martedì 11 ottobre 2011

Sicilia: Riflessione sulla formazione professionale ....e oltre

Sicilia: Riflessione sulla formazione professionale ....e oltrePDFStampaE-mail
Scritto da CORIOLANO   

In ogni paese industrializzato la formazione professionale è uno dei presupposti fondamentali  della crescita e dello sviluppo economico e sociale.
Favorire il processo di accrescimento e aggiornamento costante delle professionalità, in linea con le esigenze del mercato del lavoro, è un dovere delle amministrazioni pubbliche preposte alle politiche attive del lavoro, oltrecché il naturale presupposto per l'inserimento occupazionale degli inoccupati, dei disoccupati e di tutti coloro che aspirano ad un lavoro. 
Chi governa non dovrebbe dunque avere dubbi sul significato strumentale del sistema della formazione quale sostegno dello sviluppo.
Invece, i governanti e i burocrati siciliani, sul ruolo della formazione, hanno avuto un’idea tutta loro,  in “leggera controtendenza” rispetto al resto del mondo. Infatti nel lontano 76’, la Regione, con la legge n. 24/76, dotò il territorio siciliano di uno strumento di regolamentazione delle attività di progettazione ed erogazione della formazione professionale, dichiarando l’obiettivo di accrescere con tale strumento le conoscenze e la cultura propedeutiche all'accesso al mondo del lavoro. Naturalmente, il valore didascalico di siffatta legge assume portanza in un contesto integrato di interventi legati alle politiche attive del lavoro che un Governo pone in essere e che deve vedere coinvolti in azioni congiunte le Imprese e loro associazioni, le Camere di Commercio e l’Unioncamere regionale, in quanto osservatorio e centro ricerche sul mondo siciliano delle imprese e del lavoro, nonché gli Atenei e i loro Dipartimenti, i sindacati dei lavoratori, etc. Dunque, un lavoro complesso che avrebbe dovuto mirare a capitalizzare la spesa di finanziamento della legge 24/76 non relegandola a semplice posta passiva di bilancio. I Governi da allora succedutisi hanno lavorato, certo alacremente, alla valorizzazione della legge 24/76 ma, come abbiamo già avuto modo di dire, in “leggera controtendenza” alla logica di strumento a servizio allo sviluppo socio economico territoriale. L’hanno usata invece a fini dell’ottenimento, consolidamento e rafforzamento del consenso politico, isolando la legge, invero buona, in un circolo vizioso di assunzioni “accompagnate”, di distribuzione selvaggia di sussidi ai disoccupati, di proliferare di enti, talvolta di emanazione sindacale, collusi e conniventi con la politica in cambio del privilegio di diventare soggetti inamovibili e imprescindibili del sistema di potere e di elargizioni finanziarie legato alla citata legge 24/76.
Così, dal 76’ sino al 2002, la legge 24/76 è stata appannaggio di una loby formata da una ventina di refer…Enti della politica di ieri, ma anche di oggi, visto che molti degli attori sono sempre gli stessi.   A questa loby partecipavano sigle sindacali rappresentate da Enti di formazione quali IAL CISL, oggi IAL Sicilia, soggetto sganciatosirecentemente dalla CISL ma diventato ente di riferimento del PD (con il diretto coinvolgimento degli On.li  Papania, Cardinale, Genovese, Adragna, …………), ENFAP (in conto UIL), etc., ma anche sigle diverse dai sindacati, come l’Associazione Nazionale delle Famiglie degli Emigranti (ANFE) e pochi altri, alcuni dei quali già scomparsi per “bancarotta accertata” (vedi Centro Radio), o in via di scomparsa (vedi CEFOP, già sospeso dal Piano formativo 2011 perché privo dei requisiti di regolarità contributiva richiesti e da qualche giorno definitivamente sospeso dal CGA).
L’appartenenza a un oligopolio, ha permesso ad ognuno di questi soggetti di gestire volumi importanti di finanziamenti pubblici, partecipando alla costruzione di un modello formativo inadeguato ad assicurare l'inserimento professionale di inoccupati o disoccupati, ma certamente utile come ammortizzatore sociale, distributore di sussidi, seppur minimi, a queste categorie. D’altronde, la politica preposta all’erogazione dei finanziamenti ha utilizzato la propria potestà/discrezionalità nel riconoscere o meno i finanziamenti e/o di determinarne l'entità, per “invitare” gli enti ad assecondare le proprie “aspettative” in termini di avvio al lavoro di parenti, amici ed elettori, che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a trovare una occupazione in una terra dove il posto pubblico era, ed in parte lo è ancora, l'unica politica attiva del lavoro, l’unico segnale politico di lotta alla disoccupazione dei nostri Governi (non è un caso che proprio in questi giorni il Governo Regionale ha varato una delibera con la quale ha istituito il ruolo unico del personale appartenente ad enti/organizzazioni/società partecipate dalla Regione Sicilia, assicurando continuità occupazionale ai “loro” raccomandati).
Per comprendere il livello degli interessi messi in ballo dalla legge 24/76 bisogna confrontarsi con il numero di assunzioni realizzate (tutte senza concorso pubblico) sino al 31/08/2008, numero questo che supera le ottomila unità: CEFOP, mille dipendenti circa, oggi tutti da ricollocare o da mandare in pensione, se maturata; ANFE, circa ottocento dipendenti, di cui oltre duecento già avviati alla mobilità e alla CIG nel 2011; Enti di emanazione sindacale (IAL ed ENFAP) circa duemila dipendenti. I restanti suddivisi fra tutti i cosiddetti enti medio piccoli, entrati nella legge 24/76 tra il 2002 ed il 2006.
Naturalmente, una volta saturati gli organici degli enti, i nostri bravi politici, pur di mantenere inalterato il privilegio di scegliere e raccomandare indiscriminatamente, hanno chiesto assunzioni in eccesso, sia rispetto alle effettive necessità di gestione, sia rispetto alle risorse finanziarie assegnate, coprendo il maggior costo con sistemi di finanza pubblica “creativa”: ci riferiamo alle integrazioni di finanziamento, atti illegittimi questi che recentemente hanno condotto l’attuale assessore Centorrino e l’ex Dirigente Generale, Gesualdo Campo (oggi ai Beni Culturali, premiato con l’assunzione della figlia all’Ufficio di rappresentanza della Regione a Bruxelles), al rinvio a giudizio presso la Corte dei Conti per un danno erariale di oltre 1.000.000 di euro. Più esplicitamente se le risorse finanziarie assegnate risultavano insufficienti per coprire i costi delle assunzioni richieste, bastava che l’ente rendicontasse a consuntivo il maggior costo sostenuto alla voce “personale” rispetto al preventivato/finanziato, che gli veniva riconosciuta una integrazione di finanziamento pari al maggior fabbisogno dovuto alle nuove assunzioni. Meccanismo perverso che ha determinato l'incremento costante delle risorse finanziarie occorrenti per realizzare i Piani formativi annuali della 24/76. Infatti, il costo consuntivato di ogni anno risultava pari alla somma del finanziamento decretato e delle integrazioni, diventando automaticamente il consolidato dell'anno successivo. Così ha funzionato per anni il sistema: è stato appesantito progressivamente il costo della legge 24/76sul bilancio della Regione; ha prevalso la logica perversa di una sub-cultura politica dominante, invece dello sviluppo socio-economico nel territorio; ha perseguito politiche clientelari, distributive di privilegi, dove tutte le parti sono soddisfatte e remunerate, chi finanziariamente, chi elettoralmente, chi gratificato senza merito di un posto di lavoro. Un intrigo di interessi difficilmente smontabile. Fino al 2002, anno in cui il sistema, rimasto chiuso per oltre 25 anni,  viene aperto ad altri operatori della formazione, prolificati in virtù delle opportunità introdotte nel mercato dai fondi europei. Infatti, dal 1989 in poi, alla Sicilia, insieme ad altre regioni dell’Unione Europea contraddistinte da un basso livello di sviluppo socio economico rispetto alla media europea, furono destinati grandi quantità di fondi per finanziare iniziative locali mirate ad annullare progressivamente questo gap di sviluppo. Una quota importante di questi fondi era ed è rappresentata dal Fondo Sociale Europeo, deputato a sostenere le politiche attive del lavoro nei diversi territori della Comunità. La formazione professionale è una delle attività imprescindibili di queste politiche. Il territorio fu così indotto ad attrezzarsi per fruire di questi fondi. Si assistette alla proliferazione di enti formativi, alla diffusione di best practises(pratiche prese a modello da sistemi avanzati sperimentati in altri territori comunitari), etc., così sviluppandosi un sistema di offerta locale più complesso e diffuso sul territorio rispetto a quello costituito dalla lobby degli Enti storici della legge 24/76.
Questo nuovo assetto puntava sulla flessibilità organizzativa, sulla creazione di reti di espertises e di professionisti, quali fattori strategici necessari ed adeguati a misurarsi costantemente con l’attualità della domanda di formazione, con la necessità di creare sistemi integrati di professionalità endogene in grado di inserirsi e gestire i nuovi e più moderni processi di produzione nella logica di assecondare le necessità del sistema produttivo locale, ma anche di potenziare la mobilità del lavoratore in ambito extraterritoriale.
Naturalmente questi nuovi organismi si sono candidati anche per fruire dei finanziamenti della legge 24/76. Molti con esito favorevole, divenendo, in molti casi, veri modelli di flessibilità funzionale alla qualità del servizio erogato. La competitività di questo modello appare subito evidente. I nuovi enti possono garantire il rispetto dei budget e il contenimento della spesa e questo tipo di gestione si contrappone subito a quella degli “Enti storici” della legge 24/76, dei quali alcuni rimangono impantanati nella diseconomicità delle proprie scelte gestionali, spesso “border line” rispetto alla piena legalità e, in alcuni casi, forse anche del tutto illegali (vedi CEFOP). Per questi motivi il rinnovamento del sistema con l’ingresso di nuovi soggetti nella legge 24/76 è stato visto come una violazione di “proprietà privata”, sia da parte degli enti storici, i quali percepivano come “concorrenza sleale” l’agilità e l’adattabilità costante di questi soggetti, ma anche da quella parte della politica, verso cui i nuovi enti hanno dimostrato insofferenza e indisponibilità al compromesso.
Ma veniamo all’attualità del processo storico della legge 24/76, oggi “Piano Regionale dell’Offerta Formativa”. Non era possibile che l’implosione progressiva di vecchie e nuove problematiche all’interno del sistema durasse all’infinito. Così, quando gli attuali governanti non hanno più potuto piegare il sistema ai propri interessi “elettorali”, complice anche l’attuale congiuntura internazionale di crisi che richiedeva e richiede il contenimento della spesa e la lotta agli sprechi, hanno pensato a una riforma che avrebbe dovuto funzionare da apripista a nuove alleanze, sgretolando i vecchi accordi tra politici ed enti di formazione, ritornando a un sistema chiuso dentro cui dovevano stare “la nuova politica” e pochi “grossi” refer…Enti. Se vi fossero dei dubbi su questa affermazione da parte di chi si sentisse accusato di qualcosa, ricordiamo gli albori della riforma che, vi anticipiamo, è comunque abortita miseramente. Le linee di indirizzo che inizialmente furono suggerite ai “tavoli” di concertazione, creati nella speranza di condividere una pseudo-riforma con la maggior parte degli attori chiave del sistema, “intellighenzia” inclusa ed “enti nuovi” esclusi, furono improntate alla creazione di poli formativi di grosse dimensioni (in termini di monte ore di formazione) in modo tale che si annullasse l’attuale polverizzazione dell’offerta formativa e la Regione potesse “avere a che fare” (parole testuali prese a prestito da capi di gabinetto, assessori, dirigenti generali, governatori, etc.) con pochi enti propensi a “consegnarsi”, in una logica facilmente comprensibile per chi aveva interesse a ricreare un sistema chiuso e non aperto al “libero mercato”.  Ma i tavoli di concertazione furono presto dismessi a causa di insanabili contrasti tra gli interessi ivi rappresentati: il contenimento della spesa e il mantenimento dell’utilità  del sistema, l’esigenza di dare continuità occupazionale ai lavoratori della formazione e la necessità di ridurre i costi, dove la contraddizione più grande era rappresentata dal contrasto d’interesse all’interno di uno stesso corpo, quello del sindacato dei lavoratori, presente a detti tavoli sia in veste di rappresentante dei lavoratori occupati nella formazione che in quella di datore di lavoro.Si sa, non tutte le ciambelle riescono col buco !
