C’è una ragione assai precisa, dietro la grande agitazione cattolica attorno al Pd, cui ieri ha dato il suo contributo anche la rivista Famiglia Cristiana, che esce il giovedì ma ha ritenuto necessario anticipare il proprio editoriale sul “pasticcio veltroniano in salsa pannelliana” di lunedì. Una rivista, va ricordato, che Silvio Berlusconi giudicò nel 2006 troppo “di sinistra” per concederle un’intervista in campagna elettorale, e quindi non assimilabile ad altra stampa cattolica di osservanza più ruiniana che guarda a Udc e Pdl. L’anticipazione dell’editoriale coincide con la presentazione del programma democrat, che contiene anche un capitolo sui temi cosiddetti “etici” (difesa della 194, sì al testamento biologico), e soprattutto con la grande adunata dei cattolici Pd organizzata per domani a Roma. Nonché, e forse soprattutto, con l’entrare nel vivo della formazione delle liste: ieri si è riunito per la prima volta il tavolo nazionale sulle candidature, e si è capito subito che la strada è tutta in salita, e lo scontro tra le varie anime in cerca di rappresentanza sarà assai duro. Insomma, la ragione vera non sta tanto nelle preoccupazione morali, ma in quelle molto concrete sui posti.
L’ingresso di nove radicali (più il professor Veronesi, in odor di zolfo pure lui) è il grimaldello che i cattolici intendono usare per assicurarsi il maggior numero possibile di candidature sicure, e il forte pressing su Veltroni ha questo obiettivo, che riesce a “ricompattare”, come sostiene la senatrice Binetti, tutte le diversissime anime cattoliche del partito, solitamente in guerra tra loro: ex Ppi, prodiani, teodem, bindiani eccetera. Proprio il caso Binetti è esemplare di come la decisione di imbarcare nelle liste la pattuglia pannelliana sia stata una vera e propria manna dal cielo per gli “indignati” cattolici: la candidatura della senatrice, infatti, era fortemente a rischio. Non certo per ragioni religiose: più semplicemente perché l’esponente Opus Dei, con annesso cilicio, è colei che arrivò, pochi mesi fa, a votare contro la fiducia al governo Prodi sul decreto sicurezza (voluto da Veltroni), per il richiamo che era stato inserito nel testo contro le discriminazioni di carattere sessuale. Pretendere la sua ricandidatura, insomma, era un po’ come pretendere che venissero inseriti nelle liste Pd Fisichella, Dini o De Gregorio.
Ma proprio grazie all’ingresso della Bonino, e alla rapidità con cui la Binetti si è fatta portabandiera della battaglia anti-radicale, la sua candidatura è diventata obbligata, per evitare attacchi ancora più diretti delle gerarchie cattoliche contro il partito veltroniano. Non solo toccherà, obtorto collo, riportare in Parlamento la mini-corrente teodem, ma anche darle i posti che reclama: Binetti e Bobba, infatti, non ne vogliono sapere di essere trasferiti dal Senato alla Camera, dove potrebbero fare meno danni dal punto di vista del Pd. Ora il segretario del Pd dovrà però fronteggiare la massiccia richiesta di posti che, forti del battage della stampa cattolica, gli ex democristiani di varia confessione gli stanno squadernando di fronte. Richiesta che Beppe Fioroni ha già esplicitato: servono almeno 130 seggi sicuri, un’enormità per il peso elettorale effettivo dei cattolici.
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