martedì 31 maggio 2011

ANTICIPAZIONI STAMPA: IBLIS, GENCHI E IL CIRCUITO MEDIATICO-POLITICO


Riceviamo in redazione un editoriale che sarà in edicola sabato prossimo su un settimanale catanese, il prurito di pubblicarlo non è mancato, "BRUCIARE LA NOTIZIA", senza nessun nostro commento:
"Che il superconsulente delle procure di mezza Italia, Gioacchino Genchi, scendesse in campo in difesa di Raffaele Lombardo, era impensabile. Che incrociando e analizzando le 80mila pagine degli atti dell’operazione «Iblis», cominciasse a demolire alcuni passaggi su cui si regge il teorema accusatorio, è incredibile.
Che con le sue rivelazioni abbia spiazzato blog e giornali che si reggono soltanto sul rancore verso il Governatore e sorpreso i pm che da qualche anno gli danno la caccia, è provato dai servizi, accaniti nel condannare, flaccidi nell’assolvere. Perché se fosse vero (e Genchi non si sputtanerebbe se non avesse le prove…) che l’incontro con il boss di Palagonia, Rosario Di Dio (che racconta a un amico, Salvo Politino, legato al presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, del Pdl, l’incontro con Lombardo mentre era sorvegliato speciale e la raccolta di voti a suo favore il giorno delle elezioni) non è mai avvenuto, allora non sarebbe sbagliato sostenere, come ha detto il superconsulente, che si è di fronte a un «complotto di dimensioni titaniche».
Un «complottone» non ordito certamente dai magistrati ma da chi passa loro le informazioni.Tanto che l’ex vice questore commenta: «Il magistrato è come il cuoco che cucina gli alimenti che gli portano. I magistrati di Catania hanno cucinato la pietanza portata loro dal Ros. Se incrociamo le date delle indagini con quelle dei vari governi Lombardo, che hanno visto l’esclusione prima del’Udc, poi del Pdl e poi di Fds, ci sono delle perfette coincidenze. Penso che ci sarà molto da scrivere ancora su questa storia».
E certo la vicenda «Iblis» non è finita. Anzi siamo soltanto all’inizio. Perché se è vero che «i magistrati cucinano la pietanza», è anche vero che alcuni di loro dalla cucina non hanno intenzione di spostarsi, anche a costo di bruciare il piatto. Notizie e indiscrezioni sul «caso» Lombardo, sono sempre a orologeria e anticipatorie di vedute contrastanti: noi volevamo impiccare il Governatore, la colpa è di altri che hanno fatto sparire la corda.
Eppure, alcuni dei pm «decisionisti» non hanno tenuto lo stesso passo quando l’indagato non era Raffaele Lombardo, leggi processi «Garibaldi» e «Padrini» (ma non c’era anche un secondo rapporto dei carabinieri su Paternò che hanno chiamato in causa personaggi politici sfiorati nella prima inchiesta?). Ora i soliti noti attendono a bocca aperta la decisione del procuratore facente funzione Michelangelo Patanè e dell’aggiunto Carmelo Zuccaro, magistrati fuori dalla mischia e, soprattutto il secondo, profondi conoscitori del diritto. E nella vicenda non dimentichiamo che il procuratore uscente Enzo D’Agata alla richiesta di misure cautelari pose il suo «visto con assenso» dopo lo stralcio della posizione del Governatore.
La sberla rimediata da Berlusconi e dal Pdl al ballottaggio meriterebbe un lungo approfondimento e non le poche righe che siamo costretti a dedicare. Dopo molti anni c’è una saturazione dell’elettorato nei confronti del Cav. molto preso dai suoi guai personali e poco da quelli del Paese. Il trito e ritrito ricorso ai comunisti e alla magistratura politicizzata ha stancato gli elettori. Ed essersi circondato di camerieri, maggiordomi e scilipotiani attaccati alla poltrona, ha peggiorato le cose. Forse non siamo ancora alla fine del berlusconismo né alla caduta del Governo, come vorrebbero Bersani e Di Pietro, ma se il premier non si avvicina alla gente e ai suoi problemi, se continua a privilegiare Bossi e Tremonti, se non caccia dal suo entourage i mentecatti, gli ipocriti e i servi, può ritirarsi nella sua villa di Arcore. Perché alle prossime elezioni sarà spazzato via…"

lunedì 30 maggio 2011

BENVENUTI NEL SISTEMA CATANIA: La “città degli amici”: un verbale di un processo emblematico


