbero realizzando Profumo e i suoi , e infine ma più importante, che il tutto porterebbe a un depauperamento delle risorse del Banco, patrimonio questo del Popolo Siciliano. L'attacco sarebbe stato portato direttamente a Profumo, amministratore delegato di Unicredit Group, attraverso una telefonata tra i due che è stata definita "violenta". I termini della vicenda ancora non sono chiari così come non è di pubblico dominio la riorganizzazione voluta da Unicredit, di certo però le richieste di Mancuso a prima vista possono sembrare anacronistiche e fuori da logiche di mercato, invece si ergono a difesa della Sicilia e dei Siciliani. Anche per la vendita di 186 sportelli del Banco di Sicilia è tenuta sotto traccia, nessuno ne sa nulla neppure il CdA del Banco stesso.

Noi riteniamo che la politica siciliana debba intervenire, e non solo con dichiarazioni di intenti ovvero con interrogazioni parlamentari, com’è il caso dei deputati siciliani Cascio e Balistreri, che per carità bene hanno fatto a sollevare la questione, bensì con fatti concreti ed azioni a sostegno dell’autonomia finanziaria della Regione, così come vuole anche lo Statuto Speciale che dovrebbe ispirare le azioni a salvaguardia delle prerogative isolane. Non vorremmo però che il tutto si limitasse ad un problema di giro di poltrone da riservare ai "siciliani", se queste, poi, non hanno la dovuta ricaduta in termini operativi a vantaggio del Popolo Siciliano, delle imprese ed in generale dello sviluppo economico dell'isola. Non auspichiamo l'accordo a danno della Sicilia.

La Casta non lo sa, ma a Napoli si sta scavando la fossa


(XJ) Non so se vi sia capitato di leggere l'ultimo Bestiario di Giampaolo Pansa sull'Espresso. S'intitola "Uomo forte cercasi". Con la consueta acutezza, evidenziata dalla prosa senza fronzoli che va dritta al cuore delle questioni, l'autore cita un'intervista rilasciata da Padoa Schioppa al Corriere della Sera.

Annota Pansa: " Il rischio è di ripetere la tragica esperienza di Weimar. È il nome di una città tedesca della Turingia dove venne varata la nuova Costituzione della Germania, dopo la fine della prima guerra mondiale. Nacque allora la cosiddetta repubblica di Weimar che, passando da un governo debole all'altro e da un caos a un caos successivo, spalancò la porta al regime nazista di Hitler. Perché Pansa ci rammenta Weimar? Perché, nel 1945, dopo la conclusione di una nuova guerra perduta, la Germania rifiutò l'esperienza dei governi deboli e scelse la strada dei governi forti. L'altro paese sconfitto, l'Italia, ha scelto invece la strada dei governi deboli, come stiamo constatando ancora oggi. Per di più, dice, il nostro è un paese in preda a "impulsi autodistruttivi". La somma "governi deboli più impulsi suicidi" potrebbe condurci "verso il caos e la svolta autoritaria". Dunque, conclude, "ora si potrebbe dire che siamo noi a correre il rischio di Weimar".


Le cose stanno davvero a questo punto? Pur essendo un ottimista istintivo, sono propenso a pensare di sì. Non ci troviamo ancora dentro il caos, ma siamo sulla strada per arrivarci. E poiché le situazioni di disordine nascono quasi sempre dalle disfunzioni della politica, se osservo quanto accade in Italia non mi sento per nulla rassicurato. Il sistema dei partiti è imballato e spappolato. E ogni giorno mette in mostra quell'ammasso di macerie che è diventato: un tritume di parrocchie politiche, ormai ingestibile da chiunque...".

Sono così vere, le parole di Pansa, a richiamare il messaggio d'inizio anno. No, non quello di Napolitano, illustre primo cittadino della Repubblica, napoletano, che dalla piazzetta di Capri, non da Pianura, ha definito "una tragedia nazionale" la vergogna di Napoli e lì si è fermato.

Il messaggio di Beppe Grillo. Parla di un Paese che allegramente si avvia verso la catastrofe. E dice il vero. Perchè la Casta non lo sa, ma a Napoli come nel resto del Paese, si sta scavando la fossa. Bolla il comico più famoso d'Italia campione dell'antipolitica (e meno male che c'è, l'antipolitica, a contrappore a questa politica). Seppellisce negli scantinati del Palazzo le 400 mila firme che Grillo ha raccolto per chiedere che dal Parlamento vengano spazzati via deputati e senatori con precedenti penali. Parla, parla, la Casta, ma non fa nulla (Sircana che annuncia "la soluzione radicale del problema napoletano entro 24 ore" ha già vinto l'oscar 2008 per la battuta dell'anno).

Di centro, di destra o di sinistra, troppi rappresentanti del popolo, in realtà sanno fare bene una cosa sola: incollarsi alla poltrona. Occhio, perchè, mentre l'immondizia si moltiplica, il bostik si esaurisce.