Ed allora il Governo, quello di ora, del rinnovatore, della politica creativa, del dividi et impèra, una volta compreso che non poteva più servirsi del sistema, per assoggettarlo ai propri scopi “politici”, ne progetta la distruzione, lanciando accuse al sistema della formazione regionale per voce dei suoi più insigni rappresentanti. Tra questi ci piace citare il Governatore, l’apice della cupola (non certo per i suoi contatti con mafiosi e simpatizzanti della mafia che incontrava “a suo dire” solo per redimerli), che ha stigmatizzato come la formazione, quella della legge 24/76, sia stata un pozzo senza fondo capace, in vent’anni (o giù di lì), di fagocitare risorse pari a quelle che sarebbero servite per costruire tre ponti sullo Stretto. Certamente c’è da chiedersi che ruolo ha avuto costui durante questi vent’anni e se la sua figura politica sia stata così irrisoria e marginale da essere certi che non avrebbe mai potuto opporsi a questo “banchetto”, neanche solo rifiutandosi di dare indicazioni politiche per l’assegnazione di posti di lavoro al proprioentourage elettorale (sarebbe interessante chiedere lumi a questo proposito al dr. Perricone, Presidente del fu CEFOP, e/o alla d.ssa Genny Parlagreco, direttore CEFOP, nonché candidata alle scorse regionali in una lista secondaria del MPA). Potremmo anche andare oltre per dimostrare che certe affermazioni rappresentano pura demagogia. Potremmo ad esempio chiedere a questo Governo di tecnici perché tra i tanti “pozzi senza fondo” non ha scelto di dismettere gli Enti cosiddetti “inutili”, come invece avrebbe fatto qualunque “buon padre di famiglia”, e che invece rimangono in piedi per opportunismo politico che,contro ogni logica di gestione economica, spinge a spendere denaro inutile per mantenere i privilegi ai grandi elettori, quelli in grado di orientare grandi masse di voti.
Ma non intendiamo far perdere forza al nostro discorso sulla legge 24/76, annacquandolo con discorsi generalisti di perniciosità di questa “casta”. Faremmo un torto a tutti quegli operatori della formazione che oggi sono stati dati in pasto all’opinione pubblica per nascondere i (misf…) atti e l’insipienza di questo Governo. E che sono stati costretti ad impegnare beni di famiglia e perfino le fedi di nozze pur di mangiare. E allora, parliamo di Ludovico Albert, il savoiardo. Non vuole essere un offesa l’indicazione della provenienza territoriale dell’attuale Dirigente generale del dipartimento istruzione e formazione professionale della Regione Siciliana, ma l’evidenza del fatto che si è voluta affidare la regia della procedura di “annientamento” della 24/76 a un corpo estraneo alla Sicilia che, in quanto tale, non ha una vicenda professionale e relazioni con il territorio con cui confrontare il proprio agire. Un semplice killer (ovviamente in senso figurato e solo rispetto alla 24/76) senza volto e senza storia per la Sicilia e per i siciliani; un Terminator dotato di morale pura che non riconosce alcun’altra prerogativa del suo ruolo che procedere senza “se” e senza “ma” verso l’obiettivo decretato dal suo dante causa: annientare l’attuale sistema garantendo solo pochi enti storici (IAL CISL oggi trasformato in IAL Sicilia sotto la guida del PD o l’ANFE per il quale si rincorrono voci che presto sarà sottratto alla gestione del suo patron storico Paolo Genco per passare sotto altra regia).  Parte così una sequela di atti del Governo (delibere di giunta direttive per l’Assessore e per il Dirigente Albert), a cui seguono decreti e circolari assessoriali, decreti e circolari del dirigente generale il cui esito è il Piano dell’Offerta Formativa 2011. “Piano formativo”, questo, che di riforma del sistema non ha niente. Anzi è la negazione di ogni e qualunque regola di buon senso e legalità. Ed in alcuni casi addirittura immorale. L’avviso pubblico n. 5/2011 che regolamenta la partecipazione degli Enti di formazione al Piano regionale dell’offerta formativa 2011, introduce semplicemente uno stop alle assunzioni selvagge attraverso la statuizione di un parametro unico di finanziamento, limite “invalicabile” del costo/ora di formazione, che decreta l’impossibilità di ricevere integrazioni finanziarie aggiuntive ed eccedenti detto parametro unico, inducendo così i grossi Enti a mettere in mobilità migliaia di lavoratori in esubero, il cui costo non è più sostenibile con questi nuovi criteri. Ma Centorrino & C. non vogliono essere accusati di essere artefici e responsabili del dramma di tanti lavoratori e delle loro famiglie. Così introducono una normativa che li salva, secondo loro, dall’accusa di “cinismo” politico, ma che è solo “cura palliativa” per accompagnare questi lavoratori fuori dal mondo del lavoro a poco a poco. Viene riportato in auge l’Albo unico dei formatori (mai abrogato ma solo dimenticato), cui possono iscriversi tutti gli assunti nel PROF entro il 31/12/2008, Albo questo a cui devono obbligatoriamente attingere tutti gli altri enti inseriti nel Piano per completare l’organico necessario a realizzare le iniziative formative. Ma prescindendo dal fatto che il PROF non riuscirà mai ad assorbire tutto questo eccesso di unità lavorative, esiste anche un diritto alla libertà di impresa che è sancito dalla Costituzione e che viene meno, a dispetto della competitività del nostro sistema locale di settore e della “flessibilità” propria degli enti medio piccoli, che il sistema disprezza e combatte perché efficienti ed indipendenti dalla politica. Così anziché favorire il proliferare di un sistema efficiente e professionale conalta capacità di rispondere velocemente e costantemente alle variazioni della domanda reale del mercato, si continua a mantenere un sistema inadatto alle sfide di crescita del sistema Sicilia.  In buona sostanza, il Piano 2011 è rimasto invariato nel numero di monte ore complessivo e nella sua distribuzione fra gli enti, ma gli esuberi di personale, creati dal già descritto meccanismo di scambio di favori instauratosi in passato tra politici ed “enti storici”, vengono caricati sul groppone degli Enti nuovi arrivati, additati ad arte da chi ha avuto spazio sui mezzi di informazione, quali colpevoli del tracollo della legge 24/76 e del suo progressivo appesantimento sul bilancio regionale. Ben presto però, ci si accorge, che questo meccanismo, creato per dare continuità occupazionale nel settore, è inattuabile, almeno per l’annualità in corso, ma non solo. Infatti, quei “geni” che hanno legiferato in proposito non hanno pensato alla fattibilità concreta del meccanismo, ai tempi di realizzazione delle procedure previste, che non sono sovrapponibili ma consecutive e propedeutiche l’una all’altra. Si pensi a un termine perentorio di conclusione delle attività del Piano fissato entro novembre 2011 e decretato nel giugno 2011. Parliamo di cinque mesi di tempo per: completare la costruzione dell’Albo unico da parte del Dipartimento Istruzione e formazione professionale, redigere le liste di mobilità con migliaia di nuovi inserimenti da parte degli Uffici del Lavoro e evadere tutte le richieste di professionalità occorrenti agli Enti e posti in lista di mobilità. Si pensi infine al tempo necessario per giungere ad un accordo con le professionalità individuate nelle liste in concorso con altri Enti sino al completamento del tempo pieno per ognuno di essi. Parliamo di tempi tecnici per i quali forse non basta neanche un semestre, a cui si devono aggiungere i tempi necessari a realizzare i corsi di formazione: parliamo di altri cinque/sette mesi (di cui la politica non si occupa, infatti parrebbe che non importi a nessuno di come si fa la formazione ma solo come questa può servire alle aspettative della politica).
Ma naturalmente il Governo Regionale, ed i suoi degni rappresentanti, non contenti di aver fatto diventare la formazione professionale una sequela di ostacoli, talvolta resi insormontabili ad arte, prolifera una serie di avvisi che complessivamente mettono a bando più di un miliardo di euro nel triennio. E per non smentire l’approssimazione con la quale hanno governato il sistema negli  ultimi hanno pubblicano avvisi (236/91 – OSS – OIF – ex PROF)  che puntualmente hanno rettificato,  modificato, aggiornato all’infinito. Fino alla prossimità della scadenza, che naturalmente hanno prorogato e riprorogato con scuse e motivazioni che nascondono approssimazione, incapacità, inadeguatezza e ……. spregiudicatezza …. interessata. Intollerabile !!!!
La sequela incessante di atti contraddittori, di atti che correggevano, integravano, interpretavano i precedenti è stato il leit motif dell’iter di “riforma del PROF” (abortita miseramente) del PROF 2011 e del PROF 2012 (oggi avviso 20/2011), che invero, leggendo tra le righe (e anche sulle righe) finirà per avvantaggiare gli enti storici a dispetto degli enti nuovi, medio piccoli. Quindi premiando coloro i quali oggi, dopo avere dimostrato di essere sati causa del fallimento del sistema (in connivenza con la politica),  hanno posto in mobilità e/o Cassa Integrazione Guadagni buona parte del personale in esubero. Trasferendo sulla Sicilia ed i siciliani il costo delle loro disfatte e della politica clientelare a cui si sono piegati “consensualmente”.
Tutto questo non ha fatto altro che creare insicurezza e nervosismo nel settore, allarmando i lavoratori e le loro famiglie che, improvvisamente, hanno visto sconvolto il proprio mondo, i propri programmi di vita, basati sul poco ma certo.
Vorremmo terminare con un’esortazione al Presidente dei siciliani in carica. La smetta di parlare di alleanze, di chiedere la loro conferma, insomma di affrontare discorsi incomprensibili per chi sta vivendo il dramma di non poter più affrontare la quotidianità.  Approdi costui alla magia del fare, del fare per i siciliani. Oggi i fatti dicono che costui e la sua Giunta di tecnici, quelli del savoir faire per intenderci, non ha speso 1,8 miliardi di euri dei fondi assegnati dall’UE alla Sicilia per l’annualità in corso. E ci esimiamo, per semplicità di ragionamento, dal parlare di quelli del 2010. Spenderli era un obbligo e la prova di una capacità tecnica, prioritario di fronte a qualunque altro tema politico, esiziale per la stabilità sociale in un momento di crisi nera dove l’immissione in circolazione di queste risorse avrebbe dato ossigeno all’asfittica economia siciliana e ai siciliani, “avrebbe” potuto fare ripartire un po’ i consumi a beneficio della produzione e del commercio, etc., etc., etc.
Le riforme possono camminare parallelamente a un certo lavoro di routine degli assessorati e dei loro dirigenti e funzionari. Di questo tipo di lavoro stiamo parlando, o no ? E non ci dica, come è solito rispondere a chi ha eccepito questa inconcludenza tecnica del Governo che è “meglio non spendere che spendere male”. Lo dica a chi oggi è un nuovo povero o a chi sta per chiudere un’attività mandando a casa gente che contava solo sul salario. E poi, perché non fa in modo che si spenda bene. I siciliani e la Sicilia non possono ne aspettare ne fare a meno di queste risorse loro assegnate solo perché costui e i suoi tecnici non sono in grado di spenderli “bene”.
Senza considerare che l’incapacità della spesa comunitaria si è tradotta nell’aumento della spesa a carico del bilancio regionale e nello sforamento del patto di stabilità, che porterà a brevissimo al blocco completo della spesa, ed alla disfatta della Sicilia.
Qualcuno inizia a vociferare sull’esistenza di un veto assoluto ad Assessori e Dirigenti Generali di Dipartimento di spendere un “euro” che il Governatore non sappia e su cui non abbia dato indirizzi. E’ il caso della formazione in agricoltura la cui graduatoria è ferma sul tavolo del dirigente Generale Barresi da mesi, parrebbe perché tra gli ammessi a finanziamento ci sarebbero pochissimi o addirittura nessun ente amico, disponibile ad elargire prebende per ingraziarsi la politica. Che dichiara di essere cambiata con finti proclami ed azioni pseudo eclatanti, ma che alla fine è più clientelare di prima, con l’aggravante di non saper fare proprio nulla. Tranne che spendere poco e malissimo.
Non può che prendersi atto che la situazione è drammatica e che la formazione professionale è solo uno degli aspetti più drammatici di una disfatta delle mediocre politica di questo governo regionale che ha messo in ginocchio l’economia siciliana, ma che ha riservato prebende e premi ad amici e parenti di sostenitori conniventi (vedi il marito della sen. Finocchiaro, tanto per fare un esempio). Proprio per questo, lo stesso Albert, che da poco ha compiuto i suoi 60 anni, ha già anticipato ad alcuni suoi “amici” che se le cose dovessero andare ancora peggio di così è pronto ad andare in pensione, “mettendola in saccoccia” alla Sicilia ed ai siciliani.  Non prima di avere completato la sua missione di distruzione del sistema formazione.

