venerdì 22 febbraio 2008

CANDIDATI !!! TUTTI DEVOTI TUTTI ...... DI VELTRONI

Veltroni annuncia ufficialmente il capolista per il Partito Democratico alla Camera nella circoscrizione Lazio 1, che include la citta’ di Roma: Marianna Madia. Chi? Marianna Madia, ho detto. E chi e’? Domanda difficile; perche’ Marianna Madia, in pratica, non e’, apparentemente, nessuno. Nella sua disperata rincorsa dell’antipolitica, Veltroni, dopo aver imbarcato Di Pietro, cerca di contrastare il risentimento popolare, contro ‘i soliti noti’ candidando una ragazza qualunque, ventisettenne, sconosciuta: alla quale non potremo cosi’ contestare di scaldare gli scranni del parlamento da una vita; fuori i Ciriaco De Mita, dentro le Marianna Madia. Perche’ avere una storia, in Italia, significa essere compromessi, quale che sia la propria storia. Il Partito Democratico e’ il partito del cambiamento, dei giovani, delle donne: allora ecco una giovane donna senza una storia, for a change. La strategia, fin troppo ovvia: la qualita’, come dimostrano le presidenziali americane, e’ molto piu’ difficile da comunicare della novita’.

Peccato pero’ che Marianna Madia Veltroni non l’abbia trovata in fila al supermercato: no, Marianna Madia e’ la figlia di Stefano Madia , attore prestato alla politica, consigliere comunale a Roma con una lista civica per Veltroni, fino alla morte del dicembre 2004. Insomma Marianna Madia e’ l’orfana di un amico di Veltroni. Non sorprende che il buon Walter si sia sentito in dovere di prendersi cura della figlia dell’amico morto - quando poi c'e' di mezzo il cinema... La bella Marianna lavora alla Presidenza del Consiglio: apparentemente alla segreteria tecnica dell’Osservatorio per la piccola e media impresa, con un contratto di consulenza, in realta’ mi dicono che la Dr.ssa Madia lavori alla segreteria di Enrico Letta – cui e’ legata anche attraverso l’Agenzia Ricerche E Legislazione, fondata da Nino Andreatta, che adesso e’, appunto, nell'orbita di Letta – ed e’ proprio grazie a questa non meglio precisata collaborazione con l’Arel che i media potranno presentarla come giovane economista. Marianna Madia, cura e conduce con Minoli alla RAI una trasmissione su questioni ecologiche ed energetiche, eCubo. Quante cose.......... e poi è anche una bella gnocca, che non guasta mica.

Quello che non troverete da nessuna altra parte, però, e’ questo: Marianna Madia non e’ solo giovane, donna, figlia di un amico morto di Veltroni, e collaboratrice di Enrico Letta, Marianna Madia e’ anche la fidanzata del figlio del Presidente della Repubblica, Giulio Napolitano, quarantenne professore di diritto pubblico all’Universita’ della Tuscia.
Bravissimo Veltroni un rinnovamento con maestria chirurgica plastica, fuori i vecchi, anche se hanno meriti, dentro i giovani, ma non sconosciuti, bensì di sistema. Non conta l'età, ma l'intelligenza.

ULTIMORA SICILIA: FI LANCIA LA CANDIDATURA DI PRESTIGIACOMO

Cambio di strategia per la candidatura al governo della Regione siciliana. Secondo quanto apprende l'Agenzia Agi da fonti parlamentari azzurre, il partito in Sicilia avrebbe trovato un accordo per lanciare il nome dell'ex ministro per le Pari opportunita', Stefania Prestigiacomo. Sul nome dell'esponente azzurra ci sarebbe anche la convergenza dell'Mpa di Raffaele Lombardo sostiene l'Agenzia AGI.

Giuseppe Castiglione, vicecoordinatore regionale del partito di Berlusconi, mentre sono in corso nuovi contatti con il Cavaliere, ci dice: "La candidatura di Stefania Prestigiacomo è autorevole, ma noi dobbiamo ad ogni costo ricercare una convergenza col MpA e lavorare assieme a Raffaele Lombardo per la Sicilia".

"Ci hanno proposto il nome di Stefania Prestigiamo. Ma per noi la candidatura di Lombardo e' irrinunciabile". Fonti vicine al leader dell'Mpa Raffaele Lombardo - il senatore Giovanni Pistorio, raggiunto al telefono - chiarisce che per ora non ci sono le condizioni per convergere sul nome di Stefania Prestigiacomo. "Ho appena parlato con Raffaele: per lui, la scelta di correre per la Regione è irrinunciabile". E ci dichiara: "E' una stronzata stostenere che Raffaele Lombardo rinuncerebbe alla candidatura, si va avanti con forza anche da soli, assieme a quanti condividono il nostro programma autonomista. La candidatura della Prestigiacomo è perfetta ........... ma per il PdL, non per noi". E conferma l'apertura della campagna elettorale per domenica pomeriggio ad Acireale.

"Il nostro candidato era e rimane Raffaele Lombardo", ci afferma Saverio Romano, segretario dell'UDC in Sicilia.
Sul nome dell'ex ministro per le Pari opportunita' il partito azzurro ha forse trovato un'intesa ancora flebile per lanciare una candidatura unitaria al governo della Sicilia, è decisivo accordarsi con l'MpA.

Ma come noi sosteniamo da tempo (leggi intervista con Cuffaro), anche a costo di dire stronzate, per Lombardo la corsa alla Presidenza delle Regione Sicilia non è la scelta prioritaria, il suo obiettivo è un posto di Ministro a Roma dal quale può far crescere il suo movimento nel meridione d'Italia, assumendo posizioni politiche più ampie.
ore 11:58

LA SICILIA SNODO POLITICO - ELETTORALE ITALIANO


Un Silvio Berlusconi - racconta REPUBBLICA - che i suoi definiscono a dir poco ‘amareggiato’ per l´inatteso stop che ha fatto saltare l´accordo già raggiunto con la lista dell´autonomista Raffaele Lombardo, non è riuscito a sciogliere il nodo neanche dopo le due ore di faccia a faccia a Palazzo Grazioli col suo ex pupillo Gianfranco Micciché. Uno stallo che forse avrà influito sulla defezione del Cavaliere al Tg5 di ieri sera, dove era prevista la sua presenza. I toni del confronto tra l´ex premier e il plenipotenziario forzista dell´isola sono stati assai aspri, raccontano. Al termine Micciché ha dichiarato quanto sostiene da giorni nel suo blog di battaglia: non rinuncia alla sua ‘rivoluzione siciliana’, come definisce la candidatura alla Regione. Lo scopo dichiarato è quello di far saltare l´intesa raggiunta dal Pdl con Lombardo. A Berlusconi l´ex vice ministro dell´Economia - che in questa partita è sostenuto da Marcello Dell´Utri (CONTRO IL CUFFARISMO, ma ci viene da ridere !!!) e Stefania Prestigiacomo - ha portato un prospetto con tanto di proiezioni: ‘Lombardo e l´Udc di Cuffaro otterrebbero il 25 per cento se apparentati con noi, ma non più del 15 se li costringessimo a correre da soli, sondaggi a cui solo i gonzi potrebbero credere, ma non quelli che vivono la realtà siciliana. "Ti assicuro che senza loro la spuntiamo alla Regione e al Senato", ipotesi inverosimile, direi impossibile. Micciché avrebbe dato anche la disponibilità a farsi da parte, se al posto suo il partito candidasse Stefania Prestigiacomo, comunque contro Lombardo. Ma l´argomento sembra abbia convinto solo in parte Berlusconi. Anche perché Gianfranco Fini, col quale si è sentito più volte, ha insistito perché venga confermato in Sicilia l´accordo con l´Mpa e accantonate le pretese di Micciché. Contro il forzista siciliano Fini ha anche scatenato i suoi luogotenenti con comunicati e lettere aperte. Non solo.
E poi, i big berlusconiani nell´isola, il capogruppo al Senato Renato Schifani, il coordinatore Angelino Alfano, l´eurodeputato Giuseppe Castiglione, chiamati a consulto anche loro dal Cavaliere a Palazzo Grazioli, hanno espresso tutte le loro perplessità su una corsa a tre in Sicilia per la Regione che aumenterebbe le chance di successo di Anna Finocchiaro. E come un messaggio in tal senso va interpretato il silenzio, la mancanza di un comunicato di sostegno a Micciché da parte dei dirigenti regionali di Forza Italia.
Un isolamento assoluto quello di Micciché.
L´unica cosa certa è che il leader autonomista Lombardo andrà avanti con la sua, di candidatura, come ha confermato dal Tg1 della sera. Anzi, ha pure posto come ‘condizione’ l´alleanza del Pdl con l´Udc dell´amico Cuffaro dato che ‘fino a oggi abbiamo governato insieme la Regione siciliana’. Governato assieme a Micciché, non lo dimentichiamo.