Scritto da MARCO BENANTI   
Domenica 29 Maggio 2011 14:52
CASO CATANIA

Lo negano in tanti, lo conoscono in molti: cos’è il “Caso Catania”? Eccone un esempio: politici di varia collocazione davanti ad un Tribunale e ad un Senatore della Repubblica
Esiste il “caso Catania”? Il Palazzo lo nega. Esiste un sistema di Potere che accomuna componenti diverse dello schieramento politico, unite trasversalmente? E’ in corso –ma si dice a torto- che sia cosa “vecchia” un processo in Corte d’Appello, a Catania: quello per lo scandalo del nuovo ospedale “Garibaldi”. Una vicenda, in realtà, emblematica, uno specchio della città. Il volto sporco, truffaldino e mistificatorio di una città comandata da mercanti. Anche nelle Istituzioni. Un sistema del genere ha solo bisogno di silenzio. Che la luce si spenga. Ecco a cosa serve il monopolio di Mario Ciancio, il garante degli equilibri di Potere. Oppure, il sistema ha bisogno di accomodamento, di toni bassi. Un vasto e ampio coro. Di consenso. Chi non sta al gioco è  indicato come “pazzo” o peggio.
Esempio di questa condizione è questa “pagina” del processo di primo grado per lo scandalo del “Garibaldi”. Ecco, a verbale, cosa accadde…..
Il 19 dicembre 2005 all’udienza davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Catania, Presidente Roberto Camilleri, a latere i giudici Cristaldi e Corrao, Pm Francesco Puleio, sono chiamati numerosi testimoni: sono politici di destra e di sinistra. Oggetto della testimonianza la contiguità o meno alla mafia o, comunque,  ad interessi illeciti del senatore Pino Firrarello. Precisiamo che, al termine del processo di primo grado, Firrarello è stato assolto per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. E’ stato condannato, invece, a due anni e mezzo, per turbativa d’asta aggravata dall’aver agevolato Cosa Nostra: questo, non gli ha impedito, però, di continuare a fare il sindaco di Bronte. In appello, la Procura Generale ha già rilevato la prescrizione, nell’ambito di un processo che conosce rinvii su rinvii e una conduzione alquanto discutibile del collegio giudicante, dove siede un magistrato, il dott. Santangelo, che ha già giudicato, con altri colleghi togati, in appello, per gli stessi fatti del processo “Garibaldi” il genero di Firrarello, Giuseppe Castiglione, che è stato assolto.
Ecco cosa recita il verbale del 2005.
Giovanni Burtone, già nella Dc, attuale deputato nazionale del PD: “…guardi, io…nel modo più assoluto non ho avuto mai richieste, sia quando eravamo entrambi, non deputati regionali, da consiglieri comunali, da deputato regionale, e successivamente, nella giunta, non ho mai visto un agire dell’onorevole Firrarello che facesse pensare ad un suo rapporto o pseudo rapporto…meno che mai richieste di interventi illeciti o collegati o, peggio ancora, ad associazioni criminali e mafiose! Nel modo più assoluto. Mai. Debbo dire: quando c’è stata, anzi, qualche iniziativa da parte della giunta, la costituzione di Parte Civile contro processi in cui sotto accusa erano soggetti ricollegabili alla organizzazione criminale mafiosa, Firrarello è stato pienamente d’accordo e in linea con tutto il governo che in quella fase assunse quest’impegno di costituirsi Parte Civile contro…nei processi in cui c’era sotto accusa qualcuno ricollegabile al fenomeno crimina…mafioso…”.
Angelo Capodicasa, già nel Pci, già segretario regionale del Ds e già Presidente della Regione Siciliana, oggi deputato nazionale del Pd: “…la domanda si riferisce  all’azione, diciamo, dell’onorevole Firrarello nell’assemblea regionale siciliana, che io ricordi, no, mai. No…nella sua azione di assessore, di sicuro non nella prima fase, essendo l’onorevole Firrarello espressione di una maggioranza di cui noi facevamo parte. Ma credo neanche nella seconda parte perché non…anche se è passato tanto tempo, io non ricordo esserci stati momenti di contrasto, di scontro, su questioni che non fossero squisitamente politiche…”.
Nello Musumeci, già nel Msi, già Presidente della Provincia, oggi sottosegretario al lavoro del governo Berlusconi e capogruppo de “La Destra” al comune di Catania: “..Nulla! Nulla che potesse indurmi a pensare a rapporti del genere…”
Raffaele Lombardo: già nella Dc, già assessore regionale, Presidente della Provincia di Catania, oggi leader dell’Mpa e Presidente della Regione Sicilia: “no, mi sento di escluderlo in maniera categorica e assoluta. Conosco Firrarello da trent’anni, ma non è una conoscenza, devo dirvi, assolutamente superficiale. Ci siamo scontrati tantissime volte, da qualche tempo a questa parte siamo stati, dicevo, nella stessa coalizione, ma anche con posizioni parecchio dialettiche.  Mi sento di escluderlo nella maniera più assoluta che Firrarello possa avere avuto rapporti di questo genere. Perché? Ma perché quando ci si incontra comunque, anche se talvolta si è portati a scontrarci, giorno per giorno, si capisce che aria tira attorno ad una persona. E, per quanto riguarda Firrarello, sinceramente mi sento di escludere questo…”.
Chissà se la penserebbe ancora così. Sappiamo solamente che il 13 aprile del 2010 nel corso del famoso intervento davanti il Parlamento Siciliano ha fatto capire altro. Ma questa è altra storia.
Continuiamo con la lettura delle dichiarazioni.
Vito Cusimano, già nel Msi, deputato regionale, poi senatore di An : “…assolutamente no. Tra l’altro, io ho conosciuto il senatore Firrarello come persona assolutamente perbene, avversari politici, perché allora la politica era una cosa seria e c’era una contrapposizione seria in assemblea regionale. Ma tutto questo non poteva assolutamente significare…né io potrei affermare una cosa diversa da quello che sto per dire, cioè: non mi risulta assolutamente alcun contatto con quel tipo di delinquenza…”
Gaetano Bonina, già comunista, poi all’epoca di quell’udienza di Rifondazione, già consigliere comunale e vice sindaco a Bronte: “…è stata una persona moralmente sana, un cittadino onesto, uno che si faceva sempre i fatti propri, un buon cattolico.  Tutt’oggi, ogni…quando è libero, a Bronte, va in chiesa si comunica. Un bravo cattolico. Per me è un gran signore.” Su presunti rapporti con la mafia? “No. Anzi, posso affermare un particolare brontese: che una volta in un Consiglio Comunale –non mi ricordo se lui era vice sindaco o sindaco- c’era un consigliere comunale un po’ chiacchierato e lui mi ricordo che ha fatto di tutto,  ha convinto tutti i consiglieri, siccome era un assenteista per eccellenza, di farlo decadere perché non veniva in Consiglio Comunale e si lamentava sempre di questa figura, e tanto ha fatto che lo ha mandato a casa…”
Nunzio Pafumi,  già segretario del Pci a Bronte, già consigliere comunale: “…non ci sono stati….a parte dei contrasti politici, per il resto io…per me è stata una persona  corretta, onesta e disponibile…..”
Nunzio Ciraldo, già Msi, già consigliere comunale: “..a me non risulta…”
Più attuale di così !!!