lunedì 3 ottobre 2011


OLTRE IL DANNO ANCHE LA BEFFA: LA REGIONE SICILIANA NON RIESCE A SPENDERE LE RISORSE COMUNITARIE MA INCREDIBILMENTE SFORA IL PATTO DI STABILITÀ.PDFStampaE-mail
Scritto da ADOMEX & C.   
Lunedì 03 Ottobre 2011 01:50
Felice Bonanno e Vincenzo Emanuele

Che la Regione Siciliana con la sua dirigenza ingessata e priva di buona volontà e competenza non riuscisse a rispettare i tempi dettati dalla Commissione Europea per riuscire a spendere in maniera efficiente i fondi comunitari - della politica di coesione 2007-2013 assegnati per garantire lo sviluppo dell’isola - era ormai diventata una notizia certa, di sconcertante normalità.
Tale intollerabile realtà è stata tra l’altro, più volte denunciata da una Commissione di inchiesta parlamentare dell’ARS attivata per comprendere le responsabilità dei ritardi della macchina amministrativa, dalle parti sociali e sindacali, da confindustria, da confartigiani e dalle associazioni di categoria.

Il perché dei ritardi lo chiarisce la stessa Corte dei Conti: «L'avvicendarsi di diverse giunte del governo regionale», «l'instabilità riguardante l'assetto organizzativo amministrativo», la «eccessiva polverizzazione delle iniziative» e, dulcis in fundo, «l'assenza di personale provvisto delle necessarie competenze», primi fra tutti i dirigenti generali del Dip. della Programmazione Felice Bonanno messo al timone dei fondi strutturali europei non si sa per quale maligno sortilegio e quello del Bilancio Vincenzo Emanuele. Una catastrofe.
Tutto questo preambolo perché da qualche settimana tra i palazzi del potere a Palermo circola un’aggiuntiva notizia angosciante e minacciosa, che si chiama “sforamaneto del patto di stabilità”. Fatto questo che ha causato di già il blocco di tutti i pagamenti della Regione Siciliana. Piove sul bagnato.
Il Patto di Stabilità Interno (PSI) nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri dell’Europa Unita verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel trattato di Maastricht. Da circa dieci anni ormai, tutte le regioni, le province ed i comuni italiani sono chiamati a concorrere al risanamento della finanza pubblica, concordando ogni anno con lo Stato i tagli da effettuare per contenere la spesa pubblica.
Ebbene, in Sicilia i fondi europei hanno una dotazione complessiva di circa 11 miliardi di euro; il 50% arriva dalle casse dell’Unione europee, il 35% dallo Stato e l'ultimo 15% è cofinanziato dalla stessa Regione Siciliana.
Se è possibile escludere dal patto di stabilità la quota di finanziamento comunitaria, non è possibile farlo per la quota statale e per quella regionale; questo «ostacolo burocratico», che obbliga a computare nel patto oltre 5 miliardi di euro, pare abbia fatto già saltare tutto.
Da fonti accreditate si apprende che l’Assessorato Regionale dell’Economia (Armao) dopo avere appreso la notizia dello sforamento, da parte dei più importanti Dipartimenti impegnati nella gestione e attuazione della spesa dei fondi Comunitari, è stato costretto a bloccare tutti i pagamenti al fine di non incorrere nelle sanzioni previste delle regole del Patto di Stabilità.
In questo momento la Sicilia si trova davanti ad un’alternativa drammatica:

  1. non spendere i fondi per gli investimenti e restituirli all'Europa, perdendo l'ultima occasione per lo sviluppo territoriale,
  2. oppure utilizzarli, violare il patto di stabilità e pagare una sanzione pecuniaria.
La Politica siciliana deve intervenire esercitando una scelta precisa della quale se ne assume per oggi e per il futuro, visti i danni perpetui che ne deriveranno, la responsabilità.
In un’isola povera di risorse che reclama interventi infrastrutturali, che attende le autorizzazioni a progetti ed attività con fondi stanziati più di un anno fa, che sta ancora in attesa del pagamento di fornitori di beni e servizi, che agogna la speranza per far partire l’economia, si trova a confronto una classe politica confusa che non comprende la gravità del fenomeno, che non manda a casa questi burosauri criminali che hanno portato a tutto ciò,  non concepisce nemmeno che sarebbe il caso di negoziare immediatamente con il Governo nazionale misure di urgenza, per fronteggiare la grave crisi economica che ci travolge già adesso e che ci sbaraglierà inesorabilmente nel prossimo futuro, per consentire alla Sicilia di lasciare da parte dal Patto di Stabilità i fondi europei anche per la quota statale e regionale. Si salverebbe tutto.
Ovvero sarebbe forse opportuno richiedere un Commissariamento di tutta la Regione atteso che la propria burocrazia non è riuscita nemmeno a programmare in maniera attenta e responsabile la spesa pubblica nel corso del 2011 (ma anche dal 2010) al fine di dare assoluta prioritaria a quella comunitaria e magari eliminando tutte quelle spese inutili, e ce ne sono tante da elencare, pagate con soli fondi regionali.
E’ appena il caso, in ultimo, di ricordare che la Regione Campania, quella famosa nel mondo per l’affare “monnezza” – impegnala come la Regione Siciliana nella gestione dei fondi UE, ma evidentemente più accorta, più pronta, più avveduta - già nel Luglio scorso, precedentemente all’approvazione della manovra finanziaria da parete del Governo nazionale aveva negoziato nuove regole di funzionamento del patto di stabilità per consentire alla spesa dei fondi UE un binario privilegiato. Loro ci sono riusciti.
Sarebbe proprio il caso di chiedere a tutta la dirigenza della Regione Siciliana dove si trovava nello scorso Luglio? La politica adesso deve intervenire, con decisione se ce la fa, non ha più alibi, la Sicilia rischia il default e la nostra fragile economia non ripartirebbe mai più.http://www.qtsicilia.it/politica/34-politica-notizie/525-oltre-il-danno-anche-la-beffa-la-regione-siciliana-non-riesce-a-spendere-le-risorse-comunitarie-ma-incredibilmente-sfora-il-patto-di-stabilita.html

martedì 27 settembre 2011

QT SICILIA HA UN NUOVO DIRETTORE


Rosalinda Camarda, palermitana, è il nuovo Direttore Responsabile di QT Sicilia. Giornalista e Direttrice di diverse testate siciliane e addetto stampa di varie Istituzioni italiane e estere.
L’Editore e la redazione augura al nuovo Direttore un proficuo lavoro.