Caso siciliano a parte, nell´urna del Pdl iniziano a ruotare vorticosamente i bussolotti delle candidature. Rientra, dopo una legislatura nel centrosinistra, Domenico Fisichella, tra i fondatori di An. Mentre compare per la prima volta (non smentito) il nome di Angela Sozio, la ‘rossa’ ex concorrente del Grande Fratello divenuta assai nota dopo la foto che la ritraeva lo scorso anno al fianco di Berlusconi a Villa Certosa. Lei taglia corto: ‘Non voglio commentare, posso dire solo che sono sempre stata di Forza Italia’. E siccome anche la prossima legislatura si annuncia ricca di volti dello spettacolo, ecco in circolo anche il nome di Katia Noventa. Si tira fuori invece dalla partita Aida Yespica: ‘No, non sono neanche italiana e poi non mi piace l´idea di entrare nel Parlamento’.

ALFANO, MICCICHE' E SCHIFANI CAMBIANO LOOK

VISTO CHE LE ROSSE PIACCIONO AL PRESIDENTE ........ BRAMBILLIAMOCI

giovedì 21 febbraio 2008

Rebus Sicilia: gli enigmi di Micciché, la fretta di Lombardo

Dopo la fiammata mattutina, Gianfranco Micciché ha scelto il silenzio sul proprio blog, assurto in questi giorni a termometro delle caldissime trattative per la presidenza della Regione Sicilia. Una candidatura che l’azzurro Micciché vorrebbe per sé. Così da sbarrare la strada a Raffaele Lombardo e al “ritorno del cuffarismo” (se n'è accorto proprio ora). Mentre il dirigente di Forza Italia taceva, i suoi tifosi hanno continuato a incitarlo via web, invitandolo a tenere duro e a marciare verso la “rivoluzione siciliana”. Per Forza Italia, però, sostenere la candidatura di Lombardo significa siglare un accordo a livello nazionale con il movimento autonomista da lui fondato. E ottenere in Sicilia voti probabilmente decisivi per il conseguimento del premio di maggioranza regionale al Senato. L’accordo Mpa-Popolo della libertà, che martedì sera - dopo un incontro romano tra Lombardo e Silvio Berlusconi - sembrava a un passo dalla chiusura, è ancora sospeso. E le interpretazioni sul significato dello stallo si accavallano. Di nuovo c’è che oggi Micciché ha pranzato con Berlusconi. Lasciando Palazzo Grazioli, il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana ha pronunciato pochissime parole, trincerandosi dietro la promessa di non fare dichiarazioni. Ai cronisti che gli chiedevano i motivi dell’espressione sorridente, si è limitato a rispondere: “Cosa devo fare, devo piangere?”. Quanto alla possibilità di nuovi incontri con il Cavaliere per sciogliere il nodo Sicilia, ha enigmaticamente annunciato: “Certo che dobbiamo rivederci. Chissà quante volte capiterà nella vita”. Senza dubbio molto scoramento. Ma alla fine deciderà Berlusconi e se è ilcaso Micciché si "adeguerà" Il tempo, però, stringe.

Dal proprio sito web, l’Mpa dichiara “tempo scaduto per chiacchere e perdite di tempo della politica romana”. E annuncia “noi si comincia: per la nostra gente e per la nostra terra”. Prima tappa, l’assemblea congressuale siciliana dell’Mpa, fissata per domenica pomeriggio alle 16. Oggi Lombardo ha tenuto a ribadire i propri paletti: “Mi alleo con il Pdl se c’è l’Udc e mi alleo con l’Udc se c’è il Popolo della libertà”. Gianfranco Fini si augura “che il nodo della Sicilia possa essere sciolto quanto prima in modo positivo con un accordo non solo nel Pdl ma anche con l’Mpa”. L’impressione è che nello stato maggiore azzurro - al di là di pochissime sponde, seppure autorevoli, offerte in Sicilia a Micciché, leggasi Dell'Utri, altro che cuffarismo !!! - prevalga il medesimo auspicio. In virtù del quale il Cavaliere ha probabilmente esortato il presidente dell’Ars a fare un passo indietro. Magari ribadendogli l’offerta di un ruolo di primo piano nel governo nazionale in caso di successo alle politiche. Una prospettiva rispetto alla quale Micciché aveva di recente palesato distacco. Difficilmente ha cambiato idea. E l’irritazione odierna - uno stato d’animo che più di un osservatore siciliano delle vicende azzurre indovina nelle laconiche risposte date da Micciché ai cronisti dopo l’incontro con Berlusconi - sembrerebbe confermarlo. La riserva dovrà comunque essere sciolta in tempi molto brevi. Se da un lato al Cavaliere conviene ridurre le richieste di Lombardo, - magari anche attraverso le resistenze di Micciché, che potrebbero essere solo una pantomima - per un altro verso non può rischiare di mettere a repentaglio il decisivo premio regionale in Sicilia. E dunque ha molto interesse ad apparentarsi con l’Mpa sia nella regione, sia nella contesa nazionale. Anche a costo di uno strappo tutto interno a FI.

SICILIA - MICCICHE' CONTRO TUTTI

MICCICHE’ CONTRO TUTTI, PERFINO CONTRO IL CAV. GIANFRANCO SI CANDIDA AD ESSERE IL CENTRODESTRA MODERNO DELLA SICILIA?

Questo dichiara stamattina: "Per me sarà una fatica enorme ma sono convinto di potercela fare, anche da solo (si fa per dire)! Ho parlato con il Presidente Berlusconi ed ha capito il perché (noi non ci crediamo n.d.r.) della mia battaglia VERA contro il metodo del “cuffarismo”, gli ho chiesto di non provare nemmeno di trattare ed invece di sposare la nostra battaglia e schierarsi con noi. Non so se lo potrà fare. conoscendolo spero di si. Abbracciandoci gli ho detto comunque che io non posso tradire un sogno, una speranza di tutto il popolo siciliano. Mi ha detto che, comunque finisca, lui ci sarà sempre. E’ un uomo straordinario, gli voglio un grandissimo bene, ma per me, oggi, non c’è amore che superi quello per la Sicilia e i siciliani onesti, liberi, coraggiosi e sognatori".
Non ci pare vero che a parlare sia il Gianfranco Micciché che conosciamo.