CASO CATANIA: Lettera Aperta di Giambattista Scidà, Presidente Emerito Tribunale Minori


Scritto da Redazione   
Domenica 29 Maggio 2011 15:27
CATANIA, PALAZZO DI GIUSTIZIA

Lettera aperta alla V Commissione del CSM, in relazione all'istanza del dott. Giuseppe Gennaro, di nomina all'Ufficio di Procuratore della Repubblica di Catania; destinatari di essa lettera anche il Presidente della Repubblica, il Vicepresidente e il Comitato di Presidenza del CSM; la I Commissione del CSM ed il Ministro della Giustizia.
Codesta on.le Commissione V non può provvedere sull’ istanza Gennaro, senza prima avere acquisito parere non viziato del Consiglio Giudiziario di Catania, in luogo di quello che le é stato rimesso, invalido per il modo della sua formazione, a causa di vizi appariscenti che ne determinano la radicale inattendibilità e, prima ancora, l'inutilizzabilità.
I fatti, certissimi, son questi:
Il 14 dicembre 2010 furono depositati, nella Segreteria del Consiglio Giudiziario, due scritture:
1°) Un'esposizione dei percorsi del magistrato, dal 1982 al 2009, sotto il titolo di “Per capire il  caso Catania”;
2°) La segnalazione, al Presidente f.f. Della Corte d'Appello, di documentate circostanze, relative ai suoi rapporti con l'autore della scrittura, che potevano suggerirgli di lasciare ad altri, per l'affare Gennaro, la Presidenza dell'organo.
Il dott. Scuto non ritenne di astenersi; la relazione sulla istanza Gennaro fu da lui rimessa ad un componente che è Sostituto nella Procura Repubblica presso il Tribunale di Catania, com'è lo stesso dott. Gennaro, da quando ha dovuto lasciare le funzioni, esercitatevi per otto anni, di Procuratore Aggiunto: della quale Procura esso Gennaro è in attesa di conseguire la direzione. Nota a tutti è l'eminente posizione di lui: è stato a capo della corrente di maggioranza dell' ANM; ha presieduto per due volte tale associazione;  è stato membro del CSM. Il gruppo degli eletti al Consiglio per la sua corrente è sempre il più numeroso fra tutti. Sono iscritte nella storia della magistratura italiana le prove della sua influenza: il prontissimo voto del CSM, a sua richiesta e per sua tutela, del 20.3.2001, a proposito dell'acquisto di una villetta in San Giovanni La Punta, che egli asseriva di aver comprato da soggetto estraneo alla mafia; il rifiuto del CSM di tornare su quel voto avventuroso, dopo le rivelazioni del simulato costruttore e venditore; l'osservanza bipartisan della quale egli è oggetto dalla Sinistra e dalla Destra, come in gara tra loro; il rifiuto della Destra, ascesa al governo proprio in quell'anno, di perseguirlo disciplinarmente, o di disporre ispezioni; il rifiuto della Commissione Antimafia di quella legislatura (XIV) di aprire inchiesta; per non dire di numerosissimi altri fatti, ognuno dei quali confermativo della sua speciale posizione.
Il Presidente, dal quale fu disegnato il relatore, era candidato all'Ufficio di Presidente della Corte d'Appello.
Il tenore del memoriale succitato era tale da precludere la possibilità di un parere non preceduto da attenta considerazione dei singoli suoi punti, e da accertamenti.
Ma il Consiglio ha eluso quell'imprescindibile testo con l'affermazione che i fatti sono irrilevanti, perché “pregressi” e già definiti nelle competenti sedi istituzionali. Ma l'affermazione, tutta generica e gratuita e apodittica, è insostenibile. Se non fosse infondata , sarebbe inconferente: che questo o quel fatto, tra tanti, sia stato “definito” in qualche sede, a certi fini, non toglie che esso serbi rilevanza, forse anche aumentata dalla stessa definizione ai fini del parere.
Il “parere” che la Commissione V ha tra le sue carte è una parvenza di parere. Non è l'atto che la Commissione ha il diritto e – prima ancora – l'obbligo di esigere.
Il parere, seriamente utilizzabile, che va chiesto al Consiglio Giudiziario, non può prescindere dall'effettivo esame della scrittura a mia firma; va espresso in composizione ineccepibile dell'organo; e deve esserlo sopra relazione di un componente dalla garantita autonomia rispetto all'interessato. La composizione sarà sottratta a riserve critiche dall'astensione del dott. Scuto, che codesta Commissione ha frattanto proposto per Presidente Capo della Corte d'Appello, preter mettendo altro concorrente per una pregiudiziale di diritto, afferente alla legittimazione,  che si trova, per altri casi, all'esame del Consiglio di Stato. La proposta del dottor Scuto è stata già impugnata dal controinteressato. Essa, e i termini della cennata questione, dovranno essere esaminati dal plenum.
A quanto auspico, da cittadino, c'è in astratto un'alternativa: una deliberazione immediata, alla base della quale stia   p r o   r a t i o n e   v o l u n t a s. Mi interdico, per la fiducia che va nutrita nei confronti della Commissione, il pensiero che questo possa avvenireNon è più tempo per impazienti colpi di aritmetica dei voti, come se ne ebbero  nel marzo del 2001, per la fortuna del dottor Gennaro, e con pregiudizio enorme dell'organo deliberante; non è più tempo, nemmeno se si tratti della fortuna di lui. In dieci anni la sera è andata scendendo sul prestigio di quasi tutte le grandi istituzioni. Non è il caso di farla più cupa.
 13.5.2011
Giambattista Scidà