sabato 17 settembre 2011


PATERNO’ CAPUT MUNDI (la prefazione)PDFStampaE-mail
Scritto da ADOMEX& C.   
Sabato 17 Settembre 2011 14:51
STORIA SERIA E SEMISERIA DI MEZZO SECOLO DI POLITICA
Alcuni amici giornalisti e opinionisti mi hanno chiesto, in prossimità delle elezioni amministrative, una riflessione lunghissima e analitica su Paternò.
Mi sono chiesto a lungo che poteva essere scritto un libro tanto erano le considerazioni che avrei potuto fare sulla storia politica paternese da quasi 50 anni a questa parte, avendola vissuta da protagonista per molto tempo e guardandola adesso con l’occhio , del politologo,  del cronista prima e dell’analista poi.

Certo l’ottica adesso non è la stessa con cui guardavo i fatti quando ne ero attore. Un dualismo,  la realtà è composta da due essenze di tipo diverso, ma il processo conoscitivo non può coglierla come fenomeno unitario se si è immersi in quella realtà. Bene adesso riesco meglio nelle osservazioni e nelle analisi non essendone più emotivamente coinvolto. Per cui mi sono deciso ad aderire a questa richiesta di intervista multipla, cioè fattami da tanti amici autoctoni paternesi e osservatori esterni, ritenendo che possa venire fuori un lavoro che oltre a spiegare la storia, i fatti e le circostanze, possa anche aiutare il dibattito mai avvenuto su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, per favorire, infine,  la comprensione al cittadino che deve scegliere. Iniziamo.
(Adomex) Un Ministro, un Deputato, un Assessore provinciale, tre Consiglieri Provinciali. Dal 1994 la città non aveva alcuna rappresentanza sovracomunale seria, nel senso che non erano in maggioranza. Particolarmente nell’ultimo lustro, non aveva neppure la rappresentanza provinciale, il punto più basso della parabola di un declino, non solo politico, ma anche culturale e che sembrava ineluttabile.

Leggi tutto...
 

lunedì 13 giugno 2011

INCHIESTA IBLIS: LA PROCURA DI CATANIA STRALCIA LA POSIZIONE DI LOMBARDO, SI VA VERSO L'ARCHIVIAZIONE

PDFStampaE-mail
Scritto da MARCO BENANTI & ADOMEX   
Lunedì 13 Giugno 2011 14:45
Il Procuratore Capo Michelangelo Patanè

Alla Procura di Catania  “non c’é alcuna spaccatura soltanto una differenza di vedute il rapporto di fiducia personale non è venuto meno, i colleghi hanno operato bene e per loro ho la massima stima”.
Questo quanto conferma il procuratore capo facente funzioni Michelangelo Patané sulla decisione di stralciare la posizione di Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo dall’inchiesta Iblis.  “Erano indagini doverose e scevre da preconcetti, come è doverosa la nostra scelta di stralciare la loro posizione – sottolinea ancora Patané – per non venire meno al senso del dovere e alla propria coscienza. Ma non ci sono i requisiti, alla luce delle sentenza delle Corti riunite della Cassazione su Calogero Mannino, per configurare il reato di concorso esterno all’associazione mafiosa. Nell’inchiesta la politica ha avuto un ‘peso zero’, perché noi valutiamo le posizioni degli indagati quale che sia il loro nome e cognome e il ruolo sociale che svolgono. Per me, probabilmente – conclude Patané – sarebbe stato molto più ‘comodo’ vistare la richiesta di rinvio a giudizio, ma il dovere del Procuratore della Repubblica di assicurare il corretto esercizio dell’azione penale e l’obbligo di coscienza di agire nei confronti di chi si ritiene abbia commesso un reato mi hanno impedito soluzioni comode e facili”.

Domani però le dichiarazioni ufficiali del Procuratore Facente Funzioni Michelangelo Patanè.
Niente rinvio a giudizio, quindi, per Raffaele Lombardo. Ma probabilmente archiviazione, interpretando le parole del Procuratore Patanè  e come il Presidente Lombardo ritiene dovrebbe finire l’inchiesta “Iblis” in merito alla propria posizione. Dopo mesi e mesi di voci, ipotesi, polemiche, differenze di posizioni tra magistrati,  appena celate, arriva la decisione del Procuratore della Repubblica Michelangelo Patanè (nella foto che pubblichiamo): avocazione e stralcio per i fratelli Lombardo, sull’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Insomma, i vertici della Procura avocano il fascicolo ai quattro sostituti procuratori (Gennaro, Boscarino, Fanara, Santonocito) e decideranno loro. Per gran parte degli altri indagati -52 persone per cui i quattro sostituti avevano sollecitato la richiesta di rinvio a giudizio, la richiesta in tal senso, è stata già firmata. Stamane, il Procuratore Patanè ai giornalisti che gli rivolgevano domande nei corridoi del Palazzo di Giustizia, aveva preannunciato sue dichiarazioni sull’inchiesta “Iblis” domattina 14 giugno, ma alcune agenzie che si sono rincorse subito dopo hanno già preannunciato la decisione.
Al momento, più fonti ufficiali lo confermano: il Procuratore capo facenti funzioni, Michelangelo Patane', e il coordinatore del gruppo, l'aggiunto Carmelo Zuccaro, hanno avocato il fascicolo per coordinare direttamente l'inchiesta, per la possibile richiesta di archiviazione. Di certo, la decisione dei vertici apre scenari di una forte dialettica dentro l'ufficio requirente, malgrado le assicurazioni. Inoltre, sembra ormai imminente la nomina da parte del Csm del nuovo Procuratore della Repubblica di Catania.
Al centro delle indiscrezioni trapelate a Palazzo di Giustizia ci sarebbe la nota sentenza della Cassazione a sezioni riunite sull’ex Ministro Calogero Mannino, assolto dopo un travagliato iter processuale. In particolare, la cosiddetta “sentenza Mannino” prevede che il contributo eventuale del politico all’associazione mafiosa deve tramutarsi in un vantaggio concreto all’intera organizzazione criminale e non solo a singoli appartenenti alla stessa.
Di qui, posizioni diverse su quanto avrebbe potuto reggere l’inchiesta sulla posizione di Lombardo in sede di dibattimento. Proprio il passaggio al processo è stato il punto centrale dello scontro politico-giudiziario, anche perché il Presidente della Regione, in passato, ha dichiarato che nel caso di rinvio a giudizio avrebbe dato le dimissioni. Ora, il quadro generale della vicenda muta.
Restano le pagine dell’Accusa sui presunti contatti e relazioni di Lombardo con esponenti legati alla criminalità mafiosa, che in alcuni casi – secondo modalità e occasioni diversamente spiegate- ha ammesso lo stesso Lombardo. Al di là del dato giudiziario, sul quale ancora non c’è un pronunciamento definitivo e che riguarda la magistratura, non sarebbe stato il caso di impostare – in altre sedi, anche giornalistiche - sopratutto valutazioni politiche sull’operato del Presidente? A quando la valutazione e l'eventuale sanzione politica e sociale del comportamento dei politici tutti e non solo di Lombardo, invece dell’attesa delle toghe? Anche da questo passa il cambiamento in Sicilia e in Italia.