Però questo di fatto è l'ultimo ostacolo all'accordo del centrodestra siciliano con dentro l'UDC.
Più che il sogno di cui parla Micciché, ci sembra una resa dei conti tutta interna ed incomprensibile. Concretamente Gianfranco ed il suo gruppo sembrano isolati, come se all'improvviso non avessero più interlocutori amici, sembra finito il tempo in cui "lui" era al centro del sistema politico siciliano e decideva su tutti e su tutto. Il coordinatore regionale di F.I. Angelino Alfano che si dichiara suo amico, lavora ogni giorno scavandogli la terra sotto i piedi, all'ombra ... piano piano... pacatamente.
Un uomo risultato assai ingombrante per tutti, che fa dichiarare perfino all'on.le Giuseppe Castiglione che Lombardo è il miglior candidato possibile per la Presidenza della Regione, dopo una guerra di anni con lo stesso, eppure. Una soluzione, quella della candidatura di Micciché a Governatore, perdente in partenza ed insensata, tranne che per gli obiettivi personali di leadership e di "normalizzazione pro domo sua" della vita politica siciliana. Ma quaesta è un'altra storia che non ci riguarda e non interessa ai siciliani.

ELEZIONI SICILIA: CENTRODESTRA STOP AND GO


(Il Giornale)- Trattative serrate per compromessi obbligati. Il Popolo della libertà continua a lavorare duramente per sciogliere gli ultimi intricati nodi in vista della presentazione delle liste elettorali. Ma tanto in Sicilia quanto a Roma manca ancora la fumata bianca e la definizione delle alleanze e dei candidati.
I riflettori sono puntati soprattutto sulla questione siciliana. Per il momento tra il Pdl e l’Mpa di Raffaele Lombardo l’accordo non è stato ancora chiuso e da più parti si parla di «una situazione di stallo». «Spero che in Sicilia si trovi un’intesa» commenta Silvio Berlusconi «ma nella chiarezza di tutte le posizioni, in modo che sia tutto comprensibile agli elettori». Più ottimista Gianfranco Fini per il quale «l’accordo è in dirittura d’arrivo. Il mio auspicio e che il candidato presidente sia l’onorevole Lombardo sul quale può esserci, senza alcuna incoerenza, la convergenza non solo del Pdl ma anche dell’Udc». Ma questa certezza contrasta con l’andamento di una giornata segnata da continui stop and go, in cui a più riprese si è rischiata la rottura definitiva della trattativa con l’uomo che viene considerato decisivo per assicurarsi la vittoria alla Regione Sicilia (dove si voterà come per le politiche il 13 e il 14 aprile) e mettere le mani sul ricco premio di maggioranza che l’isola regala al Senato. Il tutto attraverso la creazione di una nuova Lega Sud che dovrebbe conciliare dietro le sue bandiere Udc e Forza Italia.
Sulla strada dell’accordo pesa come un macigno la posizione di Gianfranco Miccichè. Neppure il lungo colloquio di ieri mattina con Silvio Berlusconi è servito a dissuadere l’esponente siciliano di Forza Italia. «La mia candidatura non è ritirata e le condizioni perché ciò possa accadere non mi sembrano vicinissime», dice Miccichè lasciando Palazzo Grazioli dove per tutto il giorno sono andati avanti gli incontri. A via del Plebiscito si sono presentati il leghista Roberto Calderoli, Altero Matteoli per Alleanza nazionale, il coordinatore siciliano di Forza Italia, Angelino Alfano. E poi il sindaco azzurro di Catania, Umberto Scapagnini, vero ufficiale di collegamento tra Berlusconi e Lombardo. La situazione «è delicatissima», ma l’accordo è «sostanzialmente fatto». Scapagnini però è più prudente sui tempi. Ci vorranno almeno un paio di giorni per definire tutti i dettagli. Il piano prevede una lista del Centro-sud collegata al Pdl alla quale si alleerebbe anche Totò Cuffaro, leader Udc in Sicilia. Quindi un patto territoriale sia alle politiche sia alle amministrative, tra Lombardo e Cuffaro osteggiato, però, al momento da Miccichè che in serata ribadisce: «Io non mollo».

mercoledì 20 febbraio 2008

- Sondaggi: Pdl in vantaggio di 10 punti, Berlusconi il più votato


Dieci punti di distacco tra la coalizione guidata da Silvio Berlusconi e il partito di Walter Veltroni. A tanto ammonta, secondo un sondaggio di Ipr marketing per Repubblica.it, il vantaggio del Pdl nei confronti del Pd. Un distacco confermato anche da una ricerca dell’istituto Crespi condotta per Clandestinoweb, che attribuisce al leader del centrodestra il 44 per cento delle preferenze contro il 34,5 di Veltroni. Nel dettaglio il Pdl – secondo Ipr – conquisterebbe oggi il 38 per cento dei voti, che diventerebbe il 44,5 con la Lega Nord (5,5) e il Movimento per le autonomie di Lombardo (1 per cento). Quasi dieci punti indietro la coalizione guidata da Veltroni: il Pd raccoglierebbe infatti il 31 per cento delle preferenze che, sommate al 3,5 dell’Italia dei valori, porterebbero al 34,5 il totale della coalizione. Tra le altre formazioni in corsa, la Sinistra arcobaleno, candidato premier Fausto Bertinotti, arriverebbe all’8 per cento, l’Udc di Casini al 5, La Destra, candidato premier la Santanché, al 3 e la Rosa Bianca di Tabacci al 2,5. Solo briciole per i Socialisti di Boselli (1,5 per cento), l’Udeur di Mastella (0,5 per cento) e il Partito comunista dei lavoratori di Ferrando (0,5).

Dati in linea anche con l’indagine dell’istituto Crespi, che attribuisce al Popolo delle Libertà il 37,5 per cento, alla Lega Nord il 5,5, a La Destra il 3,3 e all’Udc il 7. Il Partito democratico, come nel sondaggio Ipr marketing, si attesta al 31 per cento delle preferenze, mentre l’Idv di Di Pietro al 3,2. La Sinistra arcobaleno guadagnerebbe l’8 per cento, il Partito socialista l’1,5 e la Rosa Bianca l’1 per cento. Per quanto riguarda i candidati premier, indiscussa la leadership di Silvio Berlusconi che, se si fosse votato ieri, avrebbe ottenuto il 44 per cento delle preferenze. Dietro di lui Walter Veltroni con il 34,5 per cento dei voti. Seguono Fausto Bertinotti (9,5 per cento), Pierferdiando Casini (6,5), Daniela Santanchè (4) e Bruno Tabacci (1,5 per cento).

Dopo il sondaggio Ipr Marketing di stamattina, che conferma i 10 punti di vantaggio del centrodestra sul centrosinistra, c’è davvero da pensare che, in materia di sondaggi, a Veltroni si allunga il naso.... Ha cercato per giorni, con l’aiuto della stampa sua amica, di alimentare la leggenda metropolitana della rimonta. Ma la rimonta non c’è, di tutta evidenza. Basta bugie, quindi. Veltroni è clamorosamente indietro, e, conscio di questo, non ha esitato a imbarcare Di Pietro, tradendo l’impegno ad andare ‘solo e libero’.