La Burocrazia regionale affligge la Sicilia, la politica sta a guardare la lenta agonia


Scritto da Redazione   
Domenica 29 Maggio 2011 14:23
I nostri corrispondenti da Palermo di Live Sicilia TV intervistano la sen. Simona Vicari sul mancato impiego dei fondi strutturali europei, puntando il dito sulla mala burocrazia regionale.
Noi nelle scorse settimane avevamo accusato il grave delitto che i "BUROSAURI" della Regione Siciliana compiono nei confronti della collettività, dei tanti giovani, delle imprese, della ricerca, dell'innovazione tecnologica che attraverso i tanti fondi messi a disposizione dall'Unione Europea potrebbero trovare soluzione per un rilancio dell'Isola. Ma la politica, attenta ad altro, dichiara di rivoluzionare la macchina regionale, ma finora non rivoluziona nulla. Gli stessi direttoti, gli stessi dirigenti sono ancora lì per far perdere la Sicilia. Ascoltiamo l'intervista.

domenica 29 maggio 2011

Inchiesta IBLIS - Raffaele Lombardo: " Fuga di notizie in violazione del segreto istruttorio "

"Prendo atto che con cronometrica puntualità il giorno delle amministrative in Sicilia e dei ballottaggi nazionali, grazie alla consueta fuga di notizie in violazione del segreto istruttorio, si fa sapere all’opinione pubblica l’ipotetica esistenza di un atto interno, di nessuna rilevanza procedurale, allo scopo di creare un artificioso clima di pressione sull’opinione pubblica e sulla necessaria serenità che caratterizza il lavoro della magistratura.
Lo scorso 20 aprile, quando sono riuscito a venire in possesso degli atti del procedimento IBLIS, ho conferito un articolato incarico di consulenza difensiva al dr. Gioacchino Genchi ed al suo staff.
Il dr. Genchi ha già ultimato l’informatizzazione degli atti del procedimento ed ha iniziato l’estrapolazione di elementi che in modo oggettivo ed incontrovertibile dimostrano la mia assoluta estraneità ai fatti che mi vengono contestati.
Penso di non dovere aggiungere nulla sulla professionalità del dr. Genchi, di cui si è pure servita anche di recente la magistratura di Catania: dal processo per la costruzione del nuovo ospedale Garibaldi di Nesima ad un processo di mafia conclusosi con sentenza di condanna emessa qualche settimana fa dal tribunale di Catania.
Ho seguito il lavoro da lui svolto in queste settimane condividendo la sua metodologia, l’obiettività e il rigore logico e scientifico con cui procede nelle analisi ed accompagna le conclusioni". 
Questo quanto afferma Raffaele Lombardo

E questa la nota di Gioacchino Genchi:

Ho accettato l’incarico di consulenza difensiva dell’On. Lombardo, nel procedimento IBLIS che lo vede indagato alla Procura di Catania. Non conoscevo l’On. Lombardo.
Sono note, per il resto, le mie posizioni e tutti sanno che non mi identifico per nulla nel “presente” politico dell’On. Lombardo (nonostante la benedizione del PD) e ancora meno nel suo “passato”. L’unica cosa di cui sono certo – specie dopo avere analizzato l’intero fascicolo processuale – è l’assoluta estraneità dell’On. Lombardo ai fatti che gli vengono contestati.
C’è una tempistica nelle accuse raccolte contro Lombardo che già da sola induce non poche riflessioni.
E’ da novembre 2009 che si raccolgono “prove “ contro di lui grattando il fondo del barile, ripescando fatti e circostanze che la stessa Procura di Catania aveva già ritenuto non vere.
Per il resto le accuse del ROS abbracciano un periodo di oltre 10 anni ed incrociano vicende che conosco molto bene.
Nelle informative vengono più volte indicate in modo errato le cariche istituzionali ed elettive ricoperte nel tempo dall’On. Lomabrdo, grazie alle quali egli avrebbe favorito la mafia.
Viene fatto passare per deputato regionale, ad esempio, in un’epoca in cui l’On. Lombardo era parlamentare europeo.
Per il resto la destrutturazione degli elementi di accusa mi ha già consentito di estrapolare fatti che in modo oggettivo ed incontrovertibile dimostrano l’assoluta infondatezza delle accuse del ROS e di taluni aspiranti mafiosi, già accreditati come tali negli atti di indagine, al solo fine di provare che anche Lombardo è mafioso.
Sono già in condizione di provare, ad esempio, che la notte precedente alle elezioni europee del 12 giugno 2004, quando Lombardo sarebbe andato a trovare a casa un presunto mafioso (già sottoposto alla sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza) per ottenere il suo appoggio elettorale, l’On. Lombardo si trovava in tutt’altra località della Sicilia.
 Non posso dimostrare se e quante sigarette abbia mangiato quella notte. Ma sono certo di potere dimostrare che le accuse del ROS sono del tutto infondate.
Dall’alba all’apertura dei seggi, senza nemmeno dormire, quel mafioso sarebbe riuscito a fare avere a Lombardo i circa 100 mila voti che ha riportato in quella competizione elettorale, che nemmeno gli consentirono di venire eletto.
L’informatizzazione del fascicolo del procedimento IBLIS
L’urgenza e la delicatezza dell’incarico ci hanno imposto dei ritmi serrati.
Abbiamo digitalizzato e informatizzato, in modo analitico-relazionale, i 133 fascicoli del procedimento, suddivisi in 77 “Faldoni”, più i numerosi “Faldoni bis” e i fascicoli personali, con le posizioni giuridiche dei 56 indagati.
Abbiamo trattato, scomposto e analizzato un totale di 82.301 pagine fisiche, cui si aggiungono i dati delle intercettazioni, le localizzazioni GSP, i tabulati ecc., registrati in decine e decine di supporti CD-ROM e DVD.
Le tecniche della destrutturazione, indicizzazione e analisi cronologico-relazionale degli eventi sono le stesse di quelle che ho iniziato ad utilizzare nel lontano 1988, dopo le prime collaborazioni con il dr. Giovanni Falcone.
Il certificato del casellario giudiziale del dr. Giovanni Barbagallo
Proprio agli atti del fascicolo personale del dr. Giovanni Barbagallo – il noto geologo di cui tanto si è scritto in questi mesi – ho rinvenuto il suo certificato del casellario giudiziale.
Quando si concludono le indagini, prima dell’avviso agli indagati e alle persone offese, il pubblico ministero richiede il rilascio del certificato aggiornato del casellario giudiziale di tutti gli indagati del procedimento.
La richiesta del certificato del “casellario” formulata dal pubblico ministero, o da altro organo giudiziario, è diversa da quella avanzata dai privati.
Infatti, nel “certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati”, possono non comparire alcuni precedenti, quali la condanna ad una pena detentiva non superiore a due anni, per la quale può essere concesso, il beneficio della non mensione della condanna.
La concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, però, non rileva ai fini delle certificazioni rilasciate per ragioni di diritto elettorale e per le certificazioni rilasciate a richiesta dell’autorità giudiziaria.
Infatti, in caso di recidiva, ove il certificato del casellario giudiziale non contenesse gli estremi delle precedenti condanne, si rischierebbe di applicare all’infinito il medesimo beneficio ad un imputato condannato, che risulterebbe sempre “incensurato”.
L’annotazione di tutte le condanne nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’autorità giudiziaria si rende quindi necessaria anche ai fini della revoca della non menzione della condanna precedente, se il condannato, successivamente all’applicazione del beneficio, commette un delitto (co. 3, art. 175 c.p.).
Le annotazioni nel casellario giudiziale, inoltre, sono funzionali all’applicazione delle recidiva, o al riconoscimento di benefici e di altri effetti conseguenti alla eventuale condanna dell’imputato.
La premessa che ho svolto vale a significarLe che agli atti del fascicolo procedimentale è certificata dal Ministero della Giustizia l’assoluta incensuratezza, fino alle 10:22 del 12 marzo 2010, del signor Giovanni Barbagallo, nato a Catania il 4 giugno 1949.
In evasione della richiesta del Pubblico ministero, infatti, è attestato nel certificato allegato che, a suo nome, “Nella Banca dati del Casellario giudiziale risulta: NULLA”.
Solo l’On. Raffaele Lombardo – che a differenza di altri politici che non compaiono nelle indagini del ROS ha interrotto i rapporti telefonici con il geologo Barbagallo già nel giugno del 2004, avrebbe dovuto sapere quello che nemmeno ad oggi è dimostrato a suo carico.
L’arsenale del geologo Barbagallo detenuto legalmente e il porto d’armi che il ROS dimentica di citare
Dalla destrutturazione degli elementi rilevati nel fascicolo del procedimento IBLIS, allle pagine 69.547 e 69.548 di 82.301, ho rinvenuto il “Verbale di sequestro amministrativo” redatto dal ROS nei confronti del dr. Giovanni Barbagallo alle 5:00 del 3 novembre 2010, all’atto dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP di Catania, nella famoso operazione IBLIS.
Quando i Carabinieri del ROS sono andati ad arrestare Barbagallo, infatti, all’atto della perquisizione, risulta che hanno rinvenuto 7 fucili e 1.677 cartucce di diverso calibro.
L’arsenale del Barbagallo, però, non era affatto detenuto illecitamente.
Da tempo immemorabile Barbagallo era stato titolare di licenza di porto d’armi di fiducile, anche per difesa personale e per le stesse finalità era ancora legittimamente autorizzato dal Questore di Catania alla detenzione delle armi e delle munizioni nella sua abitazione.
Non a caso i ROS hanno eseguito solo il “sequestro amministrativo” delle armi per ragioni cautelari, che hanno affidato in consegna al comandante della Stazione dei Carabinieri di Aci Castello, fino a quando Barbagallo non avrà chiarito la sua posizione, o non avrà deciso a chi cedere il suo arsenale che, per com’è ovvio, non gli è stato concesso di portare con sé, in carcere.
Se per le armi (i 7 fucili) era tutto regolare, la stessa cosa non può dirsi per le 1.677 munizione.
Un po’ troppo secondo la legge, che limita la detenzione senza preventiva denuncia ad un numero assai minore.
Non a caso i ROS danno corretamente atto nel verbale che, “superando il limite massimo consentito dalla vigente normativa, verranno poste sotto sequestro con verbale a parte”.
Del verbale del “sequestro penale” delle munizioni, però, non vi è traccia agli atti del procedimento osteso alle parti, come non vi è traccia fra i capi di imputazione della contestazione del reato in materia di munizioni al Barbagallo.
Proprio stano, visto che l’unico reato commesso dal Barbagallo, per il quale non occorrevano altri accertamenti e poteva essere processato anche per direttissima, era quello in materia di munizioni.
Ma non finisce qua.
A ben leggere il verbale i ROS nulla dicono della licenza di detenzione delle armi (i 7 fucili) del Barbagallo e del regolare porto d’armi di fiducile che ha avuto rilasciato ed annualmente rinnovato da tempo immemorabile, anche per difesa personale.
Per evitare di farne menzione lo identificano nel verbale con la sua carta d’identità, così, con quella, si nascondono le manchevolezze di chi già da tempo – polizia, carabinieri, e gli stessi ROS che hanno condotto le indagini – avrebbe dovuto revocargli il porto d’armi e la licenza di detenzione delle armi e delle munizioni e non lo ha fatto.
Nulla di grave però, visto che solo l’On. Lombardo avrebbe dovuto sapere e prevedere che Barbagallo era un mafioso.

