
In verità anche lo stesso Prodi si è subito detto pronto a fare tutto il possibile perché le riforme vadano avanti, ma il suo può essere letto come un messaggio a doppio taglio: il capo del Governo non ha intenzione di stare alla finestra. Prodi è consapevole che da gennaio il leader del Pd è intenzionato a tornare alla carica andando avanti sul suo progetto di legge elettorale, cercando di mandare il più rapidamente possibile un testo base nell’aula del Senato. E sa che l’accelerazione è destinata ad alimentare la fibrillazione dei piccoli partiti della sua coalizione, di cui si è eretto a paladino. Dunque è pronto a far di tutto perché quel “dialogo” auspicato con forza dal Colle non metta in pericolo il governo. Che lui è convinto di poter rilanciare, attraverso la verifica di gennaio ed una serie di annunci ottimistici sulla possibilità di abbassare le tasse e aumentare i salari: chi mettesse a rischio un esecutivo impegnato in simili progetti in nome di una legge elettorale su misura dei grandi partiti si assumerebbe l’onere dell’impopolarità, è la sua convinzione. E a Veltroni manda a dire chiaramente che invece anche a lui conviene sostenere un governo che può “aumentare il vantaggio competitivo del Pd”. Rischi di pagare un alto prezzo nelle urne, è insomma l’avviso di Prodi. Convinto che se riuscirà ad andare avanti nel suo rilancio delle politiche sociali avrà Rifondazione dalla sua, e sottrarrà dunque un alleato fondamentale al leader del Pd.
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