Febbre elettorale - Abbiamo incontrato Totò Cuffaro


Un bagno di folla accoglie Totò Cuffaro all’Excelsior di Catania. Tutta l’UDC della provincia si raccoglie attorno all’ex Presidente della Regione che è arrivato in città a serrare le fila dopo la fuoruscita di Drago e Mancuso. C’erano proprio tutti a dimostrare che il partito è ancora vivo e che nessuno gli ha tolto qualcosa. Sindaci, consiglieri comunali, assessori, dirigenti, simpatizzanti, qualche curioso, qualche infliltrato, il dirigente regionale Rossella Puglisi, il deputato regionale Fausto Fagone, il presidente della SERIT sen. Mimmo Sudano.
Cuffaro spiega che la scelta di Casini viene condivisa, che la tradizione democristiana deve continuare e sventola sondaggi che danno il partito dello scudocrociato al 6% in campo nazionale.
Certo, non si può non arringare la folla, non si può infondere che ottimismo, non si può non esortare la platea ad attivarsi per la campagna elettorale incombente.
E poi l’annuncio che il candidato alla presidenza della regione è Raffaele Lombardo, “è il candidato dell’UDC e per sostenerlo in Sicilia andremo con la coalizione del centrodestra, con la benedizione di Casini”.
Abbiamo notato molto entusiasmo, molta partecipazione, come se l’UDC catanese si fosse liberata dal tappo Drago-Mancuso, che in verità molto poco si son portati dietro.
Alla fine della convention Totò Cuffaro ci ha rilasciato una intervista per tre domande al vetriolo:

D- Presidente sappiamo per certo che Lombardo non è il vero candidato alla presidenza della regione, malgrado tutte le conferme che i media hanno dato oggi, sappiamo che non sarà questa la soluzione finale - ci interrompe dicendoci “ voi avete certezze che non corrispondono al vero”, ma noi continuiamo – nel caso in cui questa ipotesi fosse verosimile l’UDC in Sicilia che farà?

R- Vota Raffaele Lombardo, propone Raffaele Lombardo, farà eleggere Raffaele Lombardo, lui è candidato. Al di la della lingua italiana che prevede tre gradi di possibilità di ipotesi, il greco ne prevede cinque ed il fatto che possa esserci un candidato del PdL è la quinta ipotesi (cioè della impossibilità n.d.r.) Raffaele Lombardo è candidato a Presidente della Regione.

D- Ammesso che in Sicilia, alle elezioni politiche, l’UDC avrà un notevole successo, nel resto d’Italia arranca, visto che la campagna acquisti del PdL è notevole, ci sarà una sparuta pattuglia di parlamentari, l'evoluzione politica-elettorale del mondo occidentale va verso il bipartitismo, il popolo se ne avvede, il suo partito come si comporterà non avendo molto peso specifico nel panorama politico futuro?

R- Visto che lei mi fa delle domande al vetriolo io le darò risposte al vetriolo, lei ha poche idee e anche confuse, le assicuro che l’UDC a livello nazionale avrà molti più consensi di quelle che pensa, avrà una rappresentanza importante alla Camera, per governare, ed una altrettando importante al Senato che condizionerà il Governo del Paese.

D- E l’ipotesi della Lega Sud, con il MpA di Lombardo, con lo scudocrociato del democristiano Pizza?

R- Non lo so chi la vuole fare, ma a noi non ci appartiene, noi siamo democristiani, siamo orgogliosi di essere un partito nazionale, veniamo da una storia siciliana che parte da Caltagirone, da un prete terribile che era don Luigi Sturzo, continuata da De Gasperi e che adesso arriva fino a Casini, noi siamo in quella storia, stiamo tentando di difenderla, perché anche quelli che verranno dopo di noi possano usufruire di questa storia.

Risposte da democristiano, ma ancora la storia è fluida e non ben definita. Lombardo in camera caritatis dice che non vuole fare il Presidente della Regione. Miccichè dice di non cedere. L’ipotesi di un nome terzo, ma berlusconiano, sembra la tesi più accreditata. Oramai è solo questione di ore.

martedì 19 febbraio 2008

ELEZIONI - Dietro le quinte - Ultime manovre per gli accordi


Dal suo blog, seguito con attenzione da una schiera di fedeli, Gianfranco Micciché diceva ieri mattina “we shall never surrender”. Lo diceva probabilmente per rispondere a dichiarazioni di tono diverso: l'eurodeputato siciliano Castiglione annunciava ieri il “via libera” azzurro alla candidatura di Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione siciliana, che fino al giorno prima sembrava affidata allo stesso Miccichè. Perché i superiori interessi di coalizione lo richiedevano, e perché - per dirla con Castiglione – “lo schema disegnato da Berlusconi” sarebbe stato quello di affiancare all'apparentamento con la Lega, “eccezione territoriale” settentrionale, un apparentamento analogo al sud, proprio con l'Mpa di Lombardo. “E quando l’Mpa candida la persona più autorevole che è il suo leader noi non possiamo che sostenerlo”. Sembrava inevitabile il passo indietro del leader azzurro, che avrebbe dovuto consolarsi con la fumosa promessa di un “ministero per il sud” nel prossimo governo. “Chiarirà tutto Berlusconi, sarà lui a comunicarlo”. Micciché però dice che sta lavorando “al nostro sogno”, e spiega - sempre dal suo blog, di non essere “uno che si arrende”. E nel giro di qualche ora era lo stesso Castiglione a chiarire che in effetti, per ora, “non c’è stato quindi alcun ritiro della candidatura di Gianfranco Micciché”, e che anzi lo stesso Micciché è molto apprezzato dal capo “per la sua grande generosità, la sua intelligenza e lungimiranza”.

Ma intanto ieri circolavano a Palermo sms che annunciavano la nascita del partito per la libertà-alleanza siciliana, movimento fondato “per sostenere la candidatura di Gianfranco Micciché a presidente della Regione”, iniziativa promossa da un ex consigliere comunale azzurro a Palermo, rappresentante di una parte di opinione pubblica che non vedrebbe bene il sacrificio di Micciché per un accordo con Lombardo. Oggi Lombardo, Berlusconi e lo stesso Micciché si incontreranno a Roma, e tutti danno per scontato che sarà siglato il patto per le politiche e le regionali. Lombardo incasserà il sostegno del Pdl alla sua candidatura (che ricomporrebbe anche la vecchia Cdl, visto che l'Udc si è espressa a favore di Lombardo da settimane). Ma Micciché ribadisce di non essersi ritirato. "Non mi ritirerò neppure se il Pdl dovesse chiudere una alleanza con l'Udc o con Cuffaro, che ritengo essere due cose diverse". Ma la strada sembra segnata. Nel pomeriggio, alle 18, si riunirà a Roma l'ufficio politico dell'Mpa, che dovrebbe annunciare l'accordo e l'apparentamento del Pdl con la "lega siciliana". Un centrodestra “frammentato e diviso”, in Sicilia, che ha persino fatto pensare ad un premio di maggioranza per il centrosinistra alle politiche, potrebbe avere una candidatura forte con Lombardo, aveva previsto ieri Anna Finocchiaro, che probabilmente dovrà affrontarlo davvero.

lunedì 18 febbraio 2008

CATANIA intuppa CATANIA - TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA

" ANDREMO A ROMA A DIFENDERE GLI INTERESSI DI CATANIA " (Umberto Scapagnini). Ma picchi ne difinnevi quannu eri 'cca

domenica 17 febbraio 2008

ELEZIONI, SICILIA: ALLA RESA DEI CONTI



I bizantinismi, le ritorsioni, le frustrate ambizioni, i rivolgimenti repentini scuotono l’ambiente politico siciliano, e in particolare a Catania dove la partita assume adesso toni da day-after. Il passaggio di Drago e Mancuso dall’UDC al PdL, sottolinea, al di la dell’aspetto sostanziale, quale sia la svolta del Centrodestra siciliano e catanese. Firrarello leader storico ed importante di F.I. è stato tenuto all’oscuro, fino ai comunicati stampa ufficiali, dell’adesione al PdL dei due dirigenti dell’UDC, segnale forte questo che rimarca come in Sicilia Micciché sia ancora il capo indiscusso e riferimento certo del partito azzurro e del presidente Berlusconi, che l’asse con Raffaele Lombardo sia forte e che i rapporti col gruppo Firrarello-Castiglione si siano definitivamente deteriorati.