Il casellario giudiziario di Giovanni Barbagallo, geologo

sabato 28 maggio 2011

SENTENZA LIBERTICIDA: 50 mila blog chiusi per stampa clandestina? UNO SCANDALO

All’inizio di maggio una sentenza della prima sezione penale della Corte di Appello di Catania ha equiparato un blog ai giornali di carta. Dunque commette il reato di stampa clandestinachiunque abbia un diario in Internet e non lo registra come testata giornalistica presso il tribunale competente, come prevede la legge sulla stampa n° 47 del 1948.

La vicenda è paradossale e accade  in Italia. Lo storico e giornalista siciliano Carlo Ruta aveva un blog: si chiamava Accadeinsicilia e si occupava del delicato tema della corruzione politica e mafiosa. In seguito a una denuncia del procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, quel blog è stato sequestrato e chiuso nel 2004 e Ruta ha subito una condanna in primo grado nel 2008. Ora la Corte di Appello di Catania, nel 2011, ritiene che quel blog andava considerato come un giornale qualsiasi – ad esempio La Repubblica, Il Corriere della Sera o Il Giornale – è dunque doveva essere registrato presso il “registro della stampa” indicando il nome del direttore responsabile e l’editore. La notizia farà discutere a lungo la blogosfera italiana: cosa succederà ora?

Massimo Mantellini se la prende con Giuseppe Giulietti e Vannino Chiti per aver presentato in Parlamento la Legge 62 sull’editoria, che è stata poi approvata, con la quale si definisce la natura di prodotto editoriale nell’epoca di Internet. Ma il vero problema, a mio avviso, è la completa o scarsa conoscenza di cosa sia la Rete da parte di grandi pezzi dello Stato, incluso la magistratura. Migliaia di burocrati gestiscono quintali di carta e non sanno quasi nulla di cosa accade in Internet e nei social network. Questa sentenza, quindi, è un regalo alla politica cialtrona che tenterà ora di far chiudere i blog scomodi. Proveranno a imbavagliarci.

In Italia ci sono oltre 50 mila blog. Soltanto BlogBabel ne monitorizza 31 mila. Nel mondo esistono almeno 30 milioni di blog e forse sono anche di più. I blog nascono come diari liberi on line, può aprirne uno chiunque. Una casalinga. Uno studente. Un  professore universitario. Un operaio. Un filosofo. Chiunque. Ma adesso in Italia non è più possibile e possiamo dire che inizia il Medioevo Digitale. Nel mondo arabo i blog e i social network hanno acceso il vento dellademocrazia, il presidente americano Barack Obama plaude il valore di Internet e la libertà d’informazione, Wikileaks apre gli archivi segreti delle diplomazie, e noi, in Italia, in un polveroso palazzo di giustizia, celebriamo la morte dei blog.

Ma la vogliamo fare una rivoluzione? Vogliamo scendere in piazza come gli Indignadosspagnoli e inventarci qualcosa che faccia notizia in tutto il mondo? Vogliamo innalzare una grande scritta davanti alla Corte Costituzionale con lo slogan “Io bloggo libero, non sono clandestino!”. Eggià: perché gli avvocati di Ruta faranno appello in Cassazione e a quei giudici bisognerà far sapere che in Italia ci sono 50 mila persone libere che hanno un blog e confidano nell’articolo 21 dellaCostituzione, che permette la libertà di espressione con qualunque mezzo.

Che ne dite? Ci proviamo?

sabato 21 maggio 2011

SCANDALO SERVIZI SOCIALI: CATANIA? MEGLIO PATERNO'

E-mail
Scritto da ADOMEX   
Venerdì 20 Maggio 2011 23:35
COMUNICATO STAMPA DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
"Sabato 21 maggio 2011, alle ore 11, presso i locali dell’associazione Itaca, organizzata dalla federazione catanese di Sinistra Ecologia Libertà, si terrà una conferenza stampa sul tema:
Scandalo servizi sociali: dopo richiesta di imputazione coatta per il reato di abuso di ufficio all’attuale sindaco Stancanelli ed altri funzionari pubblici, Sinistra Ecologia Libertà chiede al governo regionale una commissione di accesso nei comuni di Catania, Misterbianco e Paternò.
Intervengono: Marcello Failla, resp. Comm. Territorio circolo cittadino Giolì Vindigni, coordinatore provinciale".

