venerdì 18 gennaio 2008

Condannato ma cade l'accusa di mafia, Cuffaro resta al suo posto

Il governatore della Sicilia non è associato alla mafia, ma ha favorito, secondo i giudici di primo grado, l'imprenditore Michele Aiello (condannato per associazione mafiosa a 14 anni solo oggi) aiutandolo nelle sue attività e nei suoi rapporti con le istituzioni regionali. Per questo è stato condannato a cinque anni, ma è caduta completamente l’accusa di aver favorito il boss Giuseppe Guttadauro e di aver intrattenuto con lui rapporti per poter avere in cambio i voti dei Cosa Nostra. Totò Cuffaro ha salutato con molto sollievo la decisione dei giudice della terza sezione penale del tribunale di Palermo che ha escluso ogni sua adesione, o complicità, alla mafia ed ha confermato che ritornerà già domani a fare il presidente della regione, in attesa del giudizio d’appello per cancellare la condanna a cinque anni e alla interdizione dai pubblici uffici per gli anni equivalenti alla pena (che scatterebbe tuttavia soltanto dopo l'ultimo grado del giudizio). Si chiude così dopo tre anni una vicenda che aveva fatto registrare scontri durissimi all’interno della stessa procura della Repubblica di Palermo. Fu l’allora capo della procura Pietro Grasso ad imporre ai suoi piemme di chiedere il rinvio a giudizio per favoreggiamento e non per concorso esterno in associazione mafiosa. Contro il procuratore si schierarono con una polemica violentissima buona parte dei suoi piemme e la sinistra. Grasso aveva visto bene ed i giudici gli hanno dato ragione. Cuffaro dovrà adesso in appello difendersi dall’aver favorito Aiello, ma è tutta un’altra storia.

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