Meglio di ogni considerazione nostra, però, ci pensa il notiziario on line CataniaOmnia, di Aldo Canuto, da sempre uomo fedelissimo di Firrarello, vicino agli ambienti del coordinamento provinciale di Forza Italia catanese, che esprime puntualmente quello che è il pensiero del gruppo azzurro che in provincia rappresenta 30.000 voti, e che ha dominato il partito in questi ultimi anni. Oggi chiosa così sulla situazione di cui parliamo:

“In Sicilia i giochi sembrerebbero chiusi, d'altronde l'avevamo gia' scritto, il film di Gianfranco Micciche' e Raffaele Lombardo dal titolo la "finta candidatura di Micciche" e' arrivato alla fine, siamo ai titoli di coda.Alcuni si chiederanno, come mai questa commedia, perche' bisognava creare questo caos ? Primo obiettivo, eliminare la candidatura gia' nel nascere, di un esponente catanese azzurro molto forte. Secondo obiettivo, aumentare il prezzo del favore che Lombardo avrebbe fatto a Berlusconi. Favore? Si! In questo accordo con Berlusconi,in aggiunta alla presidenza della regione ci potrebbe stare anche un ministero, magari per il sud.

Altra domanda:perche' un prezzo cosi' alto? Perche' non tutti sanno che, proprio dalla Sicilia terra di consensi azzurri, potrebbe arrivare la seconda sconfitta nei confronti del cavaliere. Allora cosa accadrà ? Lunedì. il cavaliere chiamera' Micciche' e gli chiedera' per il "bene"della Sicilia di ritirare la candidatura, Micciche' persona molto fedele al cavaliere obbedira', ma un prezzo il cavaliere, lo dovra' pur pagare a colui che è stato sacrificato,conclusione, un bel sottogoverno ci sarà anche per il fedele Gianfranco Miccichè. Intanto, Lombardo e Micciche' continueranno, fino a lunedì, questa finction.

Dall'altro versante, il vero futuro presidente della Regione, Anna Finocchiaro, ha accettato la candidatura con questa dichiarazione:"Tutto e' piu' difficile in Sicilia, ma proprio per questo riuscire li' e' piu' prezioso e io da qui voglio dire che sono disponibile a candidarmi alla guida della Regione',l'Assemblea del Pd a Roma,ha accolto l'annuncio con una ovazione. Certo questa campagna elettorale sara' davvero bella,importanti sapere quali progetti presentera' Lombardo per questa Sicilia, oramai ridotta in crisi profonda ? Nel suo programma, inserira' anche quella di eliminare per sempre il clientelismo e solo clientela? Noi speriamo di si, anche perche' la nostra terra lo richiede.

Ritornando a parlare di politica. Nel caso di una federazione tra il Pdl e l'Mpa al Sud salterebbe, salvo sorprese, l'accordo tra Lombardo e l'Udc in Sicilia che potrebbe candidare il segretario regionale Saverio Romano. Ma qui sicuramente ci saranno dei colpi di scena pazzeschi perchè resta l'incognita dell'ex Governatore Salvatore Cuffaro, vice segretario dell'Udc e leader del partito in Sicilia, che con Lombardo ha sempre mantenuto un patto di ferro,sarà ridotto a carta straccia ?

Con tanti interrogativi, queste elezioni regionali prevedono sicuramente un voto disgiunto tra lista e premier,l'odio dell'Udc siciliana verso Miccichè punta a danneggiarlo a costo di dirottare un bel po' di voti sulla Finocchiaro. Tutto questo sembra fantascienza ? noi siamo convinti di no. Chi vivrà,vedrà ! “

Una palese minaccia di appoggiare la candidata alla presidenza della regione Finocchiaro. Come finirà lo sapremo nelle prossime ore. Una sola certezza che la posizione di Cuffaro sia decisiva per gli scenari in campo.

sabato 16 febbraio 2008

Lombardo ago della bilancia, non solo in Sicilia Il leader del MPA potrebbe guidare 'Lega Sud' federata con PDL


L'accordo con il Pdl "non c'é ancora", ma la trattativa, che passa anche dall'ipotesi di costituire una sorta di Lega del Sud, con il Movimento per l'autonomia (Mpa) a fare da apripista del nuovo soggetto alle politiche, potrebbe chiudersi nelle prossime ore. Raffaele Lombardo, leader del Mpa, dovrebbe incontrare nuovamente Silvio Berlusconi domenica per sigillare l'intesa, anche se resta ancora aperto il capitolo Udc. Negli autonomisti del Mpa Berlusconi sembra avere trovato la chiave di volta per risolvere l'impasse in Sicilia, regione che fa da ago della bilancia sullo scacchiere nazionale e che rimane l'unica vera roccaforte degli "amici-nemici" dell'Udc.

Lombardo al momento temporeggia, dicendo che "la trattativa col Pdl è aperta", ribadendo la propria candidatura alla presidenza della Regione siciliana e aggiungendo però di avere alle spalle "solo il Mpa e non altri partiti". Neppure sul sostegno dell'Udc, assicuratogli dal vice di Casini, Salvatore Cuffaro, il leader autonomista si sbilancia: "Andrò avanti fino al giorno delle elezioni, col sostegno del mio partito e di liste autonomiste, pur sapendo di non potercela fare, anche se conto di raggiungere percentuali positive".

Davanti agli alleati Lombardo mette il programma "incentrato sulla difesa delle prerogative dello Statuto autonomista siciliano, chi lo condividerà sarà al nostro fianco".

A Gianfranco Micciché, anche lui candidato alla presidenza della Regione da Fi col beneplacito di Berlusconi, il leader del Mpa manda messaggi di pace. "Ci siamo sentiti intensamente negli ultimi giorni, anche come amici e alleati", ammette Lombardo, secondo cui comunque una doppia candidatura potrebbe portare "a possibili spaccature nel centro destra". Chi dei due potrebbe rinunciare alla corsa verso Palazzo d'Orleans rientra negli accordi che si stanno definendo a Roma, con Lombardo che in un eventuale governo Berlusconi potrebbe fare il ministro per il Mezzogiorno: "Tutto è possibile - dice l'autonomista - ma deve reggersi sulle colonne della logica".

Secondo alcuni boatos l'Mpa potrebbe federarsi con il Pdl, così come avvenuto al Nord con la Lega, correndo sotto il simbolo scudocrociato della Dc di Giuseppe Pizza, offerto in "dono" a Lombardo da Berlusconi.

Chi appare in difficoltà è il partito di Casini, che comincia a perdere qualche pezzo anche in Sicilia. Filippo Drago e Fabio Mancuso, deputati regionali ed esponenti dell'Udc catanese, hanno lasciato il partito, aderendo al Pdl, ed anche ad Enna si registrano defezioni.