Ma quanta è strana la vita. Stavamo scrivendo la seconda puntata sul processo Servizi Sociali a Paternò, così come promesso, che vede imputato l’ex assessore Giovanni Leone, al quale il PM ha chiesto un anno e quattro mesi di reclusione, quando ci arriva il comunicato stampa di SEL che riportiamo sopra.
La molla che fa scattare adesso il prurito a tutti è il caso di Catania, dove a nostro avviso sono accaduti fatti molto meno gravi di quello che è accaduto per anni nel comune di Paternò.
Chi scrive se n’è occupato da tanto tempoi, ritenendo stranissimo come gli inquirenti abbiano avuto una inedia disarmante nei confronti di chi ha perpetrato reati documentati gravissimi in barba alla legge e che ancora nei confronti questi non sia stata elevata nessuna contestazione.
Vero è che nel corso del processo connesso, del quale abbiamo parlato la scorsa settimana, processo Leone per intenderci, il PM dott.ssa Lina Trovato ha fatto capire che vi sia altro procedimento relativo agli stessi soggetti per reati certamente più gravi, ma ancora questo ultimo non viene alla luce.
Adesso con questo comunicato, trascinato dal caso Catania, che sembrerebbe coinvolgere anche il comune di Misterbianco (che fa parte dello stesso distretto sociale) SEL si è accorto che esiterebbe anche un caso Paternò.
Noi scriviamo dal 2008, vox clamans in deserto, su un nostro blog, ciò che ha fatto la cricca nel comune più sfortunato d’Italia e se volete potete ancora leggere tutto ciò che abbiamo affermato, ecco i link:
Ma noi vogliamo dare qualche accenno di quello che emerge e che è certamente in atti, lo facciamo brevemente salvo poi riprendere la questione dopo la sentenza della prima trance del processo di Paternò che presumibilmente sarà lunedi p.v. dove noi ci saremo con le nostre telecamere.
  1. A fine 2004 viene nominato assessore Rosario Gennaro, per volontà dell’allora capogruppo di FI Giovanni Leone.
  2. Nella primavera del 2005 il binomio Leone-Gennaro  fanno costituire in gran segreto la cooperativa sociale S. Domenico Savio a parenti stretti (fratelli, cognati, cugini), amici fidati, e galoppini. Loro negano persino la conoscenza della cooperativa ma erano nello studio notarile all’atto della costituzione.
  3. Appena un paio di mesi dopo la cooperativa in epigrafe vince la prima gara in ATI assieme alla stessa cooperativa che precedentemente aveva l’appalto dei servizi.
  4. In seguito vince altre 5 gare, sempre in ATI (non aveva ancora acquisito i titoli per partecipare da sola, era stata appena costituita) con altre cinque cooperative diverse. Un vero miracolo.
Da anni noi abbiamo alcuni interrogativi che dovrebbero porsi le autorità competenti:
  1. Come erano a conoscenza le più grosse cooperative della provincia dell’esistenza della S. Domenico Savio giacché questa era stata costituita da pochissimo tempo e non aveva mai esercitato tale attività?
  2. Come mai proprio tutte le partecipanti hanno scelto proprio quella cooperativa senza titoli per fare l’associazione e partecipare alla gara?
  3. Come mai proprio quelle in associazione con la San Domenico Savio vincevano le gare?
Mai nessuno se le è poste o mai nessuno ha voluto rispondere?  Proviamo noi con molta fantasia ad farci queste domande e darci le risposte.
Potrebbe essere per esempio che la cooperativa “sconosciuta” fosse stata accreditata da chi gestiva politicamente l’assessorato(?). Può essere stata imposta (?) (concussione ?) o far parte di un accordo complessivo di spartizione tra tutte distribuendo le gare ad ogni cooperativa col comune denominatore la San Domenico Savio(?)(associazione a delinquere finalizzata alla turbativa degli incanti (?).
Queste le nostre elucubrazioni fantasiose, che potrebbero farci avere la querela, e poi saremmo costretti a difenderci spiegando le carte ai magistrati così finalmente sapremo cosa ne pensano gli inquirenti a proposito, visto che adesso tacciono.
Dopo la sentenza, dell’altro processo connesso, scriveremo la terza puntata, sentendo nel frattempo cosa diranno i dirigenti provinciali di SEL nella conferenza stampa …… se parleranno solo di Catania e del sindaco Stancanelli.

martedì 10 maggio 2011

PATERNO': PROCESSO SERVIZI SOCIALI UNO -PRIMA PUNTATA. un anno e 4 mesi chiesti per Leone


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Scritto da TITTA NICOLOSI   
Lunedì 09 Maggio 2011 23:50
Il processo che  vede imputato l’ex capogruppo ed ex assessore di Forza Italia, al comune di Paternò,Giovanni Leone, è arrivato alla conclusione.
Un anno e quattro mesi di reclusione sono stati chiesti dal PM dott.ssa Lina Trovato che ha seguito personalmente tutte le fasi del dibattimento (fatto insolito questo per i delitti ex pretorili), per i reati di “tentata violenza privata aggravata e continuata p.e p. dagli artt.81 e 2, 61 n.9, 56 e 610 c.p. perché, con più azioni in esecuzione di un unico disegno criminoso ed in tempi diversi, con minaccia consistita nell’intimare a Campisano Carmela e Catania Maria Erminia che se non avessero revocato l’iscrizione al sindacato dei lavoratori U.I.L. non avrebbero ottenuto il rinnovo del contratto di lavoro quali operatrici socio-assistenziali per i disabili assistiti dal Comune di Paternò, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere le predette Campisano Carmela e Catania Maria Erminia a revocare l’iscrizione al sindacato de quo, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla volontà dell’agente e, segnatamente, per la reazione delle due donne che resistevano alla minaccia, subendo la realizzazione del male minacciato (difatti pur avendo maturato esperienza nell’assistenza ai disabili ed aver lavorato diversi anni per una delle cooperative riunitesi nell’Ati aggiudicataria del relativo servizio, non venivano più riassunte). Con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti alla qualità di consigliere comunale. In Paternò dall'aprile 2005 fino almese di ottobre 2005”.
Ma la sorpresa va oltre la pesantezza della richiesta di condanna per il Leone, veramente grave. Infatti nel corso della stessa udienza il pubblico ministero ha chiesto la trasmissione delle carte alla Procura della Repubblica di Catania per tre dei testimoni della difesa: Rosario Gennaro, assessore ai servizi sociali al tempo del presunto delitto, Maria Orfanò e Carmela Costa detta Melina, personale di assistenza e dipendenti della Cooperativa Edelweiss.
Certamente con queste tre richieste di invio atti si attende adesso la denunzia dei tre soggetti per avere, presuntamente, dichiarato il falso nel corso dell’esame dei fatti che servono per la ricostruzione della verità. Supponiamo che il Pubblico Ministero si è reso conto delle menzogne che gli stessi avrebbero propinato per cercare di scagionare Giovanni Leone.
Reato gravissimo quello della falsa testimonianza, punito dalla legge fino a sei anni di reclusione, quindi senza la possibilità di sospensione della pena se vi dovessero essere aggravanti. Se venisse accertato il fatto per i tre si apriranno le porte della galera?
Una vicenda misera, impregnata di arroganza di piccolo potere di provincia, intrisa di presunzione, boria e vanità e che fa leva sul bisogno primario di occupazione di tanta gente che ne ha bisogno e sull’emarginazione di coloro, che pur professionalmente validi, non erano iscritti tra i “clientes” elettorali. Come al tempo del Fascismo, occorreva la tessera e la non frequenza con i sindacalisti.
Una vicenda che va al di là dei fatti, che ancorché gravi, non arrivano allo squallore di come, con pervicacia inaudita, è stato gestito l’indifendibile.
Una vicenda pervasa dall’interesse politico più deteriore, la speculazione sui più deboli.

