Semplicemente ridicolo, macchietistico, in malafede lo spettacolo reso da Mariano Maffei. Vi rendete conto che gente come questa decide se mandare o no i cittadini in galera. E chi amministra la giustizia? Mi vergogno di essere italiano. Altri commenti sono perfettamente inutili.
Ora, si pensi a un magistrato che inquisisca un membro eletto del Parlamento, per di più ministro, e ancora di più della giustizia, per una banale differenza di opinione circa l’azione politica del rappresentante del popolo sovrano: è una questione molto seria. Se non fosse che il PM è parente di una delle parti in causa, il famoso uomo morto di cui parla proprio Sandra Lonardo (moglie di Mastella).
«Uè, non starete mica reccistrand?». Il procuratore schizza in piedi come un tarantolato. Si accorge che le telecamere sono accese. Sbarra gli occhi, s’abbottona la giacca, s’aggiusta gli occhiali: «Ma scusate! Maronna mia, mi fate un fegato così!».
Pensi alla figura storica del magistrato e ti viene in mente l’austero signore con la toga e il parruccone in testa, il codice in una mano e la bilancia nell’altra, quello che affronta il suo delicato ufficio con riserbo, che decide sulla vita delle persone, che dosa le parole, quasi le sussurra. Poi accendi la tv e vedi Mariano Maffei: «Uè, mò ve lo do io il comunicato! Maronna... Mò querelo tutti!». E allora pensi: ho sbagliato canale? Sono sintonizzato sul telegiornale, o su un classico della commedia all’italiana?
No perché i requisiti ci sono tutti: brevilineo, fronte aggrondata, gli scatti d’ira improvvisi, e poi quella mistura lessicale di termini giuridici con badilate di dialetto. Dobbiamo concludere che il procuratore di Santa Maria Capua Vetere non è solo un magistrato: è un caratterista fatto e finito. Di più: è l’icona di un tipo italiano. Certo: spesso l’apparenza inganna, ma in questo caso l’apparenza travolge. Direi quasi emoziona. Come ti può emozionare uno sketch di Nino Taranto o il Sarchiapone di Walter Chiari. Con una piccola differenza: quella è finzione, mentre questa è realtà. E la realtà è fatta di arresti, manette, reputazioni e vite rovinate.
Mai se lo sarebbe aspettato, a 70 anni suonati, di cui
Fateci caso: neanche il più grande sceneggiatore di Carosello avrebbe potuto scrivere una frase così. E il punto è proprio questo: Maffei è il magistrato che non t’aspetti, è troppo bello per essere vero. Non a caso il video della sua conferenza stampa inaugurale è già cult. Su You Tube ha toccato quota sedicimila visitatori. C’è pure la parodia musicale, il «Mariano-Rap», con le invettive a tempo di musica: «Uè, mò facciamo l’interrogatorio!».
Che sia già diventato un idolo postmoderno, è dunque indiscutibile. Che poi sia pure un procuratore senza macchia, non possiamo dimostrarlo. Mastella, che certo non gli vuole bene, si limita a definirlo «macchietta»: uno che su Repubblica ha parlato con la delicatezza d’un elefante in una cristalleria. Clemente? «Lo querelo». La riforma giudiziaria? «L’hanno approvata con la fiducia, è un sistema dittatoriale, o Dio Santo, il mio fegato si fa così!». Capito? «Sistema dittatoriale». Alla faccia del reciproco rispetto tra poteri dello Stato. Ma con lui te ne devi fare una ragione: ogni sillaba ti disarma, e non sai se ridere o piangere. Al pensiero d’averlo come compaesano, ti tieni la pancia dalle risate. Poi pensi che potresti averlo come accusatore in tribunale. E lì non ridi più.
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