Saverio Romano, segretario siciliano dell'Udc, bolla come "traditori" Drago e Mancuso, rappresentanti del cosiddetto "gruppo dei quarantenni" che tre anni fa contestò la leadership di Lombardo, all'epoca numero uno in Sicilia e che ora commenta la fuoriuscita: "Non mi sconvolgo e non mi meraviglio".

Se Cuffaro resterà con il leader dell’Udc, quest’ultimo potrà scegliere di presentarsi da solo alle elezioni (o insieme con la Rosa bianca?), senza passare sotto le forche caudine della sottomissione a Berlusconi; ma se l’ex governatore siciliano giocherà la partita da solo con l’autonomista siciliano Raffaele Lombardo, che ha chiesto a Berlusconi di dar vita alla Lega del Sud come Bossi ha fatto con quella del Nord, allora per Casini saranno dolori di pancia seri.

Una morsa d’acciaio quella nella quale è stretto il leader dell’Unione democristiana; fra l’altro, nessun commentatore politico ha notato un passaggio fondamentale, e cioè lo scudo crociato che campeggia nel simbolo dell’Udc. Il tribunale di Roma ha stabilito definitivamente che lo scudo appartiene a Pino Pizza: «Mi basta un niente per ottenere dalla magistratura il sequestro del simbolo», va dicendo in questi giorni Pizza.

Queste le previsioni di come pensiamo andrà a finire i tra bizantinismi tutti siciliani che per una volta Roma dovrà subire.

venerdì 15 febbraio 2008

IL FATTORE UDC E L'INCOGNITA SICILIA


Pier Ferdinando Casini annuncerà “presto” se accetta l’invito della direzione dell’Udc a candidarsi premier come capofila dei centristi. Così certificando la separazione dal Popolo della libertà. La situazione sembra in effetti precipitare. Anche se Casini - accennando a un imminente colloquio con Silvio Berlusconi - non ha chiuso tutti gli spiragli. La “vocazione maggioritaria” del Pdl non pare lasciare spazi ad apparentamenti con partiti nazionali. Ma è chiaro che il divorzio definitivo dall’Udc comporterebbe rischi elettorali per la coalizione formata da Pdl e Lega, che in qualche regione rischierebbero di perdere il vantaggio sull’accoppiata Partito democratico-Italia dei valori (un pericolo che in ogni caso il sondaggista Renato Mannheimer reputa ridottissimo). Quale possa essere il danno è difficile da prevedere, considerando la mobilità del quadro politico e le divergenze degli istituti demoscopici sul peso attuale dell’Udc - secondo un sondaggio pubblicato oggi dal Giornale - i centristi non supererebbero neppure il 3 per cento. Ma anche arrivando al 6 per cento nazionale rischierebbero di essere decimati al Senato, dove l’asticella, per le forze non coalizzate, è fissata all’8 per cento. Uno sbarramento che l’Udc sarebbe certa di superare solo in Sicilia. Dove però è in corso un braccio di ferro attorno alla candidatura per la guida della Regione che si intreccia inestricabilmente con la partita nazionale. L’Udc offre il proprio sostegno all’autonomista Raffaele Lombardo, che ieri ha però incontrato anche Silvio Berlusconi. Lombardo non si sbilancia, limitandosi a confermare che è in corsa per la Regione. E che la scelta delle alleanze regionali dipende dalle intese a livello nazionale. Viene colto un certo attivismo berlusconiano sul versante degli ex-dc. E molte leggende ha sparso l'incontro a Palazzo Grazioli con Lombardo, leader del Mpa nonché candidato in Sicilia per la presidenza della regione. Che mai starà succedendo? Si parla di una manovra avvolgente di Berlusconi per accerchiare Casini partendo, come Garibaldi, dalla Sicilia.

Ieri Lombardo ha incontrato a Roma anche Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione e capofila della componente maggioritaria dell’Udc in Sicilia - vero granaio dei voti centristi. Cuffaro, deciso a sbarrare la strada della presidenza della Regione all’azzurro Gianfranco Miccichè, ha provato anche oggi a persuadere Lombardo dell’opportunità di incassare il sostegno dell’Udc. Ma c’è chi si spinge a ipotizzare un forte avvicinamento di Cuffaro a Berlusconi, tramite Lombardo. E una conseguente rottura con Casini. Tra i rebus ancora insoluti c’è anche quello degli eventuali apparentamenti dell’Udeur - che ha reagito in modo indispettito alla considerazione dell’azzurro Giulio Tremonti sul fatto che “l’ideale per Mastella è stare con Mastella”. Tremonti è stato ieri protagonista anche di un confronto con il vicepremier Massimo D’Alema nel salotto televisivo di Bruno Vespa. Durante la registrazione della trasmissione, D’Alema ha enfatizzato la tesi secondo cui il Pdl, senza l’Udc, è destinato a “radicalizzarsi” e a sbilanciarsi verso destra. “Nel Ppe ci stiamo già, non abbiamo bisogno dell’Udc per andarci”, ha ribattuto Tremonti. D’Alema ha anche difeso la mossa del Pd, che si è alleato con l’Italia dei valori. E che finora ha chiuso la porta a Socialisti (trattati bruscamente da D’Alema, con repliche altrettanto brusche) e Radicali. In seno al Partito democratico, però, l’apparentamento esclusivo con Antonio Di Pietro continua a far discutere. E a provocare mal di pancia, come attestano le proteste di Antonio Polito e Peppino Caldarola. Gli attacchi alla scelta pro-Di Pietro non vengono solo dal centrodestra e dai settori garantisti del Pd: il partito guidato da Walter Veltroni “deve giustificare all’esterno una scelta incomprensibile dopo aver parlato di omogeneità di programma”, sostiene Fausto Bertinotti a nome della Sinistra-l’Arcobaleno. Per Bertinotti, l’alleanza con Di Pietro “rende meno limpida la scelta ambiziosa del Pd di correre da solo”. Sullo sfondo si intravede un ravvivarsi della polemica sul rapporto tra politica e ordine giudiziario. Annoso problema sul quale il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si è soffermato oggi nel suo intervento al Consiglio superiore della magistratura.

giovedì 14 febbraio 2008

Veltroni balla con Di Pietro, ultimo round Casini-Cav


La mancata alleanza tra Udc e Pdl rappresenta un fattore potenziale favorevole per Walter Veltroni. Senza i voti di Casini infatti la lista guidata da Silvio Berlusconi rischia di veder ridimensionato il proprio vantaggio sul Pd a Palazzo Madama. Dato per difficile il recupero della Destra alla causa del Cavaliere per la troppa distanza politica e l’indisponibilità di An a correre nelle stesse liste dei fuoriusciti dal partito per dar vita al movimento nostalgico postmissino, non rimane che aspettare la riunione della direzione Udc di questa mattina per capire se la prossima competizione elettorale avrà una qualche suspense o se sarà stravinta in partenza da Silvio Berlusconi sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. Pierferdinando Casini è certamente in un angolo. In qualche modo ci si è messo da solo. Secondo quanto raccontava ieri sera alla buvette della Camera un colonnello di An non è vero quanto detto nei giorni scorsi, che cioè era stato avvertito della convergenza tra Fini e Berlusconi sul listone unitario solo tramite sms all’ultimo momento mentre andava in treno a Bologna con la moglie. “Era da almeno una settimana che ne parlavano anche con lui – dice l’ex viceministro di An- evidentemente pensava di avere la forza per resistere, ma così non è stato. Ora come potremmo noi di An accettare che all’Udc venga concessa la possibilità di correre con il proprio simbolo mentre noi rinunciamo alle nostre liste in nome del progetto unitario?”. Casini è nell’angolo, dunque. Ne può uscire solo accettando di entrare nel Pdl, ma il livello dello scontro con Berlusconi si è alzato troppo per poter consentire al leader centrista un ritorno sui propri passi. “Sembra quasi che Berlusconi non voglia concedere a Casini lo spazio per rientrare” fanno notare osservatori attenti delle mosse del Cavaliere. Il braccio di ferro rischia di dover andare avanti ancora per un po’. Anche se esiste una potenziale chiave di volta per disinnescare la mina Udc. Si tratta del braccio di ferro in corso tra Gianfranco Micciché e Totò Cuffaro per la presidenza della Regione Sicilia. Micciché ha posto la propria candidatura per la guida di Palazzo delle Aquile, Cuffaro l’ha giudicata inadeguata e per questo dà il proprio appoggio a quella di Raffaele Lombardo, leader del Mpa. Ieri da Alleanza nazionale è giunto un appello rivolto allo stesso Micciché affinché dimostri la propria generosità in uno scontro che sta diventando sempre più duro. Berlusconi non può sconfessare Micciché ma non può nemmeno mollare a cuor leggero le ragioni di Cuffaro che rappresenta per lui la migliore arma di pressione su Pierferdinando Casini. Per la Sicilia passa l’ultima possibilità di recupero dell’unità del centro destra italiano, e dunque la certezza di una vittoria netta alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile prossimi.