lunedì 9 maggio 2011

SOMMOVIMENTI A DESTRA SULLO SFONDO LA CRISI DEL GOVERNO REGIONALE

A Palazzo di Cultura di Catania, sabato, c’erano tanti big del centro-destra siciliano, una platea qualificata e tanti addetti ai lavori di tutta la provincia: davanti a loro Adolfo Urso, ospite dell’evento,Gianfranco Miccichè, Nello Musumeci e Giampiero D’Alia, per questa nuova “puntata” della difficile transizione quindicennale della politica della cosiddetta Seconda Repubblica.
Riunire forze della tradizione moderata, di destra attorno a temi comuni e a problemi irrisolti: con questo proposito nasce “Fare Italia” afferma Urso.  "Vorremmo superare la logica della faida interna per tornare a discutere di meridione con tutti coloro che sono collocati nel PPE, che siano al governo o all'opposizione".  Questa la posizione ufficiale.
Il senso di un’operazione, che suscita reazioni contrastanti, com’è normale che sia: entusiasmi e qualche irritazione nemmeno celata, come a Palazzo d’Orleans, alla Presidenza della Regione Siciliana, o come nel caso di Fabio Granata, il falco di Fini alleato di Lombardo. Ma che indubbiamente al di là di ciò che si è detto ufficialmente, in effetti  fa pensare anche troppo. A pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si indovina.
La “famiglia del centrodestra”  si riorganizza quindi, dopo le spallate ricevute nell’Isola  e raccoglie, se dobbiamo essere sinceri, comunque presenze massicce; la sala era stracolma, qualcuno rimprovera il sindaco di Catania Stancanelli  (presente fino alla fine): “dovevi darcene un’altra più grande…”. In sala si vedono anche quelli del PdL con Castiglione in testa (andato via quasi subito, in sofferenza per non essere il protagonista) e d’Asero.
Altri malignano: un’iniziativa per “fare le scarpe” sotto sotto a Lombardo… Chissà ? Ma non solo questo. Sarebbe riduttivo.
Certo è che Berlusconi le studia tutte. La Sicilia è troppo importante (per tutti) per lasciarla in mano a Lombardo, ai Centristi alleati col PD. Non è possibile. Rimettere le cose in ordine.
Quindi si inventa un’operazione suggestiva ma interessante dal punto di vista politico-elettorale di sicuro spessore:  Micciché, Musumeci, Urso ( che rientrerebbe al governo )e perché no anche quelli del PID ed il neo ministro Saverio Romano. In mancanza ovvero in aggiunta di essi anche l’UDC, che al momento non pare ci stia assolutamente, incompatibili con quest’ultimi (?), anche se in politica mai dire mai.
La Sicilia è sempre laboratorio, ce lo insegna la storia passata, quella recente e anche l’attuale.
Ma vi sarebbe una seconda utilità in tutto ciò per Re Silvio, drenerebbe quei voti del centrodestra in libera uscita e prima che Fini li intercetti, verso queste formazioni meridionaliste  a lui collegate. Se poi queste diverranno forti  abbastanza si ridurrebbe la tracotanza della lega che adesso condiziona più del dovuto e che lo irrita enormemente.
Nello Musumeci, arrivato per buon ultimo come si addice ai leaders, si intrattiene con noi alla fine dell’incontro, parla della tradizione politica di destra, della questione Mezzogiorno, tema annoso. “Per questo è positivo riunirci attorno ad un tavolo per affrontare questioni che sono nel nostro patrimonio. Come il Meridione, come le questioni sociali del Sud. Irritazioni di qualcuno? Di Lombardo? No, non mi risulta” risponde Musumeci.  Ma davanti al “popolo della destra" aveva detto: “è inutile lamentarsi per la lentezza dei trasferimenti dei Fas da parte del governo di Roma, se poi questo Governo regionale non riesce a spendere i fondi strutturali che sono disponibili e li fa perdere".
“Bisogna affrontare la crisi – ci dice- mettendo in campo delle misure che favoriscano l’apprendistato e l’occupazione”, svicolando alle nostre strette, parla dei grandi temi.
Infatti  a qualche domanda politicamente piccante, di retroguardia,  prima smentisce, poi conferma,  pregandoci di non scrivere, e noi correttamente non scriviamo !