domenica 12 giugno 2011

La Sicilia perenne laboratorio - Pacco, Paccotto e Contropacco


Scritto da ADOMEX   
Domenica 12 Giugno 2011 13:26

Berluconi - Lombardo - Miccichè


qt sicilia
Lo diciamo già da qualche giorno e ne siamo veramente convinti che in Sicilia vi sarà un ulteriore riposizionamento della politica, delle alleanze e conseguentemente del Governo regionale.
I fatti politici che accadono in Sicilia spessissimo anticipano scenari politici che si riversano in tutta Italia. Frequentemente e  ininterrottamente, i palazzi della politica romana scrutano  i movimenti dell'isola come una specie di “studio strategico” per capire la prospettiva.
E precursori lo sono stati indubbiamente in questi tre anni di legislatura regionale, che hanno visto scomposizioni e ricomposizioni in una prova generale per gli scenari nazionali. Il Grande Centro nasce qua, come nasce qua anche la scissione di Fini e anche, oseremmo dire se pur con connotati del tutto diversi, la presa di distanza di Micciché. In Sicilia nulla avviene per caso.
Così è stato anche in questi ultimi due anni e mezzo, anni nei quali ha regnato, e lo sta ancora facendo, Raffaele Lombardo, il leader del movimento autonomista Mpa. Eletto nel 2008 con il centrodestra di vecchio conio, Mpa-Udc-Pdl, un centrodestra allargato: casiniani, cuffariani, alfaniani, schifaniani, miccicheani e sicul-berlusconiani. Poi l’implosione sugli interessi concreti bloccati, termovalorizzatori e sanità.
Nel 2010, nasce Lombardo-quater, Fli, Udc, Api, Mpa e Pd, si concretizzata così l'alleanza tra “riformisti e moderati” che nel corso degli ultimi mesi è stata invocata da più parti, rimanendo il sogno di Massimo D'Alema, ma che trova la sconfessione il 14 dicembre del 2010. Questa alleanza si infrange contro lo scoglio Berlusconi e la mozione di sfiducia proposta contro il Presidente del Consiglio. Avevano preparato bene l’azione ma nn ci sono riusciti. Da qui riflessioni, meditazioni, riconsiderazioni sottese, ma si va avanti pur con milioni di dubbi.
Poi giungono fatti nuovi ed esogeni rispetto all’ establishment politico consolidato che avrebbe dovuto portare dal governo regionale all’alleanza politica per le elezioni. Prima di tutto le notizie fuoruscite dalla Procura di Catania che vedono indagato il governatore siciliano per concorso esterno in associazione mafiosa e susseguentemente i risultati elettorali di Idv-SeL-Pd, che di fatto spostano il fulcro del centro-sinistra ancor più a sinistra radicalizzando le posizioni. Questo induce il Pd a cambiare strategia sulle vicende siciliane, provando giorno dopo giorno verso i vertici regionali, con dichiarazioni dei suoi maggiori esponenti nazionali, a tirarsi fuori prima possibile. La solita sinistra diremmo.
La prima è stata Anna Finocchiaro : “Da questa tornata elettorale sono venuti segnali importanti e inequivoci che di fatto stanno cambiando il quadro politico nazionale. Io credo sia arrivato il momento che anche nella realtà siciliana si giunga ad una verifica politica, magari preparando un passaggio elettorale”. Segue Nicola La Torre:“Credo che il Pd in tempi rapidissimi debba chiudere questa esperienza, perché non ci sono le condizioni politiche per sostenere Lombardo, se non scelte di bottega”. Anche se qualcuno tenta di resistere affermando che “parla a titolo personale, la sua posizione non impegna la segretaria”.
Ciò che dovrebbe angosciare il PD è il possibile squarcio dei democratici siciliani. Infatti sia Antonello Cracolici, capogruppo alla Regione, sia Beppe Lumia, senatore della Repubblica, valutano che “il Pd siciliano deve scegliere liberamente senza subire nessuna imposizione”, e, qualora dalla direzione regionale del 19 giugno prossimo venisse un no al sostegno al governo, penserebbero di costituire gruppi autonomi all'Ars, per poi confluire nel nuovo soggetto politico di Lombardo che nascerà il 25-26 giugno prossimo.
La rottura tra i democratici e Lombardo, accelera l’afflato fra il governatore siciliano e il leader di "Forza del Sud", Gianfranco Micciché. Il quale strategicamente ha lasciato il Pdl, creando gruppi autonomi alla Camera e al Senato. Allo stato Forza del Sud conta 12 deputati e 7 senatori, ma la fuoriuscita di Micciché dal Pdl potrebbe far riflettere alcuni parlamentari, soprattutto fra le file dei "responsabili.
I primi ad arrivare saranno i tre deputati di Noi Sud – Iannaccone, Belcastro e Porfidia.
Seguirebbero personaggi di peso come i finiani Andrea Ronchi, Adolfo Russo e Pippo Scalia.
Anche dal MpA arrivano cenni entusiasti per la scelta di Micciché di uscire dal PdL, Musotto e Di Mauro affermano che ciò “apre nuove ipotesi” politiche.
Berlusconi cerca di assicurare alla propria area un futuro anche senza lui e sa perfettamente che è cosa impossibile da realizzarsi se non rimette tutti assieme compreso Lombardo e Casini e appoggia Micciché a staccarsi dal PdL per fare da collante e attrattiva, come forza autonoma meridionalista, verso questi.
Ecco che Forza del Sud diventa l’ombelico del progetto e Micciché il prossimo autorevole candidato alla Presidenza della Regione, con Alfano, Casini e Lombardo d’accordo.
Lombardo che aggrega e scompagina a sinistra col suo nuovo soggetto politico andrà a Roma a fare il ministro, Casini probabile leader di tutti i moderati, Miccichè presidente della regione con l’accordo del PID e FLI. Rivedremo questa foto con qualche minima variazione tra qualche tempo. Ma questa è la prospettiva siciliana, ma attenzione sappiamo bene che da qui partono le novità.

FORMAZIONE: LITE CONFINDUSTRIA - GOVERNO, piangono i lavoratori


Scritto da ADOMEX   
Domenica 12 Giugno 2011 10:40
qt sicilia
“Un settore che non serve a nulla” - affermai Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia - che in un’intervista a ‘Repubblica’ Palermo denuncia la formazione professionale siciliana e la riforma di che intende fare questo governo regionale. A parere di Lo Bello, “se i fondi Fas alla fine devono servire a liberare risorse per la formazione, alimentando così la solita politica clientelare e la solita cricca, allora è meglio tenerli a Roma”.
“Il governo ci dice che è stato tutto uno scherzo. La spesa – continua Lo Bello – non servirà a nulla, di certo non alle imprese. Il quadro è desolante, la verità è che si trovano risorse ingenti solo per continuare a garantire un settore che non serve, e che è invece un grande ammortizzatore sociale con i lavoratori in ostoggio della politica”.
L’assessore regionale Centorrino afferma invece di avere avuto contatti con le imprese, per individuare quelle professionalità di cui avrebbero bisogno le attività produttive siciliane.
Ma Lo Bello rincara: “Centorrino farebbe bene a dire qualcosa su questo ritorno al passato, con la regione che finanzierà tutto il Prof come negli anni scorsi. Noi non siamo antigovernativi: siamo indipendenti e quindi critichiamo quando le cose non vanno ed elogiamo le iniziative serie. Forse nel governo regionale c’è qualche nostalgico di un passato che vedeva una Confindustria docile e legata alla politica”.
Di certo la luna di miele tra il governo Lombardo e Confindustria sembra essere terminata. Prima le liti furibonde con l’assessore Venturi che di Confindustria è elemento di primo piano e che è stato inserito nelle giunta regionale proprio in virtù di un “patto” tra questa e Lombardo. Adesso la presa di posizione netta di Lo Bello che stigmatizza le “promesse” di salvaguardia di un settore alquanto discusso che è stato “un postificio” per la politica siciliana e che ha fatto arricchire quelli che in questo settore hanno puntato da anni, imprenditori, sindacati, enti.
Dall’altro lato vi sono tanti, circa ottomila, impiegati da anni in questo settore che soffrono l’instabilità dello stesso. Mesi senza stipendio, un futuro certamente incerto, il rischio di licenziamento immediato.
A nulla valgono i proclami senza che si affronti la situazione alla radice. Ecco come nei giorni scorsi hanno reagito le forze sociali che “si sono riuniti alla Presidenza della Regione il Governatore Lombardo, l’Assessore alla Formazione Professionale Centorrino, il Dirigente Generale alla Formazione Professionale Albert, i rappresentanti delle OO.SS. di Ugl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal, Cisl Scuola ed Cgil flc, i rappresentanti degli enti Forma e Cenfop.
Dopo due giorni di riunioni intense, l’Amministrazione Regionale apre uno spiraglio alla vertenza sindacale riconoscendo che i provvedimenti emessi sono spesso contradditori ed insufficienti. L’Amministrazione Regionale ha eccepito che il Prof 2011, finanziato al 70% del D.A. n. 5146 del 28 dicembre 2010, risulta insufficiente e carente. Pertanto preso atto di ciò, si è impegnata a fare le giuste integrazioni del servizio programmato e consequenzialmente economiche per dare la possibilità agli operatori di poter assicurare il servizio come per gli anni precedenti. Quindi è emersa la volontà amministrativa di integrare il Prof 2011 per il 100% del deciso per un importo pari a circa 260 milioni di euro. Si dovrà dare atto che le procedure di mobilità dovranno essere annullate e quindi tutti i verbali connessi, a far data dalla emissione di una deliberazione di giunta regionale, che dovrà essere prodotta da oggi.
Inoltre si è affrontato il problema del “parametro” che sarebbe dovuto essere “unico”, mentre nel D.A. n. 1668 del 6 maggio 2011 e nel DDG n. 2116 del 17 maggio 2011 si è trasformato nel “parametro massimo” rispetto ai costi finanziati del 2010. L’Amministrazione Regionale ha dichiarato che il parametro tornerà ad essere unico e che gli enti, che hanno un parametro inferiore a 135 euro costo/ora, dovranno completare i costi del personale accedendo all’albo unico ed al fondo di garanzia.
Per gli stipendi arretrati, l’Amministrazione Regionale ha dichiarato di voler concedere agli enti di formazione una sorta di compensazione tra debiti, per restituzioni di somme dovute nelle rendicontazioni, e crediti, per acconti e saldi non erogati, nei confronti della P.A. Il Dirigente Albert ha ribadito l’impossibilità di procedere ad erogazioni ed integrazioni di natura economica in espresso divieto della Corte dei Conti.
Dal I gennaio 2012 il Prof verrà interamente spostato dal bilancio regionale al FSE per un triennio rinnovabile per altrettanto tempo.
Per il Cefop, e gli enti in procedura di revoca dell’accreditamento, si stanno emettendo provvedimenti per lo spostamento di tutto il personale sul fondo di garanzia, in quanto è stato avviato lo stato di insolvenza nei confronti di questi enti.
Queste le soluzioni prospettate dal Governo alle forze sociali, che hanno incassato una Vittoria di Pirro tra i tanti dubbi che si rinnovano.
In primo luogo il prof 2011 dovrà essere integrato con ulteriori provvedimenti aggiuntivi per la c.d. fase III, cioè per il restante 30% escluso dalla programmazione e dal finanziamento. L’Amministrazione Regionale dovrà emettere un nuovo D.A. ed un nuovo DDG. Speriamo siano quelli definitivi.
Inoltre quale garanzia può offrire il diritto di prelazione del personale iscritto nell’albo unico e negli elenchi di mobilità a fronte dell’autorizzazione a nuove assunzioni, in violazione della leggi regionali nn. 24/76, 25/93, 04/03, delle deliberazioni di giunta regionale nn. 350/2010, 117 e 132/2011, ecc.
Gli stipendi degli operatori pregressi e giustamente rivendicati dalle OO.SS., in primis dall’Ugl Scuola, cadranno nel dimenticatoio e verranno persi, dato che non tutti gli enti hanno una situazione positiva di rapporto dare/avere nei confronti dell’A.R. Ci sembra un’eresia ignorare i precisi obblighi sanciti dalla legge regionale improntata al “principio della somministrazione” fino alla soddisfazione dell’intero contributo dovuto, garantito dalla legge regionale nn. 24/76 e 23/02, soprattutto per il pagamento degli stipendi al personale”.
Una situazione non di semplice soluzione, da un lato le forze produttive che giustamente stigmatizzano le soluzioni del Governo Regionale che sembrano ripercorrere un passato che non può essere più riproposto, dall’altro le forze sociali che, anch’esse giustamente, devono difendere l’occupazione di quanti hanno speso la propria professionalità in un lavoro che sicuramente però non ha formato le capacità che possano dare un contributo di innovazione professionale alla Sicilia del domani. Questa è lo stato dell’arte, con i lavoratori che da sette a quindici mesi non riscuotono lo stipendio, e sono circa ottomila come abbiamo detto prima, con i malesseri per tutte le famiglie interessate che non riescono più ad andare avanti.
I potenti  litigano, ma come al solito piange il più debole.