Intanto Walter Veltroni ha ieri sorpreso un po’ tutti siglando l’intesa con l’Italia dei valori e rinunciando a correre da solo con il suo Pd. A sinistra sono in molti a chiedersi perché abbia sconfessato tutta l’impostazione data fino a questo momento alla propria campagna elettorale, basata sulla novità della corsa libera da apparentamenti. La spiegazione più logica pare vada ricercata nei sondaggi che danno il Pd ampiamente sotto la soglia del 35 per cento, e dunque nella speranza di recuperare qualche punto svuotando ‘dall’interno dell’alleanza’ il potenziale quattro per cento attribuito da molti sondaggi all’Italia dei valori. “Nella riunione del Pd che ha preceduto l’incontro con Di Pietro – raccontavano ieri a Montecitorio i dalemiani - Veltroni si è fatto conferire una delega piena a chiudere con Di Pietro tramite l’apparentamento con la sua lista. Pensavamo però che avrebbe aspettato qualche giorno per vedere la tenuta dell’ex pm nei sondaggi. Il fatto che abbia siglato l’intesa in così poco tempo gli verrà addebitato interamente qualora non dovesse portare ai risultati sperati, tenendo anche conto del modo in cui ha invece chiuso ogni rapporto con alleati storici come i socialisti”. Quanto ai Radicali, nell’incontro di ieri mattina non si è registrata una rottura definitiva e questa certamente è una novità. Da parte del Pd fanno però notare come il no all’apparentamento ribadito da Veltroni di fronte alla richiesta di Pannella e Bonino sia definitivo. L’unica proposta rimarrebbe quella di alcune candidature nelle liste del Pd per Emma Bonino e per un manipolo di radicali. La sede nella quale annunciare la posizione definitiva dei Radicali prima dell’incontro della prossima settimana sarà il congresso dell’Associazione Concioni che si terrà nel fine settimana a Salerno. Lì si deciderà se per la rima volta da almeno trent’anni a questa parte mancheranno liste Radicali alle elezioni politiche che a partire dal 1976 hanno sempre visto Marco Pannella candidato al Parlamento italiano.

sabato 9 febbraio 2008

Pdl, affondo del Cav: "Casini non offre garanzie”


“Quel sassolino nella scarpa Silvio Berlusconi lo ha avuto per diverse settimane – scrive LA STAMPA - . Ed è la cosa che più lo ha infastidito in un mese in cui ha centrato tutti gli obiettivi che si era dato: dalla crisi di governo, alle elezioni, fino al battesimo del Popolo delle Libertà. ‘E’ andato tutto come avevo previsto io - ha spiegato ieri ai suoi dopo l’incontro con Gianfranco Fini a Palazzo Grazioli -, ma non tutti lo hanno voluto riconoscere. Specie quelli dell’Udc che non solo continuano a dire di “no” all’ingresso nel nuovo partito, ma addirittura sono vaghi e dubbiosi sul fatto che io sia il candidato premier del centro-destra. Ci sono dichiarazioni di Casini piene di riserve e di ironie. Nel simbolo elettorale dell’Udc appare anche il nome di Casini come se fosse lui a correre per Palazzo Chigi. Ebbene noi non possiamo andare al governo e far fronte alle emergenze del paese con un partito che non è chiaro, che non prende impegni. L’Udc deve entrare nel Popolo della Libertà o, comunque, deve chiarire che sarò io il candidato premier per tutto il centro-destra e dare le garanzie che sarà un alleato fedele. Altrimenti tanto vale che stiano fuori dalla coalizione. Se non abbiamo l’assicurazione che saranno leali tanto vale non regalargli dei seggi. Tantopiù che molti dei loro parlamentari ci fanno sapere che vorrebbero venire con noi’. Ieri all’ora di pranzo con il gruppo dirigente di Forza Italia il Cavaliere sembrava un fiume in piena. Qualche ora dopo, davanti alle telecamere che lo aspettavano fuori da Palazzo Grazioli, non ci ha pensato due volte a togliersi quel sassolino dalla scarpa: ‘O l’Udc entra nel Popolo della Libertà o corre da sola fuori dalla coalizione’. Una posizione netta che nasce, però, più dall’atteggiamento ambiguo con cui Casini si è pronunciato sulla premier-ship di Berlusconi che non da altro. Tant’è che proprio su questo punto ha cominciato a lavorare chi ha qualche dubbio sull’opportunità di rompere con Casini. Sulla questione, infatti, nel vertice di Forza Italia si sono materializzati due partiti: ci sono i falchi come il capogruppo Elio Vito, che vorrebbero tagliare tutti i ponti con gli ex-dc; e le colombe come Sandro Bondi che insistono per una mediazione. Quest’ultima potrebbe consistere in una dichiarazione da parte dell’Udc e dello stesso Casini esplicita, inequivoca e definitiva nella quale Berlusconi sarebbe indicato candidato premier e il partito si schiererebbe organicamente con il centro-destra. La trattativa è in corso visto che il portavoce del Cavaliere, Paolo Bonaiuti ipotizza un incontro tra i due leader. Del resto un’intesa potrebbe fare comodo ad entrambi. Casini, infatti, senza un accordo con il centro-destra si troverebbe in serie difficoltà. Anche se in pubblico il leader dell’Udc si dà coraggio, ipotizza corse solitarie sul suo nome, spiega che alla camera l’Udc può centrare da sola la soglia minima del 4% mentre al Senato è capace di far perdere al centro-destra tre-quattro regioni, a ben vedere si trova in un mare di guai. Il suo partito in questo momento supera di poco il 4%, ma appena due settimane fa non andava oltre il 3,4 proprio perchè l’elettorato lo considerava poco affidabile nell’alleanza con il centro-destra. Una rottura potrebbe riportalo giù nei sondaggi e fargli perdere quei dirigenti e quei settori dell’Udc che non la condividono. Ecco perchè oltre alle dichiarazioni ispirate all’orgoglio di partito, Casini ha lanciato anche segnali di pacificazione. Una fra tutte: per la prima volta ha dichiarato di essere disponibile ad un patto federativo con il centro-destra

martedì 5 febbraio 2008

Game over del centrosinistra. E ora si giochi la partita per l’Italia



Game over. Il tentativo di Franco Marini si infrange sui numeri, e il gioco dell’oca messo in piedi a Palazzo Giustiniani finisce come previsto nel nulla.

