Ieri ascoltavo, per casulalità, in macchina un intervento di Massimo D'Alema ospite di RAITRE:
«Berlusconi invece di governare andrà a fare i comizi con le veline, per dimostrare che sono brave e non solo belle. Il nostro essere eccezionali in Europa ci farà del male» - questo sostiene D'Alema - «Le elezioni non sono un rodeo ma un momento in cui i cittadini scelgono le personalità che devono rappresentare il Paese nel Parlamento europeo. Negli altri Paesi, la candidatura di big o addirittura del premier, non esiste».
«È abbastanza deprimente che il dibattito pubblico si concentri su questi temi e la causa è l'uso satrapesco che Berlusconi, incline a un narcisismo non di rado volgare, fa del potere», dice ancora l'esponte del Pd, liquidando così la querelle nata dalle critiche di Veronica Lario alle liste del Pdl. «È un dibattito umiliante - sostiene D'Alema - in un Paese democratico, dove otto milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, mentre si sta a dibattere su questo. È un segno di grave decadimento della vita pubblica italiana». L'ex ministro degli Esteri ricorda però che a sollevare il problema delle “veline” nelle liste del Pdl «è stata l'Associazione Farefuturo, (e non la stampa di sinistra che ha manipolato la moglie come sostiene Berlusconi) guidata da Gianfranco Fini, ma forse Berlusconi considera anche Fini parte della sinistra».
«Berlusconi ha una visione cesarista e velleitaria, della politica», sostiene ancora D'Alema, secondo il quale questo è un atteggiamento grave ed irresponsabile.
Bene, questo l’ultimo intervento qualificato sul gossip settimanale che ha visto Veronica Berlusconi scagliarsi contro il marito Imperatore, così come lo definisce lei stessa. Una occasione risibile, questa, che domina da alcuni giorni su tutti i media nazionali, se come contesto non avesse come sfondo la Repubblica, il Governo, insomma le sorti del paese,se non avesse la responsabilità della formazione della classe dirigente che deve governare il paese, che deve essere, tra l’altro, il filtro istituzionale tra il popolo e l’Imperatore (così come lo definisce
La scelta della classe dirigente futura non può assumere i caratteri dell’incomprensibilità, o meglio, i canoni non possono essere mediati da altri sistemi che non siano di stretta osservanza scolastico-meritocratica. Oggi questo non avviene, e gli esiti prodotti sono palesi.
Una classe politica scarsa, mediocre, deficiente sotto ogni profilo. Che non risponde al cittadino perché non ha bisogno dei suoi consensi. Che deve ubbidienza al Capo perché lui l’ha nominata. E se tutti questi/e giovani rampolli, che provengono dalla scuola politica di formazione di F.I., da anni istituita, hanno questo risultato, anche la formazione è certamente imperfetta.
Una selezione effettuata mediante canoni diversi da quelli doverosi: l’avvenenza fisica, accompagnata dalla sottomissione sessuale al potere, che in aggiunta alla mancanza delle preferenze, porta all’assunzione-nomina di tanti yes-man che rispondono solo al leader; queste le maggiori disfunzioni, non si spiegherebbe in altro modo l’occupazione di posti di rilievo cui abbiamo assistito in questi anni ed assistiamo in questi giorni, di tutta questa gente che passa dal gossip al governo.
Il cesarismo centralizzato di un solo uomo al comando, non favorisce la diattica locale dei tanti campanili italiani, ed il territorio da rappresentare abbandonato. Prevalgono le logiche centraliste, che vengono esaltate dall’assenza di rapporto eletto–elettore, col solo appeal diretto tra Berlusconi ed il popolo che lo sopravvaluta, lo esalta senza rappresentanti mediani. Una sorta di peronismo moderno rafforzato dalla comunicazione massmediatica e dalla plutocrazia.
Ecco il perché dell’importanza fondamentale, in questo quadro politico e per la democrazia, di questi partiti legati al territorio, come
Ecco perché non bisogna trascurare nel dare importanza a queste che sono le autentiche novità del sistema Italia.
Ecco perché noi crediamo che senza i partiti o movimenti autonomisti, del nord, del sud, e dell'italia in genere, che danno voce alla gente, il rapporto democratico può avere una deriva pericolosa spinta dall’attrazione populistica e propagandistica, priva di fatti seri, essenziali e concreti, che cela l’interesse particolare che ne sottende.
Ecco perché bisogna far capire ciò capire agli italiani.
Queste europee assumono un significato diverso e più ampio rispetto a quello che dovrebbero significare: una verifica del sistema politico che si è instaurato e verso quale direzione bisognerebbe riformarlo. Una grandissima responsabilità degli elettori che col proprio consenso plebiscitario, nei confronti del PdL, ne darebbero l’avallo.
Berlusconi è senza dubbio un grande trascinatore, fa sognare il popolo, ma troppo egocentrico per essere un buon politico, moderno e democratico. Ciò lo si deve comprendere. Apprezziamolo, valorizziamolo, ma senza eccessi, il surplus del 51% da lui chiesto sarebbe estremamente pericoloso, e il PdL nato per questa ragione e così come strutturato, è lo strumento perfetto del delitto. Historia magistra vitae.
Ovvero come si è involuta la nostra democrazia dal 1948 a oggi.