sabato 11 giugno 2011

Formazione: De Luca svela le tattiche temerarie del Governatore


Scritto da Redazione   
Sabato 11 Giugno 2011 03:17
l'On. Cateno De Luca

QT SICILIA
“Raffaele Lombardo sta bluffando, ha promesso 60 milioni di euro per finanziare la formazione, mi chiedo dove prenderà quei soldi.
Perché una cosa è certa: nel bilancio quelle somme non ci sono”. A pescare ancora una volta nel torbido della cosa pubblica regionale, in particolare della formazione professionale, è Cateno De Luca, deciso a svelare un clamoroso retroscena. Una macchinazione del governatore per spaccare il fronte del Pd e rafforzare le proprie milizie in vista di un ritorno nel centrodestra.
“Lombardo – dice il deputato regionale di Sicilia Vera - con la promessa di finanziare la Formazione sta solo prendendo tempo in attesa di altri sviluppi, il governatore ha un progetto chiaro e i primi segnali si sono visti in questi giorni: rientrare nel centrodestra e farlo da protagonista. Io penso che Lombardo stia cercando sponde su un’area politica diversa da quella che oggi sta governando con lui”.
“Lombardo – prosegue – sta provando una manovra coraggiosa: scaricare il Pd degli ‘Innovatori’ (e a questo punta l’azione di Centorrino) e puntare a un nuovo governo con i miccicheiani e quegli esponenti del Pd che potrebbero seguire la strada tracciata dal movimento dei ‘Democratici autonomisti’. Lombardo – conclude - avrà avuto il tempo di favorire la scissione del Pd. Avrà portato dentro il suo progetto una parte di quel partito. E avrà così preparato il campo al centrodestra per un nuovo 61-0. E in quel centrodestra il Governatore reciterà un ruolo da protagonista”.
Il segretario regionale di Idv, sen Fabio Giambrone, rincarando la dose trova “vergognoso strumentalizzare la disperazione di madri e padri di famiglia per una squallida rincorsa a chi si accaparra per primo l'immenso bacino di voti rappresentato dal comparto della Formazione professionale. E' altrettanto vergognoso - aggiunge - che improvvisamente Lombardo, delegittimando e smentendo il suo assessore al ramo Mario Centorrino, ormai abbandonato dal suo stesso partito, il Pd, dichiari di avere reperito le somme che servono per ritornare alla quota di finanziamento dell'anno scorso. Il Governatore evita però di precisare dove sono tali somme o da dove vengono, visto che certamente non esiste disponibilità nel Bilancio ordinario della Regione. L'Italia dei Valori - conclude Giambrone - chiede che senza indugio si paghino le spettanze ai lavoratori e, nello stesso tempo, chiede un riordino complessivo della Formazione professionale in Sicilia, su cui abbiamo fatto nelle settimane scorse un'articolata proposta, per porre fine a una lunga stagione del suo uso clientelare, sganciato dalle effettive esigenze del mercato del lavoro e dell'impresa”.

giovedì 9 giugno 2011

Messina: CHI NON STA AL GIOCO NON LAVORA

qt sicilia
Scritto da MARCO BENANTI   
Giovedì 09 Giugno 2011 00:31

L'ex Prefetto di Messina Marino

La storia di Carmelo Marino, imprenditore fatto fuori perché non si piega a pagare tangenti
Uno spaccato agghiacciante di malapolitica, affarismo, uso strumentale della giustizia: Messina si conferma un caso nazionale. Fra i protagonisti l’attuale VicePresidente della Regione Giosuè Marino. Ecco una storia della Sicilia che non cambia, malgrado le chiacchiere del Palazzo.