Il presidente della Repubblica probabilmente scioglierà le Camere mercoledì, la data più probabile per le elezioni è quella del 13 aprile. Giorgio Napolitano spiegherà al Paese come si è arrivati a quello che lui ha sempre definito “un atto grave” e quali sono le emergenze che dovranno affrontare le forze politiche nella prossima legislatura: le riforme e la difficile situazione economica.

Un quadro politico troppo deteriorato non ha consentito al presidente del Senato di centrare un obiettivo che fin dal principio sembrava da “mandato impossibile”. Marini avrebbe potuto mettere insieme un governo dalla vita incerta, la spia di questa opzione è nella sua frase “non ho riscontrato l’esistenza di una significativa maggioranza”. In questo caso, la parola “significativa” va letta come “maggioranza politica” che, evidentemente, in questo valzer di colloqui non ha mai fatto capolino e ha consigliato a Marini di rimettere l’incarico nelle mani di un Napolitano più che mai preoccupato.

Non a caso sul Colle è salito il governatore di Bankitalia. Mario Draghi ha illustrato al Quirinale lo scenario economico. È quello dipinto recentemente durante il Forex: “Gli indicatori congiunturali segnalano oggi un rallentamento per l’economia italiana: la dinamica del prodotto si attenua considerevolmente; per quest’anno e per il successivo, tornerebbe al di sotto della crescita potenziale, a sua volta bassa nel confronto internazionale. I forti rincari del petrolio e di alcuni beni alimentari pesano sul reddito disponibile delle famiglie e deprimono i loro consumi. L’apprezzamento dell’euro peggiora, in presenza di un basso tasso di crescita della produttività, la competitività di prezzo delle nostre merci; frena le esportazioni; incoraggia l’acquisto di prodotti importati. Il divario di crescita nei confronti degli altri paesi dell’area dell’euro torna ad aumentare. Al di là delle fluttuazioni cicliche, continua a mancare lo scatto strutturale della produttività. Ne soffre non solo il confronto competitivo, ma anche il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie; quindi, i consumi”.

È questa l’eredità del governo Prodi. Certamente influenzata dalla congiuntura economica globale, ma anche e soprattutto da scelte di politica fiscale e di sviluppo che si sono rivelate eccessive per il contribuente e recessive per il sistema.

La quindicesima legislatura, cominciata il 28 aprile del 2006 si chiude nel peggiore dei modi per il centrosinistra: diviso al suo interno, con una formazione politica – il Partito Democratico – ancora allo stato nascente, un programma da reinventare e un leader – Walter Veltroni – la cui tenuta sul piano nazionale è tutta da provare.

Il centrodestra ha davanti a sé la possibilità di provarci ancora. Tornare a Palazzo Chigi è una sfida, soprattutto per Silvio Berlusconi che per la quarta volta consecutiva sarà candidato premier. È un’occasione per fare tesoro degli errori commessi nella scorsa legislatura, mettere alla prova la bontà delle proprie ricette per far ripartire il Paese, trovare soluzioni efficaci e innovative per i problemi aperti dalla contemporaneità, problemi connessi e in real time che esigono rapidità, coraggio e fantasia.
Berlusconi e con lui i leader della Casa delle Libertà dovranno spiegare agli elettori che non si corre per vincere le elezioni ma per vincere la sfida del governo.

lunedì 4 febbraio 2008

Marini ancora non chiude i giochi, ma è già campagna elettorale


Franco Marini tirerà le somme oggi, dopo aver incontrato le delegazioni di Forza Italia e Pd, i partiti più rappresentativi, e dice che soltanto allora avrà elementi di valutazione conclusivi. Ancora non si arrende, almeno a parole. “Se lo spiraglio fosse già chiuso andrei in vacanza”, aveva tagliato corto sabato abbandonando Palazzo Giustiniani al termine della seconda giornata di consultazioni. Si era poi compiaciuto del fatto che le organizzazioni imprenditoriali e sindacali da lui ricevute in questa tornata si siano ritrovate d’accordo nell’augurarsi una nuova legge elettorale. Ma che la situazione sia ormai ingestibile e lo sbocco elettorale inevitabile Marini lo sa meglio di chiunque altro, nonostante professi un ottimismo che gli viene garbatamente contestato da Fausto Bertinotti - che esclude, da parte sua, la possibilità di un nuovo incarico se Marini, come sembra ormai certo, non riuscirà a comporre una maggioranza attorno a un progetto di nuova legge elettorale largamente cvondiviso. Vanno del resto in questa direzione tutti i segnali che sono stati stati fatti pervenire al presidente del Senato dallo stato maggiore di Forza Italia - per suggerigli una prudenza che non sembra però stia connotando le sue esternazioni. La conferma che questa crisi non ha sbocco, se ce n'era bisogno, la si era colta anche nelle dichiarazioni di Luca di Montezemolo, che realisticamente è sembrato ormai rassegnato all’idea che si voterà con queste regole e che bisogna se mai puntare a svelenire la campagna elettorale per rendere possibile l’avvio, a urne chiuse, di una legislatura che sia costituente. Lo stesso obiettivo che è stato posto alla base della ritrovata intesa tra Silvio Berlusconi e Pierferdinando Casini nei giorni scorsi.

Non solo. Non bastasse Montezemolo, a far capire come la situazione sia ormai sfuggita di mano lo conferma soprattutto la presa di posizione, dopo l’incontro con Marini, dei referendari, che hanno chiesto di far celebrare la consultazione a marzo (prima dei termini di legge) per poter rimnnovare il Parlamento a maggio. Una richiesta subito contrastata dal comitato per la riforma della legge elettorale – che avalla dubbi di costituzionalità sulla legge elettorale e ancora più consistenti su quella che scaturirebbe da un vittoria del sì nel referendum - guidato da Franco Bassanini e ricevuto anch’esso da Marini. Una vera babele, che fa capire perché la strada della riforma non sia stata praticabile nei mesi scorsi e a maggior ragione non lo sia oggi, dopo che anche seguito dell’incapacità di trovare una sintesi sulla materia elettorale, la maggioranza si è avvitata in una spirale che l’ha portata a sciogliersi facendo ricadere sul governo Prodi la sua crisi e determinandone la caduta. Insomma, hanno fatto tutto da soli.

Del resto, che anche a sinistra si sia preso atto dell’ineluttabilità dello scioglimento ormai imminente del Parlamento, è confermato dai toni propri di una campagna elettorale usati a Palermo da Walter Veltroni, che ha attaccato a testa bassa il centrodestra proclamandosi da un lato la novità della politica italiana, e dall’altro difendendo e rivendicando i risultati del governo Prodi. Che però è stato fatto cadere dalla ex maggioranza. Per i leader del centrodestra è stato sin troppo facile rispondere. Con una punta di preoccupazione, peraltro. Perché sta prendendo corpo una strategia nel centrosinistra che mira a sollevare un polverone sui guai che si annunciano soprattutto per la tenuta dell’economia e a scaricarne la responsabilità non su chi, il governo Prodi, non li ha saputi prevedere (e comunque ne ha ignorato la portata dilapidando - è stata la contestazione ricorrente dell'opposizione - il cosiddetto "tesoretto"), ma sul centrodestra che invece li aveva evocati contestando a più riprese e per tempo le impostazioni e le scelte di politica economica di un governo condizionato in modo determinante dalla sinistra radicale.