mercoledì 12 dicembre 2007

VELTRONI DUX


Alla Camera l’esame della manovra di bilancio procede - tra le proteste dell’opposizione e qualche punzecchiatura del presidente dell’assemblea - a rilento, in attesa dei maxiemendamenti sui quali il governo porrà la fiducia. Mentre all’esterno del Palazzo si registra l’ennesimo corto circuito giudiziario-mediatico attorno a Silvio Berlusconi. Il quale reagisce constatando che “l’armata rossa della magistratura si rimette in moto”. Il Cavaliere incassa - nonostante le recenti frizioni con i principali ex alleati - la solidarietà dell’opposizione. Quanto ai commenti nelle file dell’Unione, non sono molti i molti colpi bassi sferrati dalle componenti moderate-riformiste. Il dialogo tra Berlusconi e il Partito democratico tiene. In un serrato confronto con Gianfranco Fini su riforme e “grande riforma”, il leader del Pd, Walter Veltroni, lancia oggi un avvertimento inequivocabile. Non unicamente rivolto al leader di An - che gli chiedeva di anteporre la discussione sulle riforme istituzionali a quella sulla legge elettorale. “Solo se si fa la legge elettorale - ammonisce Veltroni - si riusciranno a fare le riforme, altrimenti la legislatura scivolerà, perché ci sarà chi non vuole fare il referendum e farà la crisi, non noi. E ne vedremo di tutti i colori”. Il monito di Veltroni è erga omnes: senza una accordo in tempi rapidissimi sulla legge elettorale, ci sarà una crisi di governo. E l’intera legislatura sarà a rischio. Uno scenario che in mattinata prende corpo con l’insurrezione dei “nanetti” dell’Unione, che alzano la voce sulla legge elettorale. Arrivando a minacciare il blocco - o almeno il rallentamento - della Finanziaria. L’aut aut dei partiti minori del centrosinistra a Partito democratico e governo - “chiarimento politico immediato” sulla legge elettorale o “stop alla Finanziaria” - ottiene un primo risultato: dopo un incontro con il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, il capogruppo del Partito democratico, Antonello Soro, riferisce - sulla scorta di contatti col premier Romano Prodi - che il vertice di maggioranza sulla legge elettorale, finora evocato ma non fissato, dovrebbe tenersi il 10 gennaio. Al presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Enzo Bianco, è stato chiesto - aggiunge il capogruppo del Pd - di procrastinare il termine per la presentazione degli emendamenti dal 7 al 20 gennaio 2008.
Una sollecitazione che recepisce una perentoria richiesta dei “nanetti”. In questo modo, il vertice sulla legge elettorale - che dunque non riguarderà l’intera verifica di governo, puntualizza Bianco, negando quanto era stato caldeggiato ieri da Veltroni - precederà la chiusura del termine per gli emendamenti alla controversa “bozza Bianco”. Nonché il pronunciamento della Consulta sull’ammissibilità del referendum elettorale. Un primo risultato ottenuto dai partiti minori del centrosinistra, che stamattina, in attesa di risposte, avevano fatto saltare il tavolo sulla Finanziaria. Particolarmente intransigente la linea di Verdi, Pdci, Socialisti e Udeur, mentre Sinistra democratica e Italia dei valori esprimevano proteste “sul metodo”, tenendo però a separare la questione della legge elettorale dal problema Finanziaria. Dopo aver conseguito lo spostamento del termine per la presentazione degli emendamenti, i rivoltosi dell’Unione lasciano intendere che il loro sostegno alla Finanziaria non è in discussione. Ma le acque nell’Unione restano molto agitate, come dimostra il clima tesissimo al Senato sulla bozza Bianco - che mercoledì 19 dovrà ricevere un non scontato via libera a fungere da testo base per l’esame in commissione. Intanto a Palazzo Madama il centrodestra tenta un appeasement, dopo gli scontri dei giorni scorsi, proprio a partire dalla legge elettorale, al centro di una riunione dei capigruppo dell’opposizione. Mentre Fini sfida Silvio Berlusconi, che gli lancia qualche segnale di disgelo, a dimostrare che “ritiene strategica l’alleanza dell’ex Cdl” operando per “una posizione unitaria di tutto il centrodestra sulla legge elettorale”. Nel frattempo, Fini e Pier Ferdinando Casini sparano colpi sull’asse Veltroni-Berlusconi - e sulla legge elettorale “ad personas” che i rispettivi partiti starebbero congegnando. Sospetti che nell’Unione spingono più di un “nanetto” a minacciare - o paventare - una rottura dell’alleanza di governo. Alla quale seguirebbe il ritorno alle urne o - ipotizza maliziosamente il socialista Roberto Villetti - la trasformazione dell’asse Veltroni-Berlusconi “in una maggioranza di governo in grado di sostituire quella che ancora esiste”. A surriscaldare il clima - e alimentare i sospetti - contribuisce il promotore dei Liberaldemocratici, Lamberto Dini. Che annuncia: “Noi presenteremo un programma per attaccare i problemi del Paese. Se il governo seguirà questa politica per il rilancio della nostra economia, bene. Se invece sceglierà ancora la sinistra antagonista, il che significa introdurre nuove spese e nuove tasse, noi voteremo contro. Si dirà - immagina Dini - così cade il governo. Ne faremo un altro”.

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