L'Assemblea regionale siciliana dice sì alla legge sulla riforma elettorale per i comuni e le province: l'approvazione definitiva arriva dopo un lungo, e a tratti teso, confronto tra maggioranza e opposizione. La riforma ha ottenuto 47 voti a favore, 15 contrari e due astensioni. La legge prevede che il sistema maggioritario venga applicato per i comuni fino a 10 mila abitanti, il sistema proporzionale a turno unico, senza ballottaggio, per i comuni dai 10 ai 15 mila abitanti, mentre dai 15 mila in poi resta il sistema elettorale in vigore, ma con il voto confermativo per il sindaco. Il punto centrale della riforma è l'introduzione nella stessa scheda del doppio voto confermativo per il candidato in tutti e tre i sistemi diversificati per comune a seconda del numero di abitanti. Dunque si mantiene un'unica scheda ma si supera l'effetto trascinamento che - in assenza di esplicita indicazione - spostava automaticamente sul candidato sindaco collegato il voto assegnato ad un candidato consigliere della stessa coalizione.
La riforma introduce poi altre novità: la sfiducia al sindaco, così come quella al presidente del consiglio comunale, dovrà essere votata dai 2/3 dei consiglieri; sarà obbligatoria la presenza delle donne in giunta, e almeno un quarto delle liste elettorali dovrà essere composto da donne; la metà della giunta potrà essere formata da consiglieri senza che questi abbiano l'obbligo di dimettersi (scompare dunque per la metà degli assessori l'incompatibilità con la carica di consigliere).
Si prevede inoltre l'elezione diretta dei presidenti delle circoscrizioni e si istituisce la "Consulta dei migranti". Si interviene anche sui premi di maggioranza nei piccoli comuni: viene rafforzata la maggioranza consiliare che sostiene il sindaco eletto. Manca ancora il voto finale alla legge.
La riforma introduce poi altre novità: la sfiducia al sindaco, così come quella al presidente del consiglio comunale, dovrà essere votata dai 2/3 dei consiglieri; sarà obbligatoria la presenza delle donne in giunta, e almeno un quarto delle liste elettorali dovrà essere composto da donne; la metà della giunta potrà essere formata da consiglieri senza che questi abbiano l'obbligo di dimettersi (scompare dunque per la metà degli assessori l'incompatibilità con la carica di consigliere).
Si prevede inoltre l'elezione diretta dei presidenti delle circoscrizioni e si istituisce la "Consulta dei migranti". Si interviene anche sui premi di maggioranza nei piccoli comuni: viene rafforzata la maggioranza consiliare che sostiene il sindaco eletto. Manca ancora il voto finale alla legge.
Certamente questa è una vera rivoluzione negli equilibri politici degli EE.LL. nell'Isola. Uno stop all'effetto trascinamento della coalizione a vantaggio del candidato sindaco che penalizza maggiormente il PdL che in questa regione ha sempre fatto la parte del leone. Adesso le scelte andranno fatte con grande oculatezza a vantaggio della popolarità e della meritocrazia personale.
Questa legge elettorale non va promulgata!
RispondiEliminaQuesto è il prezzo che va pagato per aver affossato l'emendamento Adamo-Caronia-Raia, sostenuto dalle donne , che avrebbe consentito la preferenza aggiuntiva "di genere" , che testata per due tornate, avrebbe certamente contribuito a riequilibrare la presenza delle donne nelle assemblee elettive comunali e provinciali. E invece che cosa è accaduto? Con 38 voti contrari e 28 favorevoli, l'emendamento è stato bocciato da un Parlamento che si è trincerato dietro il voto segreto ipocritamente e in maniera vile.
Chi ha chiesto il voto segreto ? L'on. Giovanni Greco (Gruppo misto), appoggiato dai seguenti 12 deputati: Alessandro Aricò (FLI); Cascio Salvatore (PID); Corona Roberto (PDL); Currenti Carmelo (FLI); D'Asero Antonio (PDL); Di Mauro Roberto (MPA); Falcone Marco (PDL); Federico Pino (MPA); Edoardo Leanza (PDL); Totò Lentini (UDC); Francesco MIneo (F. del SUD); Pogliese Salvatore (PDL).
A tutti costoro auguro di non essere più votati nemmeno dalle loro mogli e figlie, perchè dichiaratamente nocivi per le donne , e , ovviamente di non essere più rieletti.