Il presidente «ribelle» del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso, vince la sua battaglia. Esautora il direttore generale imposto da Milano, ne nomina uno suo e dichiara vinto il primo Vespro siciliano che il credito ricordi. Ma rischia l’effetto-Pirro. UniCredit dichiara guerra alla «colonia» sfuggita di mano. Convoca per martedì il comitato nomine, prepara un’azione di responsabilità contro gli amministratori infedeli e si prepara a liquidare il consiglio, sostituendolo, già entro gennaio. Che le cose a Palermo non sarebbero girate per il verso giusto, il numero uno del gruppo italo-tedesco Alessandro Profumo lo aveva capito già due sere fa quando, in vista del Cda, aveva cercato invano di contattare l’ad del Banco, Beniamino Anselmi, uomo chiave per raggiungere il numero legale nella riunione. Ma Anselmi fa una scelta di campo chiara, parla solo con Mancuso.
Ma è proprio la Sicilia della politica, quella del centrodestra al potere, a fare quadrato attorno a Mancuso. Si schiera anche il presidente Cuffaro, secondo cui «le decisioni assunte, in piena autonomia, dal Cda del Banco si sono da sempre mosse nell’interesse dei siciliani e delle professionalità esistenti all’interno dell’istituto». E non demorde. La settimana prossima, col presidente della Fondazione Bds, Giovanni Puglisi, incontrerà Profumo per «valutare ogni più opportuna iniziativa per riaffermare su tutti i fronti e in ogni modo gli interessi del Banco di Sicilia, che sono gli interessi dei siciliani».
A tal proposito interviene l’eurodeputato e Presidente dell’Unione delle Province Siciliane, On.le Raffele Lombardo: “Il, duro confronto che in questi giorni si sta svolgendo nel Consiglio di Amministrazione del Banco di Sicilia tra i rappresentanti della Regione e quelli del Gruppo Unicredit non è animato da suscettibilità e ripicche «sicilianiste», come taluno si compiace di far credere, e ci auguriamo non costituisca l'epilogo del saccheggio del sistema creditizio siciliano scientificamente programmato e iniziato una quindicina di anni fa. …………… Per queste ragioni la vicenda merita l'attenzione e la responsabilità delle classi dirigenti dell'Isola, oltre ogni schieramento di parte ed indipendentemente dal coinvolgimento nel capitale sociale di Unicredit. È tempo che le questioni che interessano il mondo bancario dell'isola cessino di essere considerate soltanto un affare di banchieri e di mercanti e coinvolgano piuttosto quanti hanno la responsabilità del governo politico locale e nazionale e i cittadini siciliani tutti. Può iniziare una nuova stagione cui il Gruppo Unicredit può dare un contributo intelligente e servire da esempio vincente e da traino per le altre realtà bancarie dell'isola, in caso contrario si prenda atto che «di Sicilia» il Banco conserverebbe più o meno abusivamente solo il nome. Non potrà non prenderne atto la Regione ripensando il mantenimento della sua partecipazione e non potranno non prenderne atto i siciliani che fino ad oggi continuano ad affidargli risparmi e fiducia”.
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