domenica 9 dicembre 2007

Dall’omofobia alla base Usa, troppi nervi scoperti per l’Unione


All’indomani della fiducia risicatissima ottenuta dal governo al Senato sul decreto sicurezza, la questione omofobia fa fibrillare la maggioranza. Chiti ribadisce a nome del governo che l’esecutivo cancellerà le norme controverse con un successivo provvedimento. E nella coalizione si teme lo scoppio di una guerra di religione tra “laicisti” e “integralisti cattolici”. Quanto di peggio gli strateghi dell’Unione potrebbero augurarsi per un esecutivo e una maggioranza sempre più gracili. La debolezza della coalizione non può certo essere fatta risalire in questa fase alle sole divaricazioni sull’omofobia. Come dimostrano tra l’altro le polemiche al tavolo sulla Finanziaria allestito alla Camera e abbandonato oggi platealmente dal Pdci. Per soprammercato, i quattro ministri che rappresentano la “cosa rossa”, impegnata da domani negli stati generali della sinistra, scrivono al premier Romano Prodi per riaprire la questione della base militare di Vicenza. Sintomi convergenti di una malattia che fa esclamare ad Antonio Di Pietro: “La maggioranza non c’è più”. In un estremo tentativo di rivitalizzarla, Clemente Mastella agita lo spettro di elezioni anticipate che consegnerebbero “giustamente” le chiavi di Palazzo Chigi a Silvio Berlusconi. Un modo per mettere in riga l’ala sinistra, che reagisce scaricando sui moderati cattolici dell’Unione - in particolare su Paola Binetti, che qualcuno nella maggioranza e anche nel Partito democratico vorrebbe vedere punita per il voto di ieri con un’espulsione dal gruppo - le responsabilità della sfiorata crisi di governo. La situazione è monitorata con attenzione dal Quirinale.
Al Colle non è sfuggito che ieri l’Unione, in un voto di fiducia, si sia trovata sprovvista della maggioranza politica. Al netto dei senatori a vita, l’Unione ha avuto due voti in meno del centrodestra. Anche se la Binetti avesse votato assieme al centrosinistra, tra i senatori eletti dell’una e dell’altra sponda vi sarebbe stata una parità. Visto che Franco Turigliatto, dissidente dell’ala sinistra, ha detto no alla fiducia. Se l’orientamento di Turigliatto venisse confermato nei prossimi delicati passaggi al Senato (pacchetto welfare e nuovo esame della Finanziaria, che a Palazzo Madama ha ottenuto un primo via libera senza il sì finale del dissidente, assente dall’aula), il problema della maggioranza politica, al quale il capo dello Stato guarda da tempo con particolare interesse, diverrebbe endemico. Alla luce del voto-thrilling di ieri, non è neppure scontato che l’Unione ottenga la maggioranza numerica. Ma comunque vada a finire al Senato la partita numerica su welfare e Finanziaria, la ciambella di salvataggio lanciata dei senatori a vita non potrà cancellare la gravità - sotto il profilo istituzionale - di un’eventuale carenza della maggioranza politica. Un dato destinato a incidere sulle prospettive della legislatura, che al momento ruotano attorno alla previsione di un voto anticipato nel 2008 - con o senza Prodi a Palazzo Chigi - o nel 2009. Nel centrodestra, dove non mancano le divisioni tattiche e strategiche, almeno su questo punto c’è sostanziale convergenza. Cambiano solo le metafore: secondo Pier Ferdinando Casini il governo è “al capolinea”, per Berlusconi è “in agonia”. Intanto, aggiunge il Cavaliere, il dialogo con Walter Veltroni “continua, non ci sono cambiamenti di rotta”.

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