RispondiEliminaSe i padri costituenti avessero immaginato cosa sarebbe diventata 60 anni dopo la democrazia italiana, per la quale avevano lottato, superando anche profonde divisioni ideologiche al momento di redigere la Carta costituzionale, probabilmente avrebbero gettato la spugna o introdotto criteri più rigidi per tutelarla.
Sessantun’anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, l’Italia è passata dalla democrazia alla "mignottocrazia".
Il copyright della (geniale) definizione appartiene al senatore Paolo Guzzanti, ex penna prestigiosa di "Repubblica", poi passato alla corte di Berlusconi e oggi - dopo la nota vicenda che ha opposto la figlia Sabina al ministro Carfagna - tra i più acerrimi nemici dell’omino di Arcore.
C’è un passaggio intermedio, nella storia della nostra Repubblica, che però il senatore Guzzanti dimentica e che ha portato a questo stato di cose: la plutocrazia. Come recita il dizionario De Mauro, la "supremazia politica e sociale dei ceti che detengono le grandi ricchezze finanziarie e industriali".
La plutocrazia è il regno di Berlusconi che la impersonifica sin dal 1994.
Mai visto, infatti, in una democrazia occidentale, l’uomo più ricco del Paese divenire premier e ammansire, con i suoi soldi e le sue Tv, alleati riottosi e oppositori (alcuni dei quali passati allegramente tra le sue fila), inclusi alcuni comunisti di lungo corso - vedi il ministro Bondi, ex sindaco "rosso" di Fivizzano - folgorati sulla via di Damasco, pardon...di Arcore.
Adesso siamo passati alla terza fase: dalla plutocrazia alla mignottocrazia, appunto.
Dove basta accondiscendere alle voglie dell’Imperatore (la definizione non è mia, ma della moglie del premier, Veronica Lario) per fare carriera politica senza neanche gavetta o anticamera.
La faccenda si è resa ancor più visibile nelle ultime settimane con la scelta di Berlusconi di candidare belle ragazze senza alcuna esperienza politica precedente, molte delle quali con trascorsi in programmi televisivi piuttosto imbarazzanti.
In famiglia è stata la goccia che ha fatto trabocare il vaso: Veronica Lario, di fronte all’ennesima, volgare, sortita del marito "tombeur de femmes", ha prima sbottato sui gionali contro le candidate-veline definite "ciarpame senza pudore", poi - nonostante il ritiro di molte delle candidature "incriminate" - ha deciso che la misura era ormai colma. Oggi ha annunciato di voler divorziare, pur consapevole di ciò che l’aspetterà: un fuoco di fila da parte dei giornali e delle Tv berlusconiane schierate a difendere il padrone.
Gli italiani e le italiane dovrebbero sapere da che parte stare. Dalla parte della dignità. E del merito. Ma non sarà così. Vincerà ancora una volta la linea del premier.
In fondo agli italiani la figura del macho conquistatore, del donnaiolo impenitente è sempre piaciuta, sin dai tempi di Mussolini.
Se poi il macho conquistatore, di professione primo ministro, è un arzillo settantenne, ricco, spaccone e pieno di soldi, piace ancora di più.
La mignottocrazia è servita. La democrazia è morta. Facciamocene una ragione.
apprezzo il commento di Calabrò molto lucido e puntuale ma io credo che le vere " mignotte " politiche non siano le veline, ma siano gli Italiani che hanno svenduto all'imperatore ogni cosa, quarantanni di democrazia avevano apportato al bel Paese tanto lustro da essere considerato tra i cinque paesi più importanti al mondo. Oggi siamo famosi per aver un premier che in cambio di discutere di problemi seri al G8 si fa rimproverare dai sui stessi colleghi perchè fa scherzi di pessimo gusto ma che la stampa italiana apprezza spacciandoli come dei gesti goliardici, la chiesa non prende posizioni chissà perchè, forse aspetta la manna da Arcore e quindi "femminaro" si, divorziato pure ma sempre uomo della provvidenza è, per non parlare di tutti quei personaggi che una volta costituivano l'orgoglio della destra Italiana che per qualche spicciolo si sono svenduti o forse perchè non avendo argomenti sufficienti hanno scelto di conservare i loro posti di prestigio svendendo ideologia e dignità per fare i semplici cortigiani ecco il quadretto di cosa rimane della classe politica che ci governa. L'opposizione beh quella è da inventare e se berlusconi fa quello che vuole e perchè dall'altra parte non vi è chi pur essendo serio non riesce a scrollarsi di dosso un passato pesante fatto solo di critiche ma mai di "costruzione seria". A livello locale come avveniva ai tempi del fascismo tutto quello che veniva ribadito dal Governo in periferia i Gerarchi lo distorcevano e lo adattavano a loro uso e consumo, questo non vi pare che avvenga pure oggi, guardate i nostri gerarchi come si atteggiano e come si contornano di veline pronte a tutto pur di godere dei favori del gerarca, mentre il popolo invoca di essere governato anche perchè l'attuale duce aveva promesso ma non ha e non poteva mantenere il buon governo visto i tempi che corrono ed i legami economici sempre più internazionalizzati , di cui l'Italia costituisce un sempre più piccolo tassello di un grande mosaico.
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