“Ti fanno fuori dal gioco se non hai nulla da offrire al mercato” cantava una volta Edoardo Bennato; parafrasando per Carmelo Marino, imprenditore in Messina, si potrebbe dire: “ti fanno fuori se non stai al gioco della malapolitica”. Ma, nonostante tutto, malgrado un prezzo umano alto, la giustizia, seppure in ritardo, arriva. Così, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, di recente, Marino ha visto, per il momento sulla carta, riconosciuto il suo diritto.
Ma chi è Carmelo Marino? E’ un uomo normale, un cittadino come tanti altri, che però da quindici anni non può lavorare: la cooperativa “Ariete”, di cui oggi è presidente la moglie Angela Irrera, è…al palo. Si è fermata l’attività. Perché non è “bravo”? No, perché vive da anni una storia surreale, degna di una commedia di Pirandello. Una vicenda dove il giusto e l’ingiusto si scambiano quasi di ruolo, inseguendosi, anche all’interno delle Istituzioni, secondo una logica assurda, ma che ha colpito -e pesantemente- Marino e la sua famiglia. Una storia dove compare anche un protagonista delle cronache politiche di questi tempi, il VicePresidente della Regione Siciliana Giosuè Marino, all’epoca dei fatti Prefetto di Messina.
Ma come nasce questa vicenda? Quali le radici? Le si ritrovano nella denuncia presentata dal Presidente della Cooperativa “Ariete” Francesco Picciolo al Procuratore della Repubblica di Messina Guido Lo Forte, al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Messina Franco Cassata e alla Prefettura.
“Il 21 dicembre del 1995 –esordisce l’esposto- la delegazione amministrativa del Policlinico di Messina, approvando gli atti compiuti dalla commissione di gara il 9-12-1995, aggiudicava l’appalto concorso per l’affidamento del servizio di pulizia del Policlinico, dell’Istituto di Oncologia e degli altri Istituti della facoltà di Medicina alla società cooperativa “Ariete a r.l.”. Che accade?
“Con la stessa decisione veniva esclusa dalla gara la società Camassa s.p.a, precedentemente ammessa con riserva (sotto la condizione di fornire entro il 28 febbraio 1995 la documentazione indicata nei verbali), per non aver soddisfatto i requisiti della lettera di invito ai punti 5 e 7 (cioè per mancanza del requisito di aver avuto alle proprie dipendenze nel triennio 1991-1993 un numero medio di dipendenti superiore a 150 unità).
Qualche giorno dopo l’aggiudicazione il sig. Marino Carmelo, marito della signora Irrera Angela Presidente della cooperativa Ariete a r.l., veniva chiamato dal prof. Saverio Di Bella, delegato del Rettore prof. D’Alcontres per gli appalti ed i rapporti con i fornitori. Il prof. Di Bella senza mezzi termini chiedeva al Marino di non accettare l’affidamento, perché lo stesso deve essere attribuito alla ditta Camassa s.p.a che già lo aveva svolto negli anni precedenti.  Alle resistenze di Marino, il prof. Di Bella reagiva dicendogli che non vi è altra possibilità salvo che, anche la Cooperativa  Ariete fosse disposta a pagare una tangente del 20% mensili, che doveva essere divisa tra varie persone. Il Marino insistette sostenendo il suo buon diritto ad ottenere quanto già deciso nel corso della gara senza dover dare nulla a nessuno.” Cosa fece Di Bella? “…giurò –è scritto nella denuncia- che alla cooperativa Ariete non sarebbe stato mai effettivamente affidato il servizio di pulizie, e, comunque, raccomandò al Marino di riferire alla moglie che dava alla cooperativa una settimana di tempo per decidere”. Niente male.
“In realtà –continua l’esposto- la Camassa s.p.a presentava ricorso alla stessa delegazione amministrativa del Policlinico, che con decisione del 11 febbraio 1996 confermava l’esclusione della Camassa, ma annullava la precedente ammissione alla gara della Cooperativa Ariete, e conseguentemente l’aggiudicazione ed indiceva una nuova gara.” Che accadeva? “L’indicato provvedimento negativo –continua la denuncia- veniva impugnato dalla Cooperativa Ariete, e dalla Camassa s.p.a. e successivamente il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana accoglieva il ricorso della Coop. Ariete con decisione esecutiva n. 193 del 26.1.2000, nella quale statuiva che l’appalto andava attribuito sin dall’inizio alla società cooperativa Ariete, annullando il provvedimento dell’11-2-1996, anche nella parte in cui veniva bandita una nuova gara. La Cooperativa Ariete notificava il 30.06.2000 la decisione del C.G.A. all’Amministrazione (ora Azienda Policlinico), invitandola alla stipula del relativo contratto di appalto. L’Azienda Policlinico con nota n.4454….del 26.07.2000 comunicava alla Cooperativa Ariete di non potere stipulare il contratto in adempimento della sentenza n. 192/00 del C.G.A, per effetto del contenuto negativo della nota informativa del Prefetto di Messina….del 19.07.2000”.
In questa strana vicenda ritorna il nome del prof. Di Bella, illustre parlamentare dei Ds. “In realtà –continua l’esposto- il prof. Saverio Di Bella (Senatore della Repubblica eletto in Calabria, nonché componente della Commissione Antimafia), aveva denunciato alla Procura della Repubblica la Cooperativa Ariete, il sig. Marino ed alcuni funzionari dell’Inps e dell’Inail, sostenendo che i documenti, presentati dalla Cooperativa per la partecipazione alla gara d’appalto, relativi al numero dei dipendenti, assicurati dagli Enti previdenziali nel triennio precedente, erano falsi. Inoltre, aveva denunciato lo stesso Marino sostenendo che aveva tentato di corromperlo per farsi assegnare l’appalto, vantando di aver amicizie in ambienti politici e della magistratura. Infine, aveva affermato che il Marino era vicino ad ambienti mafiosi. La pendenza dei procedimenti derivanti da queste denunzie, ha determinato la decisione del Prefetto di non concedere il certificato antimafia.”
Cosa è venuto fuori da questa situazione? “La denunce del prof. Di Bella, infatti, hanno determinato l’inizio dei seguenti procedimenti penali contro Marino e contro la cooperativa Ariete:
la Procura della Repubblica di Messina, sulla denuncia del Di Bella, relativa alla falsità di alcuni atti presentati dalla Cooperativa per l’ammissione alla gara, promuoveva il procedimento penale…nei confronti di Pajno Ferdinando+8. Questa denuncia del Di Bella, ha prodotto un effetto boomerang nei confronti del denunciante. Infatti, il sostituto procuratore della Repubblica dott. Giuseppe Santalucia ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio nei confronti anche dell’ex senatore Saverio Di Bella per il reato di cui all’articolo 353 cpv. c.p.(turbata libertà degli incanti) in concorso con il responsabile della Camassa spa sig. Chiapperini Raffaele. Il magistrato ha ritenuto che il Di Bella abbia turbato il regolare svolgimento della gara per l’attribuzione del servizio di pulizie del Policlinico, abusando dell’ufficio di delegato del Rettore e di componente della commissione di gara, con vari comportamenti fraudolenti analiticamente indicati nell’imputazione con cinque punti di contestazione, tutti finalizzati a provocare l’aggiudicazione in favore della Camassa s.p.a.Inoltre il dott. Santalucia ha contestato al Di Bella di aver abusato dell’ufficio di Senatore della Repubblica, sollecitando alla direzione generale dell’Inps un’indagine sull’effettiva sussistenza in capo alla Cooperativa Ariete del numero delle unità lavorative, requisito essenziale per partecipare alla gara, e di aver adottato queste iniziative per procurare un vantaggio alla ditta Camassa, essendo legato da vincoli di amicizia col titolare Raffaele Chiapparini..” E cosa è successo? Un colpo di scena…: “In questo procedimento, nel corso dell’istruttoria dibattimentale in pubblica udienza il 9-6-2006, il teste dott. Cuzzocrea Dino, fratello del Rettore dell’Università prof. Cuzzocrea Diego, ed imprenditore di rilievo nel settore farmaceutico alla domanda del PM dott Barbaro dichiarava: il prof. Di Bella mi disse che c’erano dei soldi a disposizione che se non lo voleva fare mio fratello il rettore potevo farlo io personalmente che intanto avrei avuto dei soldi per me, mi disse una battuta, 50 milioni di lire mensili poi vedendo forse una mia ritorsione quasi che io volessi di più mi disse ci sono più soldi. PM: ‘scusi dottore ci sono più soldi se l’Università risolve in favore?’ Risponde Cuzzocrea: ‘a favore della Camassa e non del Marino’. La disposizione del dott. Cuzzocrea continuava indicando, con precisione di dati ed episodi, i vari incontri in cui il Di Bella si era recato all’Ufficio del Cuzzocrea per chiedergli di intervenire presso il fratello prof. Cuzzocrea, neo eletto Rettore dell’Università, insistendo ed offrendo tangenti nel caso in cui fosse stato aggiudicato l’appalto alla soc. Camassa. In un episodio era presente anche il Marino che insisteva dicendo che era la Coop. Ariete l’aggiudicataria e che lui voleva assegnati i lavori senza pagar niente a nessuno. La causa si è poi conclusa con sentenza 20-12-2006, che in applicazione della legge ‘ex Cirielli’ ha dichiarato la prescrizione dei reati”.
Ma non è finita: Di Bella quindi si salva con la prescrizione; e Marino? “Un altro procedimento –continua la denuncia- è stato promosso dalla Procura della Repubblica di Messina nei confronti di Marino Carmelo, su denuncia del Di Bella, con l’accusa di istigazione alla corruzione, che però si è concluso in Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18 del 4-2-2002 nella quale a seguito di una accorta e puntuale ricostruzione della realtà la Suprema Corte decideva definitivamente l’  “annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste”. Si è quindi verificato, anche in questo caso, il pieno coinvolgimento delle parti, perché il P.M. dott.ssa Rosa Raffa ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio del prof. Saverio Di Bella in ordine alla seguente imputazione: ‘per avere con denunzia presentata alla Procura della Repubblica di Messina, incolpando il sig. Marino Carmelo che sapeva innocente, del reato di tentata corruzione, affermando falsamente che lo stesso, vantava amicizie nel mondo politico e nella magistratura’. Il processo si è concluso in 1° grado con sentenza di condanna del Di Bella e nei gradi successivi di giudizio è stato dichiarato estinto per prescrizione”. Ancora una volta la prescrizione salva Di Bella.
Tutto finito? Per niente! “Sulla denuncia del Di Bella contro Marino di essere vicino ad ambienti mafiosi, la Polizia non è riuscita a trovare proprio nulla. In archivio vi era però una denuncia della Squadra Mobile del 20-3-1989 nei confronti del Marino per un episodio collegato alla gestione da parte della Cooperativa Ariete dell’appalto delle pulizie alla Fiera di Messina, che era stato rubricato con la previsione del reato di cui all’articolo 416 bis c.p.,. Però, su questa imputazione il Gip del Tribunale di Messina con decreto del 24-11-1989 aveva deciso di prosciogliere il Marino con la formula di non doversi promuovere l’azione penale. La polizia ha ripreso questa denunzia ed, a distanza di oltre undici anni, senza nulla aggiungere o modificare l’ha riportata in alcuni importanti processi contro la mafia messinese. Così è iniziata la ‘via crucis’ del Marino, che ha dovuto difendersi, sempre dalla stessa accusa dalla quale era stato prosciolto nel 1989, in diversi processi. In tutti è stato definitivamente assolto o prosciolto con formula piena”. La denuncia riporta le assoluzioni: in particolare il procedimento per mafia, con imputazione formalizzata un anno e mezzo dopo la sentenza del Cga che gli affidava l’appalto “..con la precisazione che il Sig. Marino, sarebbe stato gestore di fatto della società cooperativa Ariete e sarebbero sussistiti tentativi di infiltrazioni mafiose in tale società (si badi bene: accuse di infiltrazione mafiosa formulate per fatti già dichiarati inesistenti nel 1989, nei confronti di una società inerte sin dal 1995!). In questo procedimento il P. M. (dott.ssa Rosa Raffa) all’udienza del 24-6-2008 accortasi che si trattava dello stesso appalto delle pulizie della Fiera Campionaria definito nel 1989, chiedeva l’applicazione del 129 cp.p. in base al principio del ne bis in idem, trattandosi dello stesso fatto per il quale Marino non poteva essere nuovamente giudicato. Proprio questo procedimento ha impedito alla Cooperativa Ariete  l’assegnazione del servizio di pulizie in attuazione di quanto prevedeva la sentenza del C.g.a. n.192 del 13 aprile 2000). Il Tribunale ha deciso con sentenza….del 31-10-2008 che ha sostanzialmente accolto la richiesta del P.M.”.
Di fatto, Marino ne ha viste di tutti i colori e la sua attività imprenditoriale si è fermata. Nel frattempo l’azienda Policlinico ha attribuito ad altri il servizio di pulizie. Ma in questa brutta storia, anche le condotte delle Istituzioni non sono esenti da ombre. Cosa è accaduto infatti il 9 giugno 2000, due mesi dopo la sentenza del Cga che dava l’appalto alla coop. “Ariete”? “…lo stesso Questore di Messina –continua la denuncia- ha trasmesso al Prefetto l’informativa antimafia in cui così dichiarava: ‘Il succitato Marino Carmelo in questi anni risulta denunziato in data 20.3.1989 dalla locale Squadra Mobile alla locale A. G. per associazione per delinquere di stampo mafioso, accusa da cui è stato prosciolto in data 24.11.1989 dal GIP presso il Tribunale di Messina con la formula di non doversi promuovere l’azione penale. Sul suo conto si richiamano altresì le note già trasmesse a codesta Prefettura in data 25.1.1996 e 29.1.1996 e la nota riguardante il nuovo assetto societario della cooperativa datata 09.06.2000. Allo stato degli atti non risultano elementi che possano suffragare eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare la scelta e gli indirizzi della società in oggetto indicata”. Eppure, il 19 luglio 2000, il Prefetto di Messina Giosuè Marino, attuale VicePresidente della Regione ed assessore regionale all’energia, ha vergato un’informazione antimafia sulla coop. “Ariete” diretta al direttore generale del Policlinico di Messina, in cui in riferimento alla stessa coop si parla di “…oggettivi tentativi di infiltrazioni mafiose..” E allora come stanno le cose? Un falso? Pare proprio di sì.
Nella denuncia inviata ai vertici degli uffici inquirenti della magistratura messinese si dice, fra l’altro: “…si comprende allora che le denunce, le perquisizioni, i sequestri e tutti gli altri atti vessatori verso il Marino e verso la Cooperativa non sono soltanto fatti occorsi per mero errore giudiziario, dai quali è necessario difendersi pur essendo innocente, bensì il frutto delle manovre effettuate per impedire alla Cooperativa Ariete di esercitare il servizio aggiudicato con un regolare appalto. E’ logico pensare che questo appalto era sfuggito dal rigoroso controllo esercitato sugli appalti pubblici del Policlinico Universitario che Marino, dato che aveva rifiutato ogni compromesso e preteso di esercitare il suo diritto senza pagare tangenti, andava severamente punito. La regia ha ritrovata forse nell’esame della lunga e puntuale testimonianza del dott. Cuzzocrea, ed anche nelle dichiarazioni rese dal Marino nel processo per tentata corruzione conclusosi in Cassazione con la sua assoluzione e successivamente con il procedimento per calunnia contro Di Bella…’Il senatore Di Bella mi disse: tu mi lasci l’appalto delle pulizie del policlinico io ti do le pulizie di tutta l’università’, al mio rifiuto il Senatore Di Bella si recava alla Procura generale per farmi indagare. Tale strategia consentiva di tenere fuori la Cooperativa Ariete dall’appalto. Successivamente dopo un paio di mesi circa, lo stessosenatore Di Bella del PD mi convocava all’Università tramite la dott.ssa Calogero per formalizzarmi “la nuova proposta: tu il gioco lo conosci, facciamo come fanno gli altri (vedi deposizione Cuzzocrea dell’11.10.2006, tribunale di Messina 2° sezione penale)-dammi il 20% dell’appalto delle pulizie che ti faccio entrare.
Forse si può ritenere che tutte le vicissitudini di Marino derivino dal comportamento strumentale ed illegittimo posto in essere da coloro che avevano interesse a bloccare la Cooperativa Ariete e non immetterla in servizio presso il Policlinico Universitario dopo che la sentenza n. 192 del c.g.a. del 13 aprile 2000 ha disposto l’assegnazione dell’appalto. A conferma di questa tesi è opportuno osservare che il Sig. Carmelo Marino prima dell’aggiudicazione del servizio pulizie e dell’inizio del procedimento penale…, non aveva alcuna pendenza giudiziaria o di prevenzione, tanto che il certificato penale rilasciato il 15-2-2005 riporta la dizione “nulla”.”
Eppure “la Procura della Repubblica di Messina –continua la denuncia- attraverso le indagini promosse dal dott. Santalucia (oggi in servizio a Roma presso il Consiglio Superiore della Magistratura) aveva colto l’illegittimità dei comportamenti del prof. Di Bella, tanto che, quest’ultimo in una intervista all’emittente ‘Il Tirreno’ si è lamentato del comportamento del magistrato, sostenendo di aver denunciato presunte irregolarità in un appalto del Policlinico universitario di Messina. Ma, ha aggiunto: ‘il Pm Santalucia non ha svolto indagini ed inoltre da denunciante sono diventato inquisito. Certi ambienti non si toccano la Procura preferisce indagare le persone per bene’. Per questa dichiarazione Di Bella è stato inquisito per diffamazione e condannato con sentenza del Giudice monocratico del 21-11-2001 alla pena di un milione e mezzo di multa ed una provvisionale a favore della parte civile dott. Santalucia di centomilioni di lire”.
Di fatto, però, malgrado la coop “Ariete” non avesse problemi per la partecipazione e l’aggiudicazione di appalti pubblici, è rimasta fuori dai lavori che gli erano stati assegnati. Malgrado il Questore avesse informato il Prefetto che non vi fossero condizioni ostative all’appalto, le cose non sono cambiate. “…il Direttore  Generale del Policlinico –è scritto in denuncia- ed il Rettore, non hanno mutato la ferrea decisione di non attribuire il servizio alla Cooperativa Ariete, rifiutando l’adempimento, della sentenza del CGA, portando a giustificazione l’esistenza di qualche procedimento ancora in corso. Dopo l’ultima sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Messina il 31-10-2008, non vi è più alcun motivo per impedire o ritardare l’esecuzione della sentenza del Giudice Amministrativo.”
La Coop “Ariete” ha continuato ad attivarsi per vedere riconosciuto un diritto sacrosanto, a chiedere agli organi universitari, informando anche i vertici della magistratura requirente messinese, l’adempimento della sentenza del Cga e l’aggiudicazione dell’appalto, ma invano. Niente lavoro, con conseguenze pesanti, morali e materiali, per la famiglia Marino. “Colpevoli” di non avere abbassato la testa? O di altro?
Gli ultimi sviluppi sono molto interessanti: la Procura di Messina, con il Pm Stefano Ammendola, ha chiesto l’archiviazione dell’esposto di “Ariete” risalente al 29 dicembre 2008, che lamentava la condotta dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Messina in quanto non stipulava il contratto di appalto. La cooperativa ha presentato opposizione.
Quel che è venuto fuori, adesso, dalla richiesta di archiviazione sono soprattutto le dichiarazioni alla Procura del direttore generale del Policlinico di Messina Giuseppe Pecoraro. Sono parole che spiegano perché gli atti dell’inchiesta sono stati trasmessi alla Procura di Reggio Calabria, che poi li ha trasmessi nuovamente a Messina. Ebbene, cosa scrive il Pm nella richiesta di archiviazione? “..In ordine alle dichiarazioni di quest’ultimo, dr Pecoraro, su presunte ‘sponde’ giudiziarie che l’Ariete potrebbe avere nel palazzo di giustizia di Messina, si è provveduto a trasmettere in data 25.3.2010 per competenza gli atti alla Procura di Reggio Calabria…”Ha messo a verbale, il 27 gennaio 2010, il dr Pecoraro, sentito a sommarie informazioni, davanti al Pm Ammendola: “…Inizialmente, nel marzo-aprile del 2008, il Marino si presentò insieme ad un sedicente dipendente del palazzo di Giustizia, parente dell’on. Cuffaro come da lo stesso dichiarato, -che saprei riconoscere-, ed entrambi auspicavano un esito favorevole del contenzioso con l’Ariete…” Ha continuato Pecoraro, facendo riferimento ad un dirigente del settore economico finanziario del Policlinico, Giuseppe Laganga. “Quello che il Laganga –ha dichiarato a verbale Pecoraro- non mi ha riferito, ma che ho dedotto dalla sua affermazione è che vi possano essere delle ‘sponde’ istituzionali  sostegno delle rivendicazioni dell’Ariete. Pertanto mi sono determinato a scegliere un avv. del foro di Palermo. La mia sensazione in ordine alle ‘sponde’ è di un legame compiacente con esponenti del Palazzo di Giustizia di Messina”. Affermazioni che,  una volta conosciute, hanno prodotto una denuncia-querela contro Pecoraro da parte della signora Irrera e di Marino che sostengono la non veridicità di quanto affermato dal dr Pecoraro. Lo stesso Laganga ha dichiarato al Pm: “non ho fatto alcun riferimento a legami politici o agganci giudiziari della Coop. Ariete, quando ho parlato con il Pecoraro…” Pecoraro, inoltre, nelle sue dichiarazioni al Pm Ammendola ha aggiunto: “non diamo esecuzione al contratto con l’Ariete, in quanto quel contratto si è estinto e l’Azienda ha effettuato una nuova gara con l’affidamento del servizio a M.T.S, consorzio che ha in atto la gestione delle pulizie del Policlinico…”
Ma non è finita: nella richiesta di archiviazione della Procura di Messina è scritto: “…l’ulteriore doglianza della difesa dell’Ariete secondo cui le risposte della Prefettura sono prive di motivazione alcuna è priva di fondamento, basti pensare alla nota che riporta il parere dell’avvocatura distrettuale…”Si tratta di pareri dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, in tema di nuova informativa antimafia. Secondo il Pm Ammendola non ci sono reati nella controversia fra “Ariete” ed il Policlinico, nonché fra la cooperativa e la Prefettura. Eppure, la cooperativa ha perso l’appalto, non lavora da anni. La Procura ha acquisito gli atti del contenzioso amministrativo, “…nel quale, allo stato, si registrava un rigetto del ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c…” La causa è ancora in corso. La Procura, inoltre, ha rilevato, nella sua richiesta di archiviazione, anche la prescrizione in quanto i fatti al centro della controversia risalgono agli anni ’90.

La cooperativa, comunque, si è opposta all’archiviazione, con il suo legale, l’avv. Pietro Ivan Maravigna. Il legale ha rilevato, tra l’altro, che le due Procure interessate alla vicenda, Messina e Reggio Calabria, non hanno seguito quanto prevede il codice in tema di conflitto di competenza. Aggiunge Maravigna: “quanto al merito della richiesta avanzata dal P.M., si sottolinea che lo stesso è giunto alle proprie conclusioni senza aver tenuto in alcun conto i prosiegui degli esposti presentati da questo difensore e dei quali non vi è alcun cenno nella richiesta di archiviazione.”

Il legale della cooperativa ha riferimento ad un nuovo ricorso, in sede amministrativa, presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia da parte della coop “Ariete” per ottenere quanto le spetta: l’appalto delle pulizie legittimamente vinto. L’avv. Pietro Ivan Maravigna, legale della signora Angela Irrera Presidente di “Ariete, ha presentato appunto un ricorso per il giudizio di ottemperanza  contro l’azienda ospedaliera universitaria Policlinico di Messina “G. Martino”

(già Policlinico Universitario di Messina) e l’ Università degli Studi peloritana per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del Cga depositata il 13 aprile 2000, in cui è sancito il diritto della cooperativa “Ariete” all’appalto. Il 16 dicembre 2010 si è celebrata la prima udienza nella quale si è costituito il Policlinico, affermando di non aver proceduto all’aggiudicazione dell’appalto per la mancanza del certificato antimafia.

TUTTO IL CONTRARIO, INSOMMA, DI QUANTO PECORARO AVEVA DICHIARATO IN INTERROGATORIO AL P.M. QUANDO AVEVA DETTO CHE NON AGGIUDICAVA ALL’ARIETE PERCHE’ LA PROCEDURA ERA GIA’ CONCLUSA.
Eppure, la cooperativa l’ha chiesto il certificato, eccome. Esiste, sul tema, la sentenza del Tar Reggio Calabria del 28 febbraio 2007 che recita: “la successiva assoluzione determina l’obbligo per l’autorità prefettizia di riprendere in considerazione la situazione del soggetto interessato per le valutazioni di competenza dell’amministrazione ai fini della eventuale revoca dell’interdittiva”. Proprio il caso del signor Marino. Ma la Prefettura di Messina non ha fatto quanto dovuto per legge.
E com’è finita? Nella sentenza, del 31 maggio scorso, il Cga, pur dichiarando inammissibile il ricorso in quanto proposto nei confronti del Policlinico e non già contro la Prefettura di Messina che aveva l’obbligo di rilasciare il certificato, afferma che: “…dopo la summenzionata decisione del 2006, sono, peraltro, intervenuti nuovi fatti che dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la ricorrente non versava nel 2000 in alcuna condizione ostativa alla stipulazione del contratto…” Insomma, “Ariete” aveva ragione: ora, visto che il suo diritto è stato calpestato, partirà una causa contro lo Stato per 60 milioni di euro. E probabilmente una richiesta di risarcimento contro i Prefetti protagonisti di violazioni di legge, compreso il VicePresidente della Regione Marino. L’uomo della legalità della giunta Lombardo.